Tuscia: differenze tra le versioni

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{{Nota disambigua|altre voci con lo stesso nome|Tuscia (disambigua)}}
{{Nota disambigua}}

'''Tuscia''' era la denominazione attribuita all'[[Etruria]] dopo la fine del dominio etrusco, invalso a partire dalla [[Tarda antichità]] e per tutto l'[[Alto Medioevo]]. Il nome indicava in origine un territorio assai vasto che comprendeva tutta l'Etruria storica, la [[Toscana]], l'[[Umbria]] occidentale e il [[Lazio]] settentrionale, che le diverse vicissitudini storiche hanno ripartito in tre macroaree: la "Tuscia romana", corrispondente al [[Lazio]] settentrionale con l'antica provincia pontificia del [[Patrimonio di San Pietro (provincia pontificia)|Patrimonio di San Pietro]], che equivale oggi alla [[provincia di Roma]] nord fino al [[Lago di Bracciano]]; la "Tuscia ducale", che includeva i territori del Lazio e dell'Umbria soggetti al [[Ducato di Spoleto]]; la "Tuscia longobarda", ''grosso modo'' l'attuale [[Toscana]], comprendente i territori sottoposti ai [[Longobardi]] e costituenti il [[Ducato di Tuscia]].
{{Regione geografica
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'''Tuscia''' era la denominazione attribuita all'[[Etruria]] dopo la fine del dominio etrusco, invalso a partire dalla [[Tarda antichità]] e per tutto l'[[Alto Medioevo]]. Il nome indicava in origine un territorio assai vasto che comprendeva tutta l'Etruria storica: la [[Toscana]], l'[[Umbria]] occidentale e il [[Lazio]] settentrionale, che le diverse vicissitudini storiche hanno ripartito in tre macroaree: la "Tuscia romana", corrispondente al [[Lazio]] settentrionale con l'antica [[Patrimonio di San Pietro (provincia pontificia)|provincia pontificia del Patrimonio di San Pietro]], che equivale oggi alla [[provincia di Viterbo]] e alla parte settentrionale della [[provincia di Roma]] nord fino al [[Lago di Bracciano]]; la "Tuscia ducale", che includeva i territori del Lazio e dell'Umbria soggetti al [[Ducato di Spoleto]]; la "Tuscia longobarda", ''grosso modo'' l'attuale [[Toscana]], comprendente i territori sottoposti ai [[Longobardi]] e costituenti il [[Ducato di Tuscia]].


== Uso storico e contemporaneo del termine Tuscia ==
== Uso storico e contemporaneo del termine Tuscia ==
Il [[toponimo|coronimo]] Tuscia deriva dal [[Lingua latina|latino]] ''tuscia'' (pronunciata ['tuskja] in [[lingua latina|latino]] classico)<ref>[http://books.google.it/books?id=KZM5ihnJqLoC&pg=PA136&dq=tuskia Roberto Fontana, Mauro Ghibaudo, ''Essecenta - I Nomi Della Terra Di Mezzo'', (a cura di) Gianluca Comastri, Simonelli Editore, Milano 2009, p. 136.] </ref>), il territorio abitato dai ''tusci'', ovvero dagli etruschi, plurale del latino ''tuscus'', contrazione di ''etruscus''.<ref>Aa.Vv., ''Toscana (non compresa Firenze)'', Volume 11 di Guida d'Italia del T.C.I, Touring club italiano, Milano 1974, edizione IV, p. 11. </ref>. Da Tuscia, sinonimo di Etruria, derivano il nome della regione [[Toscana]] e il nome del comune di [[Tuscania]] in [[provincia di Viterbo]]. In epoca medievale, e fino a tutto l'Ottocento, Tuscia era usato come sinonimo, oltre che di Etruria, anche di Toscana. Nell'uso contemporaneo il nome Tuscia è anche utilizzato per indicare i territori dell'Alto Lazio e delle aree confinanti di Toscana e Umbria. L'[[università]] fondata a [[Viterbo]] nel [[1979]] ha così assunto la denominazione di [[Università degli Studi della Tuscia]].
Il [[toponimo|coronimo]] Tuscia deriva dal [[Lingua latina|latino]] ''Tuscia'', il territorio abitato dai ''Tusci'' (ovvero dagli [[Etruschi]]), plurale del latino ''Tuscus''. Da Tuscia, sinonimo di Etruria, derivano il nome della regione [[Toscana]] e il nome del comune di [[Tuscania]] in [[provincia di Viterbo]]. In epoca medievale, e fino a tutto l'Ottocento, Tuscia era usato come sinonimo, oltre che di Etruria, anche di Toscana. Nell'uso contemporaneo il nome Tuscia è anche utilizzato per indicare i territori dell'Alto Lazio e delle aree confinanti di Toscana e Umbria. L'[[università]] fondata a [[Viterbo]] nel [[1979]] ha così assunto la denominazione di [[Università degli Studi della Tuscia]].


