Isabella d'Este: differenze tra le versioni

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# Nel 1480, all'età di sei anni, Isabella fu promessa in sposa a [[Francesco II Gonzaga]], erede al [[marchesato di Mantova]]. Solamente pochi giorni dopo l'ufficializzazione, non essendo la notizia ancora diffusa, Isabella fu richiesta da [[Bona di Savoia]] come sposa per il cognato [[Ludovico il Moro]], all'epoca co-reggente del ducato di Milano. Poiché ciò non era possibile, a Ludovico fu promessa, in cambio di Isabella, la sorella minore [[Beatrice d'Este|Beatrice]].<ref name=":23">{{Cita|Dina|p. 276}}.</ref>
# Nel 1484 la zia [[Beatrice d'Aragona]], regina d'Ungheria, desiderando avere Isabella con sé nel proprio regno, propose alla sorella Eleonora uno scambio: Isabella avrebbe sposato il re di Boemia [[Ladislao II di Boemia|Ladislao II]] (presunto amante e poi marito della stessa Beatrice d'Aragona<ref>{{Cita|Sigismondo Conti|p. 17 (libro nono)}}.</ref>), Francesco Gonzaga la minore Beatrice e il Moro un'altra nobile napoletana. Eleonora rispose che questa "permuta" non era possibile, sia perché Isabella era amatissima dai Gonzaga ("epso padre et figliolo gli portano tanto dolce amore che pare non habiano altro ochio in testa, et pare che questa sia tuto il suo bene"),<ref name=":9" /> sia perché Beatrice era sotto la potestà del nonno [[Ferdinando I di Napoli|Ferrante]] e non della loro. Di conseguenza il progetto non fu attuato. Fu comunque tenuta in considerazione l'ipotesi di fidanzare segretamente, al posto di Isabella, Beatrice a Ladislao, per premunirsi nel caso in cui Ludovico avesse disdetto le nozze.<ref name=":9">Enrica Guerra, ''Il carteggio tra Beatrice d'Aragona e gli Estensi (1476-1508)'', Aracne, 2010, pp. 41-43.</ref>
 
Isabella ammirava Francesco per la sua forza e coraggio. Dopo i loro primi incontri, scoprì che le piaceva la sua compagnia e trascorse gli anni seguenti a conoscerlo, preparandosi a essere la marchesa di Mantova. Durante il loro corteggiamento, Isabella apprezzò le lettere, le poesie e i sonetti che le mandò in dono. Francesco compiva frequenti visite alla corte di Ferrara, e mostrava ai suoceri di amare molto Isabella: nel 1489 volle addirittura sposarla in forma privata, a dimostrazione delle proprie buone intenzioni, chiedendo che gli fosse mandata a Mantova al più presto.<ref>Magyar diplomacziai emlékek Mátyás király korából 1458-1490, Volume 4, Iván Nagy, Albert Nyáry, A M. Tud. Akadémia, 1878, p. 46.</ref>[[File:Giancriostoforo romano, medaglia di isabella d'este, marchesa di mantova.JPG|miniatura|Medaglia di Isabella, [[Giovanni Cristoforo Romano|Gian Cristoforo Romano]]|sinistra]]
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Nel gennaio 1491 si recò con un piccolo seguito a [[Brescello]] e di lì a [[Pavia]] navigando lungo il [[Po]], per accompagnare la sorella minore [[Beatrice d'Este|Beatrice]] che andava sposa a [[Ludovico il Moro]]. La traversata si rivelò terribile per il freddo eccezionale di quell'inverno e per diversi imprevisti che provarono duramente Isabella. Giunti a destinazione in salute, mentre a Beatrice lo sposo non piacque, al punto che per ben due mesi rifiutò di consumare il matrimonio, tra Isabella e Ludovico nacque subito una particolare intesa: quest'ultima apprezzava la galanteria e l'affabilità del cognato, e svolse anche un ruolo importante nel tentare di far domesticare fra loro gli sposi novelli, dal momento che la sorella si era chiusa in un ostinato mutismo.<ref name="Mazzi, pp. 59-62">{{Cita|Mazzi|pp. 59-62}}.</ref><ref name=":92" />
 
