Lingua longobarda

idioma germanico usato dai Longobardi

La lingua longobarda o longobardo è una lingua germanica estinta, in uso presso la popolazione dei Longobardi, popolo che invase la penisola italiana nel 568.

Longobardo
Parlato inEuropa centrale, Regno longobardo
PeriodoIII secolo - X secolo
Locutori
Classificaestinta
Tassonomia
FilogenesiLingue indoeuropee
 Lingue germaniche
  Lingua longobarda
Codici di classificazione
ISO 639-3lng (EN)

L'uso di tale lingua declinò rapidamente a partire dal VII secolo, in quanto gli invasori adottarono rapidamente i volgari neolatini parlati dalle popolazioni locali. A comprova di ciò l'Editto di Rotari del 643 - che pure era promulgato per i soli Longobardi secondo il principio della personalità della legge - fu composto già in latino, anche se esso contiene numerose parole longobarde, in forma latinizzata o meno. Questi termini si riferivano in genere a istituti giuridici tipici del diritto longobardo, per i quali non esisteva, dunque, un corrispondente vocabolo latino.

Le ultime attestazioni dell'uso della lingua longobarda non giungono oltre il X secolo;[1] secondo lo storico belga François Louis Ganshof (1895–1980), la lingua longobarda si estinse tra l'VIII e il IX secolo.[2]

Classificazione

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Come lingua estinta senza aver sviluppato una propria tradizione scritta, è molto difficile inquadrare il longobardo in modo rigoroso; i tentativi di assegnarlo all'area germanica orientale (accentuando le parentele con il gotico e con il burgundo) o a quella occidentale (evidenziando gli apporti dall'alto tedesco antico) non sono approdati a risultati definitivi. Lo stato di conservazione delle testimonianze superstiti e la loro datazione molto alta rispetto alle lingue germaniche occidentali ci consegnano piuttosto una lingua che si colloca a cavallo dei due gruppi, e la storia della migrazione longobarda mostra un popolo che agli inizi della propria vicenda documentata ha lungamente condiviso le aree di insediamento e la religione ariana dei Goti e dei Gepidi; poi, una volta stanziata nella penisola italiana, ha allacciato contatti sempre più stretti con i parlanti dell'area occidentale (Bavari, Franchi).

Piergiuseppe Scardigli ha definito il longobardo come «un pianeta che si è staccato dal magma germanico, ha avuto un periodo di avvicinamento all'orbita gotica e poi è stato attratto definitivamente nell'orbita del tedesco»[3], mentre Marcello Meli precisa: «Solitamente s'inserisce fra i dialetti alto tedeschi antichi anche il longobardo, ma la scarsa documentazione linguistica non consente una classificazione sicura»[4]. Sergio Rovagnati, dopo aver rilevato come la storiografia abbia oscillato nell'inquadrare i Longobardi (e dunque la loro lingua) tra i Germani occidentali, orientali o anche settentrionali (con una più recente propensione per il primo gruppo), osserva: «Per quanto riguarda la loro lingua non sappiamo molto […]; nelle poche tracce rimaste […] spesso è difficile distinguere gli elementi realmente longobardi da quelli acquisiti dalle altre popolazioni, in particolar modo dai Goti. Anche paragoni della lingua longobarda con le moderne lingue germaniche sono parimenti difficoltosi, poiché le lingue germaniche orientali […] sono oggi totalmente estinte. Da ciò che è giunto fino a noi, nella parlata longobarda troviamo similitudini sia con gli idiomi germanico-orientali che nordici, ma non è semplice stabilire se queste somiglianze» siano frutto di un rapporto filogenetico o di scambi successivi, derivati dalla profonda influenza reciproca[5]. Nicoletta Francovich Onesti inserisce la lingua longobarda nel filone delle lingue germaniche occidentali[6].

Fonologia

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Un esame del corpus dei termini longobardi mostra una progressiva assimilazione al quadro fonologico del germanico occidentale dell'antico tedesco, visto che tale idioma mostra una delle prime evidenze della cosiddetta seconda rotazione consonantica dell'alto tedesco antico o Zweite Lautverschiebung.

Nella sua Historia Langobardorum, Paolo Diacono menziona, ad esempio, il nome di un duca, Zaban (Zabano)[7], che presenta lo spostamento da /t/ a /t͡s/ - non a caso, la focaccia che veniva preparata in tutto il mondo antico, che si chiamava pita, ad oggi è chiamata pizza probabilmente a causa di questo fenomeno. Molti nomi longobardi presentano fenomeni consonantici di tipo occidentale; ad esempio /p/ < /b/[8]. Si veda

Tale evoluzione ha lasciato nella lingua italiana le due serie diverse di nomi: palco (longobardo palk, "trave")/balcone (longobardo balk, "palco di legname"); panca (longobardo panka)/banca (longobardo banka, "panca")[9]: i secondi elementi delle coppie mostrano il passaggio attraverso la seconda rotazione consonantica.

Nel 2005 Emilija Denčeva, filologa dell'Università di Sofia, ha attribuito alla lingua longobarda l'iscrizione cesellata sulla lama di una spada a doppio taglio ritrovata presso una fortezza medievale in Bulgaria. Se questo venisse confermato si tratterebbe di un'importante testimonianza scritta in questa lingua. Il testo risulterebbe inoltre essere affetto dalla seconda rotazione consonantica e, essendo il reperto molto antico (VIII secolo), si tratterebbe di una delle prime testimonianze di questa mutazione fonetica[10].