== Territorio ==
== Territorio ==
[[File:Shepherd-c-026-027.jpg|thumb|upright=1.8|L'Italia centro-settentrionale in epoca [[Augusto|augustea]], con la ''[[Regio VII Etruria]] '' che nei secoli successivi si sarebbe frazionata nelle varie porzioni della Tuscia.]]
[[File:Shepherd-c-026-027.jpg|thumb|L'Italia centro-settentrionale in epoca [[Augusto|augustea]], con la ''[[Regio VII Etruria]] '' che nei secoli successivi si sarebbe frazionata nelle varie porzioni della Tuscia.]]
{{vedi anche|Suddivisioni e cronologia delle province romane}}
{{vedi anche|Suddivisioni e cronologia delle province romane}}
Durante il [[Tarda antichità|periodo di decadenza]] dell'[[Impero romano]], i confini della ''[[Regio VII Etruria]]'', una delle undici comprese nella [[Regioni dell'Italia augustea|riforma augustea]], rimasero stabili. L'Etruria, corrispondente all'incirca all'attuale [[Toscana]]<ref>F.Liverani, ''Il Ducato e le antichità longobarde e saliche di Chiusi'' Palermo, 1875,p. 20. </ref>, venne inserita nella lista di [[Plinio il Vecchio]] come sezione separata della [[Penisola italiana]]. Partendo dalla ''[[Regio IX Liguria]]'', con [[Luni]], i confini raggiungevano l'odierno [[Lazio]], fino a [[Fregene]], e comprendevano anche l'attuale [[provincia di Viterbo]]; risalendo verso l'odierna [[Umbria]], raggiungevano poi la città di [[Perugia]]. Con la [[Diocesi (impero romano)|riforma dioclezianea]] le ''regiones'' diventarono dodici e il territorio dell'Etruria venne incluso nella ''[[Regio V Tuscia et Umbria]]''. Infine nel [[IV secolo]], dopo le prime [[Invasioni barbariche]], le partizioni regionali diventarono diciassette<ref>P. M. Conti, ''La Tuscia e i suoi ordinamenti territoriali nell'alto medioevo'', p. 83. </ref> e ''Tuscia et Umbria'' l' VIII regione.
Durante il [[Tarda antichità|periodo di decadenza]] dell'[[Impero romano]], i confini della ''[[Regio VII Etruria]]'', una delle undici comprese nella [[Regioni dell'Italia augustea|riforma augustea]], rimasero stabili. L'Etruria, corrispondente all'incirca all'attuale [[Toscana]]<ref>{{cita|Liverani|p. 20}}.</ref>, venne inserita nella lista di [[Plinio il Vecchio]] come sezione separata della [[Penisola italiana]]. Partendo dalla ''[[Regio IX Liguria]]'', con [[Luni]], i confini raggiungevano l'odierno [[Lazio]], fino a [[Fregene]], e comprendevano anche l'attuale [[provincia di Viterbo]]; risalendo verso l'odierna [[Umbria]], raggiungevano poi la città di [[Perugia]]. Con la [[Diocesi (impero romano)|riforma dioclezianea]] le ''regiones'' diventarono dodici e il territorio dell'Etruria venne incluso nella ''[[Regio V Tuscia et Umbria]]''. Infine nel [[IV secolo]], dopo le prime [[Invasioni barbariche]], le partizioni regionali diventarono diciassette<ref name=Conti71 >{{cita|Conti 1971|p. 83}}.</ref> e ''[[Tuscia et Umbria]]'' l'VIII regione.


I confini rimasero immutati fino alla nuova invasione [[longobarda]], che provocò un profondo mutamento istituzionale. La regione ''Tuscia et Umbria'' venne divisa in due porzioni territoriali: la porzione nord-occidentale costituì la ''Tuscia Langobardorum'' che sarebbe confluita nel [[Ducato di Tuscia]], mentre la porzione orientale entrò a far parte del [[Ducato di Spoleto]]. Le due regioni vennero separate dal "cuneo" costituito dal "[[Corridoio bizantino]]", il territorio intermedio che, almeno sulla carta, permetteva il passaggio a favore dell'[[Impero bizantino]] tra [[Roma]] e [[Ravenna]], [[Capitale (città)|capitale]] dell'[[Esarcato d'Italia]]. La Tuscia longobarda confinava così con la "Tuscia Romana", porzione territoriale del [[Ducato romano]] a nord di Roma. La [[provincia di Viterbo]], che ancor oggi vanta il nome Tuscia, non faceva parte della Tuscia Romana.
I confini rimasero immutati fino alla nuova invasione [[longobarda]], che provocò un profondo mutamento istituzionale. La regione ''Tuscia et Umbria'' venne divisa in due porzioni territoriali: la porzione nord-occidentale costituì la ''Tuscia Langobardorum'' che sarebbe confluita nel [[Ducato di Tuscia]], mentre la porzione orientale entrò a far parte del [[Ducato di Spoleto]]. Le due regioni vennero separate dal "cuneo" costituito dal "[[Corridoio bizantino]]", il territorio intermedio che, almeno sulla carta, permetteva il passaggio a favore dell'[[Impero bizantino]] tra [[Roma]] e [[Ravenna]], [[Capitale (città)|capitale]] dell'[[Esarcato d'Italia]]. La Tuscia longobarda confinava così con la "Tuscia Romana", porzione territoriale del [[Ducato romano]] a nord di Roma.<ref name=Conti71 />


== Storia ==
== Storia ==
{{vedi anche|Ducato di Spoleto|Ducato di Tuscia|Marca di Tuscia|Ducato romano}}
{{vedi anche|Ducato di Spoleto|Ducato di Tuscia|Marca di Tuscia|Ducato romano}}
{{vedi anche|Battaglia della Tuscia}}