I festeggiamenti furono turbati dall'arrivo inaspettato di Francesco Gonzaga, desideroso di prendere parte alla memorabile giostra che si stava organizzando. Poiché la [[Repubblica di Venezia|Signoria di Venezia]], per cui lavorava, non vedeva di buon occhio la sua presenza a quelle celebrazioni, egli vi aveva partecipato travestito, all'insaputa perfino della moglie la quale, offesa, rifiutò di dormire nel suo stesso palazzo. Anche la madre Eleonora si trovò, in questo contesto, a dar ragione alla figlia, non piacendole la bassa considerazione in cui il marchese la teneva. L'ambasciatore [[Giacomo Trotti]] scrisse al duca Ercole che Francesco aveva commesso molte leggerezze a Milano e che era stato biasimato da tutti.<ref name=":92">Festa di nozze per Ludovico il Moro, Guido Lopez, 2008, pp. 130-145.</ref>
 
Il soggiorno milanese fruttò a Isabella un fitto, e a tratti umoristico, scambio epistolare con Galeazzo Sforza Visconti: si tratta verosimilmente di [[Galeazzo Visconti (1455-1531)|Galeazzo Visconti]] conte di [[Busto Arsizio]], cortigiano assai caro ai duchi e cavalier servente di Beatrice, che le aveva accompagnate per l'intero viaggio; altrimenti, secondo le ipotesi di [[Alessandro Luzio|Luzio]] e [[Rodolfo Renier|Renier]], dell'idolo della corte [[Galeazzo Sanseverino]], capitano generale sforzesco e genero amatissimo del Moro e di Beatrice, che Isabella aveva già conosciuto da bambina a Ferrara. Questi portava infatti altrettanto il cognome Sforza Visconti.<ref name=":3" /><ref name="Cartwright, pp. 51-58">{{Cita|Cartwright|pp. 51-58}}.</ref>
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{{Citazione|La duchessa dice che quando el [[Luigi XII|Duca d'Orliens]] venne, bisognò che la si mutasse de colore, ballasse et fusse basata dal Duca, qual volle basare tutte le damiselle et donne de conto. [...] Venendo el conte Dophino o altro del sangue reale, la Duchessa invita la S.V. a tuore de questi basarotti [bacetti].|Lettera Benedetto Capilupi a Isabella d'Este}}
 