Grammatica

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A causa della scarsità dei frammenti non si possono che fare delle ipotesi su come fosse articolata la grammatica del longobardo. Un tentativo di ricostruzione è stato proposto dal linguista tedesco Wolfram Euler, con traduzione del Carme di Ildebrando (Xildiprandesleuth, Hildebrandslied in longobardo)[11].

Lessico italiano e lingua longobarda

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Diversi sono i termini della lingua italiana derivati dal longobardo, tra i più numerosi fra quelli ereditati dalle antiche lingue germaniche. Per citarne solo alcuni, ricordiamo alcune voci di carattere militare come zuffa, strale, tregua, sguattero (‘guardia’ in longobardo), spalto, nonché faida, una pura parola longobarda traghettata tale e quale nella lingua italiana. Alla struttura della casa si riferiscono palco, panca, scaffale, stamberga (propr. ‘casa di pietra’), stucco, ma anche albergo (propr. ‘casa generale’). Arnesi e utensili per varie attività domestiche e tecniche sono la gruccia, la palla, la greppia, la trappola, la spranga. Parecchi termini longobardi indicano parti del corpo umano: guancia, schiena, stinco, nocca, zazzera. Numerosi sono i verbi che designano azioni tecniche o concrete come scherzare, russare, tuffare, spaccare, strofinare, schernire, arruffare, arraffare. E ricco e stracco sono due aggettivi di etimo longobardo, come i sostantivi tanfo e schiuma.[12] Infine, il termine volgare stronzo deriva da *strunz ‘sterco’.[13]

  1. ^ Longobardi - La lingua, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  2. ^ Giovanni Rapelli, Testi cimbri, p. 24, Bi & Gi, 1983.
  3. ^ Piergiuseppe Scardigli, Appunti longobardi, in Goti e Longobardi, p. 197
  4. ^ Marcello Meli, Le lingue germaniche, p. 95.
  5. ^ Sergio Rovagnati, I Longobardi, p. 95.
  6. ^ Nicoletta Francovich Onesti, La lingua dei Longobardi, caratteristiche e problemi, p. 4. URL consultato il 12 novembre 2014.
  7. ^ Paolo Diacono, Historia Langobardorum, II, 32; III, 8.
  8. ^ Ruth H. Sanders, German biography of a language, Oxford University Press, 2010, pag. 91-95
  9. ^ Giacomo Devoto, Dizionario etimologico.
  10. ^ Emilija Denčeva, Langobardische (?) Inschrift auf einem Schwert aus dem 8. Jahrhundert in bulgarischem Boden.
  11. ^ (DE) Wolfram Euler, Das Westgermanische. Von der Herausbildung im 3. bis zur Aufgliederung im 7. Jahrhundert - Analyse und Rekonstruktion, Berlino, Londra, Verlag Inspiration Un Limited, 2013, ISBN 9783981211078.
  12. ^ Breve storia della lingua italiana di Bruno Migliorini e Ignazio Baldelli, Sansoni editore, Firenze, 1984, pag. 40-41.
  13. ^ Forma ricostruita, tratta dal vocabolario Treccani consultato online.

Bibliografia

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  • Willhelm Bruckner, Die Sprache der Langobarden, Strasburgo 1895
  • Emilija Denčeva, Langobardische (?) Inschrift auf einem Schwert aus dem 8. Jahrhundert in bulgarischem Boden, in "Beiträge zur Geschichte der deutschen Sprache und Literatur"128, 2006, 1, 1-11.
  • Giacomo Devoto, Dizionario etimologico. Avviamento alla etimologia italiana, Firenze, Le Monnier 1968
  • Nicoletta Francovich Onesti, Vestigia longobarde in Italia (568-774). Lessico e Antroponimia, Artemide, Roma 2000
  • Nicoletta Francovich Onesti, La lingua dei Longobardi, caratteristiche e problemi. URL consultato il 12 novembre 2014.
  • Gianfranco Lotti, L'avventurosa storia della lingua italiana, Bompiani, Milano 2000
  • Marcello Meli, Le lingue germaniche in La formazione dell'Europa linguistica, a cura di Emanuele Banfi, La Nuova Italia, Firenze 1993
  • (LA) Paolo Diacono, Historia Langobardorum, in Georg Waitz (a cura di), Monumenta Germaniae Historica, Hannover, 1878, Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum saec. VI–IX, 12–219. Trad .it: Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, a cura di Lidia Capo, Milano, Lorenzo Valla/Mondadori, 1992, ISBN 88-04-33010-4. Testo disponibile su Wikisource.
  • M. Pfister, Langobardische Superstratwörter im Italienischen in "Jb. für internat. Germanistik" 11, 1979, pp. 100–110
  • F. van der Rhee, Die germanischen Wörter in den langobardischen Gesetzen, 1970
  • Sergio Rovagnati, I Longobardi, Milano, Xenia, 2003, ISBN 88-7273-484-3.
  • Francesco Sabatini, Riflessi linguistici della dominazione longobarda nell'Italia meridiana e meridionale, Olschki, Firenze 1963
  • Piergiuseppe Scardigli, Goti e Longobardi. Studi di filologia germanica, Istituto italiano di Studi germanici, Roma 1987
  • Carlo Tagliavini, Le origini delle lingue Neolatine, Bologna, Pàtron, I edizione 1959 - Vi edizione completamente rinnovata 1982
  • J. Tischler, Zum Langobardischen in Germanische Rest- und Trümmersprachen, a cura di Heinrich Beck, Berlino 1989. ISBN 3-11-011948-X
  • Enrico Zaccaria, L'elemento germanico nella lingua italiana, Libreria Editrice Treves, Bologna, 1901

Voci correlate

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Altri progetti

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