=== Il VI secolo ===
=== Il VI secolo ===
Sul finire del [[VI secolo]], terminata l'ondata dei saccheggi provocati dall'esercito longobardo, re [[Autari]] iniziò una saggia politica di pacificazione con l'elemento indigeno [[romanici|romanico]]<ref>Jörg Jarnut, ''Storia dei Longobardi'', p. 37.</ref>, che nei [[gastaldato|gastaldati]] della Tuscia consentì la lenta ripresa economica della sua popolazione. Nelle campagne l'aristocrazia nobiliare degli invasori, dopo aver insediato stabilmente le [[Fara (Longobardi)|fare (famiglie associate longobarde)]] nei ''castra'' occupati, organizzò il [[Economia curtense|sistema produttivo curtense]]. La ''curtis'' corrispondeva ad un vasto possedimento fondiario, con la villa signorile edificata sul colle più elevato e protetta da cinta muraria. Nei ''vici'' (aggregati minori della corte) vivevano i ''massari'', servi e coloni che lavoravano il fondo insieme ad altri piccoli proprietari assoggettati al tributo del terzo del prodotto ricavato dal podere (o ''manso''). Il [[gastaldo]] percepiva i proventi in natura in un ambiente a piano terra chiamato "[[Sala (Longobardi)|sala]]".
Sul finire del [[VI secolo]], terminata l'ondata dei saccheggi provocati dall'esercito longobardo, re [[Autari]] iniziò una saggia politica di pacificazione con l'elemento indigeno [[romanici|romanico]]<ref>{{Cita|Jarnut|p. 37}}.</ref>, che nei [[gastaldato|gastaldati]] della Tuscia consentì la lenta ripresa economica della sua popolazione. Nelle campagne l'aristocrazia nobiliare degli invasori, dopo aver insediato stabilmente le [[Fara (Longobardi)|fare (famiglie associate longobarde)]] nei ''castra'' occupati, organizzò il [[Economia curtense|sistema produttivo curtense]]. La ''curtis'' corrispondeva ad un vasto possedimento fondiario, con la villa signorile edificata sul colle più elevato e protetta da cinta muraria. Nei ''vici'' (aggregati minori della corte) vivevano i ''massari'', servi e coloni che lavoravano il fondo insieme ad altri piccoli proprietari assoggettati al tributo del terzo del prodotto ricavato dal podere (o ''manso''). Il [[gastaldo]] percepiva i proventi in natura in un ambiente a piano terra chiamato "[[Sala (Longobardi)|sala]]".


Ricordo di lontani insediamenti longobardi, anche nel territorio dell'ex ''Regio Tuscia et Umbria'' rimangono presenti ancor oggi numerosi [[toponimo|toponimi]] di [[Fara (Longobardi)#Gli insediamenti|Fara]] e [[Sala (Longobardi)|Sala]]: [[Fara in Sabina]] ([[Provincia di Rieti|RI]]), [[Fara San Martino]] ([[Provincia di Chieti|CH]]), [[Fara Filiorum Petri]] (CH), Sala (frazione di [[Poppi]], [[provincia di Arezzo|AR]]), [[La Sala]] (rione di [[Firenze]]), Sala (frazione di [[Leonessa]], [[Provincia di Rieti|RI]]) e numerosi altri toponimi Sala sparsi per le campagne presso Firenze, [[Greve in Chianti]] ([[Provincia di Firenze|FI]]) e [[Allerona]] ([[Provincia di Terni|TR]]). I Longobardi costituivano un'élite militare e nobiliare la cui numerosità era enormemente più piccola di quella delle popolazioni locali, alle quali lasciarono il lavoro dei campi ed i mestieri tradizionali. Nella città di [[Siena]] (l'antica ''Saena''), non essendovi ancora l'agone del [[Palio di Siena|Palio]], si trovava la ''Stalla satbulum regis'', oggi [[via di Stalloreggi]], ed il ''campus'', via del Campo<ref>F. Valacchi, ''Siena'', p. 10.</ref>.
Ricordo di lontani insediamenti longobardi, anche nel territorio dell'ex ''Regio Tuscia et Umbria'' rimangono presenti ancor oggi numerosi [[toponimo|toponimi]] di [[Fara (Longobardi)#Gli insediamenti|Fara]] e [[Sala (Longobardi)|Sala]]: [[Fara in Sabina]] ([[Provincia di Rieti|RI]]), [[Fara San Martino]] ([[Provincia di Chieti|CH]]), [[Fara Filiorum Petri]] ([[Provincia di Chieti|CH]]), Sala (frazione di [[Poppi]], [[provincia di Arezzo|AR]]), [[La Sala]] (rione di [[Firenze]]), Sala (frazione di [[Leonessa (Italia)|Leonessa]], [[Provincia di Rieti|RI]]) e numerosi altri toponimi Sala sparsi per le campagne presso Firenze, [[Greve in Chianti]] ([[Provincia di Firenze|FI]]) e [[Allerona]] ([[Provincia di Terni|TR]]). I Longobardi costituivano un'élite militare e nobiliare la cui numerosità era enormemente più piccola di quella delle popolazioni locali, alle quali lasciarono il lavoro dei campi ed i mestieri tradizionali. Nella città di [[Siena]] (l'antica ''Saena''), non essendovi ancora l'agone del [[Palio di Siena|Palio]], si trovava la ''Stalla satbulum regis'', oggi [[via di Stalloreggi]], ed il ''campus'', via del Campo<ref>{{cita|Valacchi|p. 10}}.</ref>.