Non sembra infatti che Beatrice nutrisse nei confronti di Isabella alcun sentimento contrastante, né che vedesse di mal occhio la complicità fra quest'ultima e il marito Ludovico. Il Moro infatti, che era di generosa natura, faceva spesso a Isabella regali anche costosissimi: una volta le donò quindici braccia di un tessuto tanto prezioso da costare quaranta ducati al braccio - una somma strepitosa - dicendo di averne fatto confezionare già un abito per Beatrice.<ref name=":10">{{Cita|Luzio e Renier|pp. 60-62}}.</ref> Secondo la ricostruzione di Silvia Alberti, Ludovico ricercava nella cognata quelle soddisfazioni che non riceveva più dalla moglie, resa indipendente dalle cospicue donazioni: "Beatrice era ormai avvezza ai doni, inoltre era ricca e non aveva più bisogno di lui per ordinare un drappo da duecento ducati, o un ricamo che ne valeva il doppio. L'entusiasmo dei primi tempi andava scemando nell'abitudine e il Moro non godeva più tanto nel sorprenderla con la sua generosità. Lo sguardo della cognata davanti alle tredici braccia del nuovo tessuto d'oro riccio, ricamato a colombe, rappresentava invece una giusta soddisfazione, che lo faceva sentire potente, magnanimo, amato".<ref>{{Cita|Alberti de Mazzeri|p. 152}}.</ref>
[[File:7580 - Ludovico il Moro - Museo del Paesaggio (Verbania) - Foto Giovanni Dall'Orto, 8-Jan-2012a.jpg|miniatura|[[Ludovico il Moro]], cognato di Isabella. Tondo dal fregio rinascimentale strappato al castello visconteo di [[Invorio]] Inferiore]]
Successivamente alla morte della moglie, Ludovico giungerà ad alludere a una relazione segreta con Isabella, sostenendo che fosse per gelosia della moglie che il marchese Francesco facesse il doppio gioco tra lui e la Signoria di Venezia. Questa e simili voci, diffusesi fino a Venezia, indignarono Francesco, che pregò il suocero [[Ercole I d'Este|Ercole]] di fare un'indagine. Quest'ultimo prontamente smentì ogni pettegolezzo, dicendo che era "molto alieno dal vero e dal verosimile, non solo per la qualità del fatto, il quale è incredibile, ma anche per la disonestà delle parole riferite, che non si sarebbero usate a carico di alcuna anche infima persona".<ref name=":1" />
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Intanto a Beatrice venne in mente di procurare "una femina de partito", cioè una prostituta d'alto rango, a Francesco, e ne avvisò la sorella per tramite di Girolamo Stanga, dichiarando di farlo "a bon fine et per evitare magior male",<ref name=":7" /> vale a dire per evitare che il cognato, perseverando nella sua [[Promiscuità|promiscuità sessuale]], contraesse il terribile [[Sifilide|malfrancese]] e contagiasse poi anche la sorella, ma forse anche per ingraziarselo.<ref>Storie d'amore e di sangue della storia d'Italia: I terribili Sforza, Antonio Perria, Sugar, 1969, p. 313.</ref> Isabella, che evidentemente non la prese troppo bene, quasi sentendosi rimproverata la sua prolungata lontananza dal coniuge, reagì chiedendo a Girolamo Stanga se Beatrice fosse consapevole o meno che anche suo marito la tradiva, a onta della sua presenza costante.<ref name=":14">{{Cita|Luzio|p. 149}}.</ref> Poi mostrò di preoccuparsi anch'ella dell'incolumità di Francesco, ma senza nominare la femmina di partito: sul finire di agosto lo rimproverava per le sue prodezze sotto Novara, scrivendo: "non me piace già che la se metti sempre a tanto periculo de la persona sua como la fa; però la prego e supplico voglia havere gran advertentia a conservarsela et non se exponere ad ogni impresa periculosa, perché molto bene satisfae al officio et debito suo, quando la governa et comanda a li altri". Ella insomma auspicava che il marito non combattesse, piuttosto si limitasse a comandare e a stare in disparte guardare, come faceva il cognato [[Ludovico il Moro|Ludovico]], ma ciò non era nella natura di Francesco.<ref name=":7" /><ref>{{Cita|Alberti de Mazzeri|p. 167}}.</ref>
 
Nell'ottobre Francesco scriveva alla moglie dispiaciuto ch'ella non fosse lì con loro a vedere l'esercito prima che si sciogliesse, "che haresti veduta una cosa ch'è gran tempo non fu vista in Italia e forsi da' Romani in qua", ma non sembra ch'egli l'avesse sollecitata a venire, probabilmente poiché aveva a cuore la sua incolumità<ref name=":7" /> (gli accampamenti erano luoghi pericolosi, dove scoppiavano spesso violentissime risse, e la stessa Beatrice era stata salvata in un'occasione da Francesco, quando rischiò di essere violentata da qualche migliaio di mercenari [[Tedeschi|alemanni]]).<ref>Deputazione di storia patria per la Lombardia, ''Archivio storico lombardo'', Società storica lombarda, 1874, pp. 348-349.</ref> Isabella d'altronde aveva già avuto una disavventura con alcuni soldati genovesi che, al suo entrare in città nel 1492, la circondarono per appropriarsi della sua cavalcatura e dei finimenti, secondo quanto prevedeva l'usanza. Così raccontò poi al marito: "non hebbi mai la magiore paura; et straciorno in pezi tutto il fornimento, et gli cavorno la briglia nanti ch'io potesse smontare, non obstante che 'I Gubernatore se gli intromettesse et ch' io voluntariamente ge la offeresse. Né mai me perse d'animo, se ben fra tante [[Partigiana (arma)|partesane]] havesse paura de desgracia. Finalmente aiutata me sbrigai da le man loro".<ref>{{Cita|Luzio e Renier|p. 64}}.</ref>[[File:Ritratto di Isabella d'Este - Palazzo Ducale.jpg|sinistra|miniatura|Variante seduta della ''[[Ritratto di Isabella d'Este (Tiziano)|Isabella in Nero]].'']]
Avendo anche ricevuto educazioni diverse, le due sorelle erano del resto l'una l'opposto dell'altra: Isabella, più simile alla madre, era dolce, aggraziata e amante della tranquillità; Beatrice, più simile al padre, era irruenta, avventurosa e aggressiva;<ref>{{Cita|Alberti de Mazzeri|p. 46}}.</ref> Beatrice amava tirar di [[Balestra (arma)|balestra]],<ref>Paolo Negri, Studi sulla crisi italiana alla fine del secolo, Archivio storico lombardo: giornale della Società storica lombarda, anno 51, fasc. 1-2 (1924), p. 130.</ref> Isabella aveva "la mano tanto legere che non potemo sonar ben [il [[Clavicordo|clavicordio]]], quando bisogna per dureza de tasti sforzarla".<ref>Musici alla corte degli Sforza, [https://www.google.it/books/edition/Archivio_storico_lombardo/YMYKAAAAIAAJ?hl=it&gbpv=0 Archivio storico lombardo], 1887, p. 295.</ref> Furono però accomunate dalla volontà di primeggiare in ogni cosa.<ref name=":2" /> [[Robert de La Sizeranne]] scrisse che "In confronto a Beatrice, Isabella era una sorella povera; ma in confronto a Isabella, Beatrice era una bambina pazza".<ref name=":17">Robert de La Sizeranne, Béatrice d'Este et sa cour, 1920, pp. 57-59.</ref>
 
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Isabella svolse un ruolo importante a Mantova durante i tempi difficili della città. Quando il marito fu catturato nel 1509 a [[Isola della Scala]]<ref>[https://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-ii-gonzaga-marchese-di-mantova_%28Dizionario-Biografico%29/ Treccani.it Francesco II Gonzaga.]</ref> e poi tenuto in ostaggio a [[Venezia]], fu lei a prendere il controllo delle forze militari di Mantova. Certe voci iniziarono a diffondersi sulla mancata disposizione di Isabella a contrattare con le potenze nemiche per la liberazione del marito e sul fatto che complottasse coi fratelli per sottrargli lo Stato. La ragione principale era che, mentre i veneziani chiedevano, in cambio della liberazione del marchese, che il figlio Federico fosse inviato come ostaggio a Venezia, Isabella non acconsentiva a mandarlo sostenendo che fosse un inganno per privare il ducato allo stesso tempo sia del marchese sia dell'erede. Ella scriveva al marito assicurandogli che quelle di un suo presunto complotto erano solo falsità, che lo amava e che si stava adoperando al massimo per la sua liberazione, ma la pressione psicologica esercitata su di lei (anche per via dei veneziani che eccitavano il marito contro di lei) era tale che Isabella confessava di trovarsi spesso vicina alla disperazione e desiderosa di abbandonare il governo: "essendo io di carne et ossa, como sono, vengo molte volte in desperatione de levarmi da questo infelice governo, et lassare il stato in abandono".<ref>''Isabella d'Este and Francesco Gonzaga: Power Sharing at the Italian Renaissance Court'', Sarah D.P. Cockram, Routledge, 2016, pp. 217-219.</ref>
 
Francesco fu liberato il 14 luglio 1510, grazie anche all'intervento di due ambasciatori gonzagheschi fra' [[Anselmo da Bologna]]<ref>{{Cita|Pizzagalli, 2001|p. 267}}.</ref> e [[Ludovico Brognolo]],<ref>[http://www.treccani.it/enciclopedia/ludovico-brognolo_(Dizionario-Biografico)/ Treccani.it. Ludovico Bagnolo.]</ref> quando Isabella finalmente accettò di dare in ostaggio il figlio [[Federico II Gonzaga|Federico]] a [[papa Giulio II]], a garanzia della condotta politica del marito.<ref>{{cita|Bini|pp. 14-15|cidBini}}.</ref> Sia l'imperatore [[Massimiliano I d'Asburgo|Massimiliano I]] che il re di Francia [[Luigi XII di Francia|Luigi XII]] espressero tuttavia forti dubbi sulle reali intenzioni del pontefice nei confronti del giovanissimo Federico, per ottenere il quale egli aveva lungamente insistito, dal momento che Giulio II era notoriamente [[Omosessualità|omosessuale]] e uomo dai costumi corrotti.<ref>{{Cita web|url=https://www.culturagay.it/biografia/25|titolo=Giulio II (Giuliano della Rovere)}}</ref>[[File:Francesco II Gonzaga.jpg|miniatura|[[Francesco II Gonzaga]], marito di Isabella]]
 