=== Il VII secolo ===
=== Il VII secolo ===
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Dopo il trattato di pace del [[680]] tra [[Longobardi]] e [[Bizantini]], la situazione politica del [[Ducato romano]] rimase molto incerta. La sede pontificia di Roma attribuiva al Papa prestigio, ma anche responsabilità nella ricerca di un difficile equilibrio volto a mantenere la pace tra gli invasori longobardi e l'Impero bizantino. Inoltre l'[[Esarcato di Ravenna]], con scarse milizie a disposizione, si dimostrava incapace di difendere efficacemente quel territorio ed il suo rappresentante spirituale. Il ducato si trovò esposto a continue scorrerie degli eserciti, che talvolta agivano all'unisono con attacchi a tenaglia provenienti dalla Tuscia longobarda, dal [[ducato di Spoleto]] e da [[Ducato di Benevento|quello di Benevento]].
Dopo il trattato di pace del [[680]] tra [[Longobardi]] e [[Bizantini]], la situazione politica del [[Ducato romano]] rimase molto incerta. La sede pontificia di Roma attribuiva al Papa prestigio, ma anche responsabilità nella ricerca di un difficile equilibrio volto a mantenere la pace tra gli invasori longobardi e l'Impero bizantino. Inoltre l'[[Esarcato di Ravenna]], con scarse milizie a disposizione, si dimostrava incapace di difendere efficacemente quel territorio ed il suo rappresentante spirituale. Il ducato si trovò esposto a continue scorrerie degli eserciti, che talvolta agivano all'unisono con attacchi a tenaglia provenienti dalla Tuscia longobarda, dal [[ducato di Spoleto]] e da [[Ducato di Benevento|quello di Benevento]].


I confini fluttuanti, anche nel breve periodo, rendono approssimativa la loro ricostruzione storica. La strategia bizantina contro l'invasione longobarda si affidò molto alla difesa della costa [[Mar Tirreno|tirrenica]] con il presidio di due porti marittimi situati nei pressi dell'Urbe: [[Ostia (Roma)|Ostia]] e [[Civitavecchia]] ("''Centumcellae''"), di competenza del ''[[prefectus classis]]''; quei porti permettevano con sicurezza il collegamento navale con l'Impero bizantino. Nel territorio interno, contro la mobilità degli eserciti longobardi, Bizantini e forze pontificie risposero con ''[[castra munificati]]'', con poderose fortezze affidate al comando di<ref>O.Bertolini, ''Roma di fronte a Bisanzio ed ai Longobardi'', pp. 370-371</ref> ''[[magister militum|magistri militum]]''.
I confini fluttuanti, anche nel breve periodo, rendono approssimativa la loro ricostruzione storica. La strategia bizantina contro l'invasione longobarda si affidò molto alla difesa della costa [[Mar Tirreno|tirrenica]] con il presidio di due porti marittimi situati nei pressi dell'Urbe: [[Ostia (Roma)|Ostia]] e [[Civitavecchia]] ("''Centumcellae''"), di competenza del ''[[prefectus classis]]''; quei porti permettevano con sicurezza il collegamento navale con l'Impero bizantino. Nel territorio interno, contro la mobilità degli eserciti longobardi, Bizantini e forze pontificie risposero con ''[[castra munificati]]'', con poderose fortezze affidate al comando di<ref name="bertolini">{{cita|Bertolini|pp. 370-371}}.</ref> ''[[magister militum|magistri militum]]''.


==== Le "pievi di confine" ====
==== Le "pievi di confine" ====
Nel [[VII secolo]], con la conversione dei Longobardi al [[cattolicesimo]], nei crocicchi delle strade di confine dei ''[[iudicaria]]'' (territori retti da un ''iudex'') si trovavano le ''plebes ad fines'' ("[[pieve|pievi]] di confine"). Un documento del [[715]], ricco di spunti storico-giuridici, riporta particolari dettagli di una lunga controversia per le pievi di confine tra la [[diocesi di Siena]] e [[Diocesi di Arezzo|quella confinante di Arezzo]]. Il gastaldo di Siena, [[Warnefrido]], tentava di usurpare il territorio della diocesi di Arezzo. Il successivo diploma emesso da re [[Liutprando]] confermò la precedente istruttoria svolta dal notaio Gunteram e, sulla base dell'antica tradizione, assegnò alla diocesi aretina le pievi di [[Sinalunga]], [[Montepulciano]] e [[Montefollonico]], nonostante la loro ubicazione entro i confini del territorio senese. Nel [[diritto longobardo]] il concetto di confine non coincideva perfettamente con quello attuale di confine geografico invece: molto più rilevante era la permanenza di un'antica tradizione<ref>P. M.Conti, ''Il Ducato di Spoleto e la storia istituzionale dei Longobardi'', pp. 262-64.</ref>. Le pievi paleocristiane, oltre al servizio religioso, assunsero anche funzioni civili, registrando le nascite presso il [[fonte battesimale]], prestando assistenza ai bisognosi, provvedendo alla manutenzione delle strade. Vicino alle pievi sorsero gli ospizi, edifici di ristoro e cura per i numerosi viandanti in pellegrinaggio verso la [[Tomba di San Pietro]]. Molte pievi furono intitolate a [[san Michele Arcangelo]] raffigurato con la lancia, assunto come protettore dai guerrieri longobardi.
Nel [[VII secolo]], con la conversione dei Longobardi al [[cattolicesimo]], nei crocicchi delle strade di confine dei ''[[iudicaria]]'' (territori retti da un ''iudex'') si trovavano le ''plebes ad fines'' ("[[pieve|pievi]] di confine"). Un documento del [[715]], ricco di spunti storico-giuridici, riporta particolari dettagli di una lunga controversia per le pievi di confine tra la [[diocesi di Siena]] e [[Diocesi di Arezzo|quella confinante di Arezzo]]. Il gastaldo di Siena, [[Warnefrido]], tentava di usurpare il territorio della diocesi di Arezzo. Il successivo diploma emesso da re [[Liutprando]] confermò la precedente istruttoria svolta dal notaio Gunteram e, sulla base dell'antica tradizione, assegnò alla diocesi aretina le pievi di [[Sinalunga]], [[Montepulciano]] e [[Montefollonico]], nonostante la loro ubicazione entro i confini del territorio senese. Nel [[diritto longobardo]] il concetto di confine non coincideva perfettamente con quello attuale di confine geografico invece: molto più rilevante era la permanenza di un'antica tradizione<ref>{{cita|Conti 1982|pp. 262-264}}.</ref>. Le pievi paleocristiane, oltre al servizio religioso, assunsero anche funzioni civili, registrando le nascite presso il [[fonte battesimale]], prestando assistenza ai bisognosi, provvedendo alla manutenzione delle strade. Vicino alle pievi sorsero gli ospizi, edifici di ristoro e cura per i numerosi viandanti in pellegrinaggio verso la [[Tomba di San Pietro]]. Molte pievi furono intitolate a [[san Michele Arcangelo]] raffigurato con la lancia, assunto come protettore dai guerrieri longobardi.