Il comportamento tenuto da Isabella durante la prigionia di Francesco provocò risentimento in quest'ultimo, che appena rientrato a casa escluse formalmente la moglie dalla guida dello Stato, ragion per cui la marchesa lasciò Mantova per soggiornare a Milano e a Genova.<ref>{{cita|Bini|p. 15.|cidBini}}</ref> Nello stesso anno Isabella fu la padrona di casa del Congresso di Mantova, indetto per risolvere questioni riguardanti Firenze e Milano.<ref>{{cita|Marek|p.250.|cidMarek}}</ref>
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=== Il sacco di Roma ===
Due anni dopo, divenuto maggiorenne il figlio (1521), i due entrarono in contrasto (il giovane era legato all'amante [[Isabella Boschetti]], sgradita a sua madre), tanto che Federico la estromise di fatto dalla vita politica di Mantova, negandole qualsiasi notizia che dall'esterno perveniva alla cancelleria. Fu forse questa la molla che spinse Isabella a allontanarsi dalla città per recarsi a [[Roma]], nonostante la situazione politica tumultuosa. Nel 1527, infatti, fu testimone del [[Sacco di Roma (1527)|Sacco di Roma]] e la sua dimora, [[palazzo Colonna]], in cui aveva dato rifugio a circa 2&nbsp;000 persone, fu l'unico edificio in tutta la città a non essere saccheggiato dai [[Lanzichenecchi]], grazie alla protezione offerta da suo figlio [[Ferrante I Gonzaga|Ferrante]], capo di una milizia dell'esercito imperiale<ref>[http://digilib.bibliotecateresiana.it/sfoglia_storia.php?op=esplora_ric&sottogruppo=164.F.28&gruppo=&pag=517 Cronaca universale della città di Mantova. Volume II]</ref>. Isabella accolse nel proprio palazzo alcune migliaia di nobildonne e nobiluomini romani, i quali le avevano offerto, in cambio della sua protezione, ingenti tesori e opere d'arte. Corse voce - raccolta poi dal [[Guicciardini]] - che Isabella avesse offerto rifugio alla nobiltà romana al fine di impossessarsi delle loro taglie. Come che fosse, i tesori così racimolati furono imbarcati pochi giorni dopo a [[Civitavecchia]] per essere trasportati a Mantova, ma finirono rubati dai [[Pirateria|pirati]] durante la traversata.<ref>{{Cita web|url=https://treccani.it/enciclopedia/isabella-d-este-marchesa-di-mantova_%28Dizionario-Biografico%29/|titolo=ISABELLA d'Este, marchesa di Mantova}}</ref>
 
=== Ultimi anni e morte ===
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Se ne deduce dunque che Isabella fosse, come la sorella, di bassa statura, cosa che rallegrò molto re Carlo il quale, essendo altrettanto basso, non voleva donne più alte di lui. Jacopo d'Atri comunica alla marchesa il proprio sospetto che il re sarebbe venuto a Mantova per baciarla "mille volte" come pure aveva baciato Beatrice, secondo l'usanza francese, e la rassicura a tal proposito dicendole che "non è così deforme come nostri il fanno" - Carlo infatti era descritto dagli italiani come bruttissimo - tuttavia l'incontro non avvenne mai, poiché poco dopo egli tornò in Francia. I cortigiani mantovani giudicavano che Isabella fosse più bella della sorella, ma la carenza di suoi ritratti non permette un sicuro raffronto tra le due, che discerna la verità dalle lodi.<ref name=":4" /><ref name=":5" />
 
[[Gian Giorgio Trissino]] la elogia come la più bella donna d'Italia nei suoi ''Ritratti'', ma l'opera è viziata dalla sua [[Encomio|natura encomiastica]] e non è perciò utile alla ricostruzione del suo aspetto fisico,<ref name=":16" /> tanto più che - tra i molti giri di parole - finisce per non descrivere affatto i suoi tratti somatici, bensì per "comporre" un'immagine ideale di Isabella selezionando le parti migliori dalle più belle donne d'Italia: Ericina e Bianca Trissino per Vicenza, [[Barbara Gonzaga (1482-1558)|Barbara Gonzaga]] per Milano, Tommasina Spinola per Genova (queste ultime due amate, forse platonicamente, da [[Luigi XII di Francia|Luigi XII]]).<ref>[https://www.google.it/books/edition/Giangiorgio_Trissino_o_Monografia_di_un/g6ZXigXIGfEC?hl=it&gbpv=0 Giangiorgio Trissino, o, Monografia di un letterato nel secolo XVI], Bernardo Morsolin, 1878, p. 77.</ref><ref>Donna è. lL'universo femminile nelle raccolte casanatensi, 1998, p. 281.</ref>
 
{{Doppia immagine verticale|left|Beatrice e Isabella d'Este in Palazzo Costabili a Ferrara (2).jpg|Beatrice e Isabella d'Este in Palazzo Costabili a Ferrara.jpg|160||Presunto ritratto delle due sorelle a [[Palazzo Costabili]] (in dettaglio). Identificazione che circola da molti anni, sostenuta da diversi storici e critici d'arte che vi hanno riconosciuto il visetto tondo e simpatico di Beatrice (a sinistra), seppure acconciata secondo la moda mantovana di inizio Cinquecento e non più col tipico [[coazzone]]; e il volto di Isabella (a destra) vagamente somigliante alla ''[[Ritratto di Isabella d'Este (Tiziano)|Isabella in Nero]]'' di Tiziano''. ''{{Citazione|Beatrice, pare a me, è subito riconosciuta per la somiglianza evidente col [[Busto di Beatrice d'Este|busto del Louvre]] [...] ma la giovane donna a cui Beatrice s'addossa amorosamente, mentre colei colla mano lascia pendere la viola, chi altri può essere se non Isabella, celebrata per la perizia nel suono, per la grazia nel canto?|[[Alessandro Luzio]], La galleria dei Gonzaga venduta all'Inghilterra nel 1627-28: Documenti degli archivi di Mantova e Londra raccolti ed illustrati, L.F. Cogliati, 1913, p. 188.}}}}
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Isabella veniva lodata per la sua grazia, la sua accortezza e la sua maturità, ma soprattutto per la sua elevata cultura. Sua caratteristica peculiare fu infatti la passione per il [[collezionismo]], e sembra che alle arti e alle lettere avesse dedicato tutto il proprio tempo, poiché non risultano altre attività da lei praticate.<ref>{{Cita|Luzio e Renier|p. 137}}.</ref>
 
Il cognato Ludovico la lusingò più volte definendola "animosa" e desiderava di averla a Milano per confrontarla con la sorella Beatrice nelle cacce, così da "fare de l'animosità de l' una et de l'altra experientia", sebbene ammettesse che Isabella non avrebbe potuto competere con Beatrice ("Benché cognosco tale esser l'animo de la III. mia consorte sua sorella che, quando la [lei] fosse stata presente alle dicte cacie, non sciò [so] come havesse potuto reportare la victoria").<ref>{{Cita|Luzio e Renier|p. 44}}.</ref> Tuttavia non risulta che Isabella si dilettasse di caccia: nelle poche attestazioni in cui risulta presente, è descritta o si descrive sempre come spettatrice e mai come parte attiva.<ref>{{Cita|Luzio e Renier|pp. 56-57, 60}}.</ref>
 