Con il miglioramento dei rapporti di convivenza sociale e con la bonifica della [[via Francigena]] apportata dai Longobardi lungo il tracciato della [[via Romea|Romea]], anche le relazioni commerciali ripresero vigore. Documenti lucchesi nell'epoca di Autari attestano commerci di ''negotiantes'' itineranti presenti nella Fiera di [[Parigi]]; ''naviculari'', che dalla [[Maremma]] esercitavano il trasporto di grano e sale, per via d'acqua, per conto del duca [[Wulperto]]. Anche l'artigianato fu in sensibile ripresa. Nel Ducato di Tuscia operò un'associazione di orefici romani e longobardi: i documenti riportano i nomi di Giusto e Pietro insieme ad Aniperto ed Osperto. La [[Pinacoteca di Lucca]] conserva ritrovamenti di manufatti a [[foglia d'oro]]. Un [[bassorilievo]] in rame dorato proveniente da Lucca è esposto nel [[Museo del Bargello]]<ref>A. Mancini, ''Storia di Lucca'', pp. 25-26.</ref>. Anche Lucca, come Pavia, disponeva della [[Zecca (moneta)|zecca]] che emetteva [[Tremisse|tremissi]] aurei con valore pari ad un terzo di [[Solido (moneta)|solido]].
Con il miglioramento dei rapporti di convivenza sociale e con la bonifica della [[via Francigena]] apportata dai Longobardi lungo il tracciato della [[via Romea|Romea]], anche le relazioni commerciali ripresero vigore. Documenti lucchesi nell'epoca di Autari attestano commerci di ''negotiantes'' itineranti presenti nella Fiera di [[Parigi]]; ''[[Navicularius|naviculari]]'', che dalla [[Maremma]] esercitavano il trasporto di grano e sale, per via d'acqua, per conto del duca [[Wulperto]]. Anche l'artigianato fu in sensibile ripresa. Nel Ducato di Tuscia operò un'associazione di orefici romani e longobardi: i documenti riportano i nomi di Giusto e Pietro insieme ad Aniperto ed Osperto. La [[Pinacoteca di Lucca]] conserva ritrovamenti di manufatti a [[foglia d'oro]]. Un [[bassorilievo]] in rame dorato proveniente da Lucca è esposto nel [[Museo del Bargello]]<ref>{{cita|Mancini|pp. 25-26}}.</ref>. Anche Lucca, come Pavia, disponeva della [[Zecca (moneta)|zecca]] che emetteva [[Tremisse|tremissi]] aurei con valore pari ad un terzo di [[Solido (moneta)|solido]].


=== L'VIII secolo ===
=== L'VIII secolo ===
==== L'ultimo dominio longobardo ====
==== L'ultimo dominio longobardo ====
All'estremo nord del ducato (Tuscia romana) venne allestita la fortezza di [[Narni]] che, prossima al presidio longobardo di Terni, venne presto conquistata dal duca di Spoleto [[Faroaldo II]]. A presidiare la [[via Amerina]] rimasero le fortezze di [[Amelia (Italia)|Amelia]] ed [[Orte]]. Più a sud, [[Bomarzo]], [[Sutri]] e [[Blera]], nella [[valle del Tevere]], furono ''[[castrum|castra]]'' a salvaguardia della [[via Cassia]]<ref name="bertolini">O. Bertolini, ''Roma di fronte a Bisanzio ed ai Longobardi'', pp. 370-371.</ref>. Le quattro fortezze, conquistate più volte da [[Liutprando]], nel [[743]] vennero restituite insieme a Sutri dal re a [[papa Zaccaria]] ("[[Donazione di Sutri]]") e costituirono il primo nucleo del [[Stato Pontificio#Il Patrimonium Sancti Petri|Patrimonio di San Pietro]].
All'estremo nord del ducato (Tuscia romana) venne allestita la fortezza di [[Narni]] che, prossima al presidio longobardo di Terni, venne presto conquistata dal duca di Spoleto [[Faroaldo II]]. A presidiare la [[via Amerina]] rimasero le fortezze di [[Todi]], [[Amelia (Italia)|Amelia]] ed [[Orte]]. Più a sud, i ''[[castrum|castra]]'' di [[Bomarzo]], [[Sutri]] e [[Blera]], nella [[valle del Tevere]], erano a salvaguardia della [[via Cassia]]<ref name="bertolini" />. Anche queste fortezze furono conquistate da [[Liutprando]]. Nel [[743]] vennero restituite dal re longobardo a [[papa Zaccaria]] ([[Donazione di Sutri]]), andando ad aggiungersi al [[Stato Pontificio#Il Patrimonium Sancti Petri|Patrimonio di San Pietro]].<br/>
Nel versante orientale del [[ducato di Spoleto]], (l'ex [[Regio IV Samnium|Regio Samnium et Sabina]], poi [[Italia Suburbicaria|provincia Valeria]]), le truppe di [[Mentana (Italia)|Mentana]] e [[Tivoli]] contrastarono le milizie spoletine, che con i loro numerosi [[gastaldato|gastaldati]] nel territorio di [[Rieti]] avevano preso il controllo della [[via Salaria]]. <br/>

Nel versante orientale del ducato, in [[Sabina]] (l' ex [[provincia Valeria]]), [[Mentana (Italia)|Mentana]] e [[Tivoli]] contrastarono le milizie spoletine, che con numerosi [[gastaldato|gastaldati]] nel territorio di [[Rieti]] avevano preso il controllo della [[via Salaria]]. Più a sud, seguendo il corso del fiume [[Liri]], [[Sora]], [[Arce (Italia)|Arce]] e - soprattutto - [[Ceccano]] costituivano un baluardo difensivo efficace nei confronti del [[ducato di Benevento]]. Nella punta estrema della [[Campania]], [[Cuma]] ("''Castrum Cumae''") sulla [[via Domiziana]], già occupato dai beneventani, venne recuperato da [[papa Gregorio II]] con un sostanzioso riscatto. Dopo aver perduto la fortezza di [[Capua]], il papa temeva lo sbarramento della via Domiziana, unica via di accesso<ref>O. Bertolini, ''Op, Cit, p. 427.''</ref>. al [[Patrimonium Neapolitanum]].
Più a sud, seguendo il corso del fiume [[Liri]], [[Sora (Italia)|Sora]], [[Arce (Italia)|Arce]] e - soprattutto - [[Ceccano]] costituivano un baluardo difensivo efficace nei confronti del [[ducato di Benevento]]. Nella punta estrema della [[Campania]], la città di [[Cuma]] ("''Castrum Cumae''") sulla [[via Domiziana]], già occupata dai beneventani, venne recuperata da [[papa Gregorio II]] con un sostanzioso riscatto. Dopo aver perduto la fortezza di [[Capua]], il papa temeva lo sbarramento della via Domiziana, unica via di accesso<ref>{{cita|Bertolini|p. 427}}.</ref> al ''Patrimonium Neapolitanum'' (cioè ai possedimenti della Santa Sede in territorio napoletano).


==== Il dominio carolingio ====
==== Il dominio carolingio ====
Dopo i Longobardi, la politica accentratrice del governo [[carolingi]]o, con l'istituzione del [[vassallaggio]] privilegiò il potere dei vescovi, sperando con la regola del celibato vescovile di riuscire a limitare la frammentazione ereditaria dei feudi imperiali. La classe nobiliare [[Franchi|franco]]-[[longobarda]] al potere favorì l'edificazione di numerosi monasteri di famiglia affidati al privilegio del vescovo, la cui nomina divenne prestigioso ripiego per i suoi cadetti. I vescovi, con cospicue donazioni del protettore (condizionate spesso dalla volontà del donante), incrementarono notevolmente patrimoni e limiti territoriali delle proprie diocesi. Nelle diocesi della ''Tuscia Langobardorum'' furono istituiti questi monasteri carolingi<ref>P.F.Kher, ''Italia Pontificia'', vol. III.</ref>:
Dopo i Longobardi, la politica accentratrice del governo [[carolingi]]o, con l'istituzione del [[vassallaggio]] privilegiò il potere dei vescovi, sperando con la regola del celibato vescovile di riuscire a limitare la frammentazione ereditaria dei feudi imperiali. La classe nobiliare [[Franchi|franco]]-[[longobarda]] al potere favorì l'edificazione di numerosi monasteri di famiglia affidati al privilegio del vescovo, la cui nomina divenne prestigioso ripiego per i suoi cadetti. I vescovi, con cospicue donazioni del protettore (condizionate spesso dalla volontà del donante), incrementarono notevolmente patrimoni e limiti territoriali delle proprie diocesi. Nelle diocesi della ''Tuscia Langobardorum'' furono istituiti questi monasteri carolingi<ref>{{cita|Kher}}.</ref>:
* [[Lucca]]: Santa Giustina, San Ponziano, San Salvatore, San Pietro in Camaiore;
* [[Lucca]]: Santa Giustina, San Ponziano, San Salvatore, San Pietro in Camaiore;
* [[Firenze]]: San Bartolmeo di Ripoli e [[San Miniato al Monte]];
* [[Firenze]]: San Bartolomeo di Ripoli e [[San Miniato al Monte]];
* [[Pistoia]]: [[Chiesa di San Bartolomeo in Pantano|San Bartolomeo in Pantano]];
* [[Pistoia]]: [[Chiesa di San Bartolomeo in Pantano|San Bartolomeo in Pantano]];
* [[Arezzo]]: [[Badia delle Sante Flora e Lucilla|Sante Flora e Lucilla]];
* [[Arezzo]]: [[Badia delle Sante Flora e Lucilla|Sante Flora e Lucilla]];
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* [[Volterra]]: Santa Maria di Bibbona;
* [[Volterra]]: Santa Maria di Bibbona;
* [[Roselle (Grosseto)|Roselle]]: San Pietro di Monteverde.
* [[Roselle (Grosseto)|Roselle]]: San Pietro di Monteverde.

== Cinema ==
{{vedi anche|Cinema nella Tuscia}}

La Tuscia è stato spesso luogo di riprese per molti film di grandi registi del cinema italiano come [[Roberto Rossellini]], [[Federico Fellini]], [[Mario Monicelli]], [[Pier Paolo Pasolini]], [[Sergio Corbucci]], [[Franco Zeffirelli]] e molti altri; in questi luoghi hanno preso parte molti set cinematografici fra i quali ''[[I Vitelloni]]'', ''[[La strada]]'', ''[[Lo scapolo]]'', ''[[Il medico e lo stregone]]'', ''[[Il vigile]]'', ''[[8½]]'', ''[[Uccellacci e uccellini]]'', ''[[L'armata Brancaleone]]'', ''[[Romeo e Giulietta (film 1968)|Romeo e Giulietta]]'', ''[[Brancaleone alle crociate]]'', ''[[Il marchese del Grillo]]'' e diverse altre produzioni.