Era appassionata di astrologia e di magia. Una volta, consultato un famoso astrologo, e ricevutone il responso di riguardarsi per un certo periodo dell'anno, "Isabella rimase spaventata e per qualche tempo si astenne dall'andare a cavallo".<ref>L'Italia nel Rinascimento, Parte 2, Francesco Cognasso, Unione tipografico-editrice torinese, 1965, p. 358.</ref> Del resto era già capitato che cadesse da cavallo<ref>Isabella d'Este, marchesa di Mantova, Giannetto Bongiovanni, Edizioni moderne Canesi, 1960, p. 231.</ref> e dubbio è anche se le piacesse cavalcare: si ha una lettera della cognata Elisabetta diretta al marchese Francesco, dove elogia l'abilità di Isabella che era andata in quel giorno a cavalcare in un campo; d'altra parte Isabella è quasi sempre attestata in groppa alle più mansuete [[Mulo|mule]] e nel 1493, avendole il re di Francia inviato in dono un gagliardo cavallo, il marchese lo trattenne per sé senza neppure mostrarlo alla moglie, dicendosi certo che tanto non lo avrebbe adoperato e che sarebbe stata maggiormente contenta di saperlo in mano di lui.<ref>Isabella d'Este and Francesco Gonzaga: Power Sharing at the Italian Renaissance Court, Sarah D.P. Cockram, Routledge, 2016, p. 82.</ref>
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I coniugi furono patroni di [[Ludovico Ariosto]] mentre questi stava scrivendo l{{'}}''[[Orlando Furioso]]'' ed entrambi furono molto influenzati da [[Baldassare Castiglione]], autore de ''[[Il Cortegiano]]'', un modello di decoro aristocratico per duecento anni. Ospitò presso la sua corte anche il poeta [[Matteo Bandello]]. Fu su suo suggerimento che [[Giulio Romano]] venne convocato a Mantova per ampliare il castello e altri edifici. Sotto gli auspici di Isabella la corte di [[Mantova]] divenne una delle più acculturate d'Europa. Tra i tanti importanti artisti, scrittori, pensatori e musicisti che vi giunsero ci furono [[Raffaello Sanzio]], [[Andrea Mantegna]], e i compositori [[Bartolomeo Tromboncino]] e [[Marchetto Cara]]. Isabella venne ritratta due volte da [[Tiziano]], e il disegno di [[Leonardo da Vinci]] che la ritrae (preparatorio per un dipinto a olio scomparso e attribuito al maestro, poi ritrovato in un caveau di una banca svizzera il 10 febbraio 2015<ref>[http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2015-02-10/i-carabinieri-sequestrano-svizzera-dipinto-leonardo-110304.shtml?uuid=ABtfIHsC Il Sole24ore. È di Isabella d'Este il ritratto di Leonardo sequestrato in Svizzera.]</ref>) e che eseguì a Mantova nel [[1499]], è esposto al [[Museo del Louvre|Louvre]].
[[File:Allégorie de la cour d'Isabelle d'Este, Costa (Louvre INV 255) 01.jpg|thumb|[[Lorenzo Costa il Vecchio|Lorenzo Costa]], ''[[Isabella d'Este nel regno di Armonia]]'', [[Museo del Louvre]], [[Parigi]], 1505.]]
Non tutti i letterati di cui si circondava Isabella erano graditi al marito Francesco: il rinomato poeta [[Vincenzo Calmeta]], migrato a Mantova dopo la morte dell'amata [[Beatrice d'Este|Beatrice]], di cui era segretario, e carissimo anche alla cognata [[Elisabetta Gonzaga|Elisabetta]], finì addirittura con l'esserne perseguitato, sebbene rimanga oscuro quale imperdonabile sgarbo avesse egli commesso per guadagnarsi l'odio implacabile del marchese. Quest'ultimo scriveva alla sorella Elisabetta nel 1507: "io non potria sentire né ricever il magior dispiacer che vedermi ricerchato [raccomandato] da V. S. [Vostra Signoria] in favore de Vincentio Calmetta, quale non sento nominare senza mio gran disturbo et molto fastidio, per causa ho de non volerli bene [...] et sij certa che alla sua prima [lettera] non feci resposta solum per l'odio [che] porto ad esso Vincentio". E in rimprovero al fratello [[Sigismondo Gonzaga|Sigismondo]]: "Circa il Calmetta non posso già far che non me resenti [risenta] alquanto, perché una persona tanto odiata da noi, quanto è il Calmetta, sia accarezata et ben vista da quelloro [coloro] che mi doverieno [dovrebbero] amare, et odiar quelli che odio e non tenirne tanto conto". Secondo [[Alessandro Luzio]], già prima del 1502 Vincenzo si pavoneggiava del favore accordatogli da Isabella.<ref name=":22">[https://www.google.it/books/edition/Mantova_e_Urbino/ezzczUKkbx8C?hl=it&gbpv=0 Mantova e Urbino: Isabella d'Este et Elisabetta Gonzaga nelle relazioni famigliari e nelle vicende politiche: Narrazione storica documentata], Alessandro Luzio, 1893, pp. 97-102.</ref> Secondo Stephen Kolsky, l'odio del marchese non sarebbe derivato da gelosia ma, al contrario, da una difesa della moglie e della sorella, le quali sarebbero state infamate da Vincenzo: in seguito alle feste ferraresi per le nozze di Lucrezia Borgia con [[Alfonso I d'Este|Alfonso d'Este]] fu diffusa una lettera, proveniente dall'Accademia romana e diretta proprio alle due donne, in cui Isabella era descritta come una mangiona, avida e sciatta che, pur avendo quasi trent'anni, si conciava in modo tale da volere sembrare un ragazzina. Si diceva che autore ne fosse lo stesso Vincenzo, ma questi aveva più volte dichiarato che non era suo costume "lacerare", cioè infamare, gli altri, e lo stesso [[Mario Equicola]] ne reputava piuttosto autore Mario Bonaventura, che avrebbe voluto incastrare Vincenzo.<ref name=":15">[https://www.google.it/books/edition/Mario_Equicola/XvCTFZnIXf4C?hl=it&gbpv=0 Mario Equicola: The Real Courtier], Stephen Kolsky · 1991, pp. 69-70.</ref> Del resto non si spiegherebbe altrimenti come, a dispetto degli odi del fratello, Elisabetta Gonzaga riservasse sempre a Vincenzo la propria più sincera e appassionata amicizia,<ref name=":22" /> né come Isabella fosse in ottimi rapporti col Calmeta ancora nel 1504. Secondo Cecil Grayson, invece, il marchese si adirò non per le presunte offese rivolte alla moglie, bensì per quelle rivolte alla sua amante Teodora Suardi.<ref>Prose e lettere edite e inedite, con due appendici de altri inediti, di Vincenzo Calmeta, Cecil Grayson, Commissione per i testi di lingua, Bologna, 1959, pp. XXVIII-XXIX.</ref>
 