Hanno raggiunto notorietà nel mondo cinematografico registi e attori come: [[Fabio Segatori]], [[Franco Bernini (regista)|Franco Bernini]], [[Giuseppe Moccia]], [[Silvio Laurenti Rosa]], [[Aldo Nicodemi]], [[Antonella Steni]], [[Carlo Giustini]].


== Note ==
== Note ==
{{references}}
<references/>


== Bibliografia ==
== Bibliografia ==
* Aa.Vv., ''Etruria, Tuscia, Toscana. L'identità di una regione attraverso i secoli'', Vol. 2, Pacini editore, Pisa 1998
* {{cita libro|titolo=Etruria, Tuscia, Toscana. L'identità di una regione attraverso i secoli|volume=vol. 2|editore=Pacini editore|città=Pisa|anno=1998}}
* F. Liverani, ''Il ducato e le antichità longobarde e saliche di Chiusi'', Palermo, 1875.
* {{cita libro|Francesco|Liverani|Il ducato e le antichità longobarde e saliche di Chiusi|1875|Mucci|Siena|cid=Liverani}}
* P. F. Kher, ''Italia Pontificia'' III, 1908, Etruria, Berlin.
* {{cita libro|P. F.|Kher|Italia Pontificia|volume=III|1908|Etruria|Berlin|cid=Kher}}
* O. Bertolini, ''Roma di fronte a Bisanzio ed ai Longobardi'', Edizioni Bologna, 1941.
* {{cita libro|autore=[[Ottorino Bertolini]]|titolo=Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardi|editore=Cappelli|città=Bologna|anno=1941|cid=Bertolini}}
* P. M. Conti, ''La Tuscia e i suoi ordinamenti territoriali'', in ''Atti del V congresso internazionale di studi sull'Alto Medioevo'', Spoleto, 1973.
* {{cita conferenza|autore=Pier Maria Conti|titolo=La Tuscia e i suoi ordinamenti territoriali|conferenza=Atti del V congresso internazionale di studi sull'Alto Medioevo, Lucca, 3-7 ottobre 1971|città=Spoleto|editore=Centro Italiano sull'Alto Medioevo|anno=1973|cid=Conti 1971}}
* P. M. Conti, ''Il ducato di Spoleto e la storia istituzionale dei longobardi'', Accademia di Spoleto, 1982.
* {{cita libro|Pier Maria|Conti|Il ducato di Spoleto e la storia istituzionale dei longobardi|1982|Accademia di Spoleto||cid=Conti 1982}}
* {{cita libro| Jörg| Jarnut| wkautore=Jörg Jarnut| Storia dei Longobardi| 2002| Einaudi| Torino|isbn= 88-464-4085-4}}
* {{Cita libro|autore=[[Jörg Jarnut]]|titolo=Storia dei Longobardi|traduttore=Paola Guglielmotti|città=Torino|editore=Einaudi|anno=1995|annooriginale=1982|isbn=88-06-13658-5|cid=Jarnut}}
* {{cita libro|autore=[[Augusto Mancini]]|titolo=Storia di Lucca|editore=Pacini-Fazzi|anno=1999|ISBN=88-7246-343-2|cid=Mancini}}
* P. F. Kher, ''Italia Pontificia'', 1908.
* {{cita libro|Federico|Valacchi|Siena|2000|Fenice|Milano|collana=Piccola biblioteca di base. Le città d'Italia|isbn=88-8017-008-2|cid=Valacchi}}
* A. Mancini, ''Storia di Lucca'', Pacini-Fazzi, 1999. ISBN 88-7246-343-2
* F. Valacchi, ''Siena'', Fenice, 2000.


== Voci correlate ==
== Voci correlate ==
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* [[Marca di Tuscia]]
* [[Marca di Tuscia]]
* [[Etruria]]
* [[Etruria]]
* [[Tuscia rupestre]]
* [[Tuscia (olio)]]
* [[Cinema nella Tuscia]]


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Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Tuscia (disambigua).
Tuscia
StatiBandiera dell'Italia Italien
TerritorioToscana, Umbria occidentale e Lazio settentrionale
Nome abitantiTusci

Tuscia era la denominazione attribuita all'Etruria dopo la fine del dominio etrusco, invalso a partire dalla Tarda antichità e per tutto l'Alto Medioevo. Il nome indicava in origine un territorio assai vasto che comprendeva tutta l'Etruria storica: la Toscana, l'Umbria occidentale e il Lazio settentrionale, che le diverse vicissitudini storiche hanno ripartito in tre macroaree: la "Tuscia romana", corrispondente al Lazio settentrionale con l'antica provincia pontificia del Patrimonio di San Pietro, che equivale oggi alla provincia di Viterbo e alla parte settentrionale della provincia di Roma nord fino al Lago di Bracciano; la "Tuscia ducale", che includeva i territori del Lazio e dell'Umbria soggetti al Ducato di Spoleto; la "Tuscia longobarda", grosso modo l'attuale Toscana, comprendente i territori sottoposti ai Longobardi e costituenti il Ducato di Tuscia.

Uso storico e contemporaneo del termine Tuscia

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Il coronimo Tuscia deriva dal latino Tuscia, il territorio abitato dai Tusci (ovvero dagli Etruschi), plurale del latino Tuscus. Da Tuscia, sinonimo di Etruria, derivano il nome della regione Toscana e il nome del comune di Tuscania in provincia di Viterbo. In epoca medievale, e fino a tutto l'Ottocento, Tuscia era usato come sinonimo, oltre che di Etruria, anche di Toscana. Nell'uso contemporaneo il nome Tuscia è anche utilizzato per indicare i territori dell'Alto Lazio e delle aree confinanti di Toscana e Umbria. L'università fondata a Viterbo nel 1979 ha così assunto la denominazione di Università degli Studi della Tuscia.