Fu ella stessa una brillante musicista, e riteneva gli strumenti a corda, come il [[liuto]], superiori ai fiati, che lei associava al vizio e al conflitto; considerava inoltre la poesia incompleta finché non veniva trasposta in musica, e cercò i più abili compositori dell'epoca per tale "completamento". Si dedicò al gioco degli [[scacchi]] tanto che il grande matematico rinascimentale [[Luca Pacioli]], nel dopo la conquista del [[Ducato di Milano]] nel 1499 da parte del [[re di Francia]] [[Luigi XII]] ed essendo lo stesso Pacioli in compagnia di [[Leonardo da Vinci]] fuggito e riparato a [[Mantova]], scrisse e le dedicò il manoscritto ''[[De ludo scachorum]]'', detto "Schifanoia", opera per secoli ritenuta persa e solo nel 2006 ritrovata presso la biblioteca [[Palazzo Coronini Cronberg|Coronini Cronberg]] di [[Gorizia]] dal bibliologo Duilio Contin.
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* ''Perle di Ferrara: la storia di Isabella e Beatrice d'Est''e, Melita Hofmann, 1943.<ref>Pearls of Ferrara: The Story of Isabella and Beatrice D'Este, 1943, E.P. Dutton, Incorporated, Melita Hofmann.</ref>
* Una biografia narrativa è ''La Signora del Rinascimento. Vite e splendori di Isabella d'Este alla Corte di Mantova'', di [[Daniela Pizzagalli]] ([[Rizzoli]], [[2001]]), balzata subito ai primi posti nelle classifiche dei best seller, in cui l'affascinante marchesana di Mantova, vissuta a cavallo tra 1400 e 1500, incarna le luci e le ombre di quel periodo splendido ma anche critico e turbolento.
* Un saggio rigoroso e scientifico sulla cultura artistica di Isabella d'Este e delle altre corti è quello di Giovanni Romano, ''Verso la maniera moderna: da Mantegna a Raffaello'' in "Storia dell'arte italiana", 6,. vol. II, Cinquecento e Seicento, Einaudi, Torino, 1981.
 
=== Televisione ===