L'Italia centro-settentrionale in epoca augustea, con la Regio VII Etruria che nei secoli successivi si sarebbe frazionata nelle varie porzioni della Tuscia.
Lo stesso argomento in dettaglio: Suddivisioni e cronologia delle province romane.

Durante il periodo di decadenza dell'Impero romano, i confini della Regio VII Etruria, una delle undici comprese nella riforma augustea, rimasero stabili. L'Etruria, corrispondente all'incirca all'attuale Toscana[1], venne inserita nella lista di Plinio il Vecchio come sezione separata della Penisola italiana. Partendo dalla Regio IX Liguria, con Luni, i confini raggiungevano l'odierno Lazio, fino a Fregene, e comprendevano anche l'attuale provincia di Viterbo; risalendo verso l'odierna Umbria, raggiungevano poi la città di Perugia. Con la riforma dioclezianea le regiones diventarono dodici e il territorio dell'Etruria venne incluso nella Regio V Tuscia et Umbria. Infine nel IV secolo, dopo le prime Invasioni barbariche, le partizioni regionali diventarono diciassette[2] e Tuscia et Umbria l'VIII regione.

I confini rimasero immutati fino alla nuova invasione longobarda, che provocò un profondo mutamento istituzionale. La regione Tuscia et Umbria venne divisa in due porzioni territoriali: la porzione nord-occidentale costituì la Tuscia Langobardorum che sarebbe confluita nel Ducato di Tuscia, mentre la porzione orientale entrò a far parte del Ducato di Spoleto. Le due regioni vennero separate dal "cuneo" costituito dal "Corridoio bizantino", il territorio intermedio che, almeno sulla carta, permetteva il passaggio a favore dell'Impero bizantino tra Roma e Ravenna, capitale dell'Esarcato d'Italia. La Tuscia longobarda confinava così con la "Tuscia Romana", porzione territoriale del Ducato romano a nord di Roma.[2]

Lo stesso argomento in dettaglio: Ducato di Spoleto, Ducato di Tuscia, Marca di Tuscia e Ducato romano.
Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia della Tuscia.

Sul finire del VI secolo, terminata l'ondata dei saccheggi provocati dall'esercito longobardo, re Autari iniziò una saggia politica di pacificazione con l'elemento indigeno romanico[3], che nei gastaldati della Tuscia consentì la lenta ripresa economica della sua popolazione. Nelle campagne l'aristocrazia nobiliare degli invasori, dopo aver insediato stabilmente le fare (famiglie associate longobarde) nei castra occupati, organizzò il sistema produttivo curtense. La curtis corrispondeva ad un vasto possedimento fondiario, con la villa signorile edificata sul colle più elevato e protetta da cinta muraria. Nei vici (aggregati minori della corte) vivevano i massari, servi e coloni che lavoravano il fondo insieme ad altri piccoli proprietari assoggettati al tributo del terzo del prodotto ricavato dal podere (o manso). Il gastaldo percepiva i proventi in natura in un ambiente a piano terra chiamato "sala".

Ricordo di lontani insediamenti longobardi, anche nel territorio dell'ex Regio Tuscia et Umbria rimangono presenti ancor oggi numerosi toponimi di Fara e Sala: Fara in Sabina (RI), Fara San Martino (CH), Fara Filiorum Petri (CH), Sala (frazione di Poppi, AR), La Sala (rione di Firenze), Sala (frazione di Leonessa, RI) e numerosi altri toponimi Sala sparsi per le campagne presso Firenze, Greve in Chianti (FI) e Allerona (TR). I Longobardi costituivano un'élite militare e nobiliare la cui numerosità era enormemente più piccola di quella delle popolazioni locali, alle quali lasciarono il lavoro dei campi ed i mestieri tradizionali. Nella città di Siena (l'antica Saena), non essendovi ancora l'agone del Palio, si trovava la Stalla satbulum regis, oggi via di Stalloreggi, ed il campus, via del Campo[4].

Il VII secolo

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L'instabile confine tra Tuscia longobarda e Tuscia romana

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Dopo il trattato di pace del 680 tra Longobardi e Bizantini, la situazione politica del Ducato romano rimase molto incerta. La sede pontificia di Roma attribuiva al Papa prestigio, ma anche responsabilità nella ricerca di un difficile equilibrio volto a mantenere la pace tra gli invasori longobardi e l'Impero bizantino. Inoltre l'Esarcato di Ravenna, con scarse milizie a disposizione, si dimostrava incapace di difendere efficacemente quel territorio ed il suo rappresentante spirituale. Il ducato si trovò esposto a continue scorrerie degli eserciti, che talvolta agivano all'unisono con attacchi a tenaglia provenienti dalla Tuscia longobarda, dal ducato di Spoleto e da quello di Benevento.

I confini fluttuanti, anche nel breve periodo, rendono approssimativa la loro ricostruzione storica. La strategia bizantina contro l'invasione longobarda si affidò molto alla difesa della costa tirrenica con il presidio di due porti marittimi situati nei pressi dell'Urbe: Ostia e Civitavecchia ("Centumcellae"), di competenza del prefectus classis; quei porti permettevano con sicurezza il collegamento navale con l'Impero bizantino. Nel territorio interno, contro la mobilità degli eserciti longobardi, Bizantini e forze pontificie risposero con castra munificati, con poderose fortezze affidate al comando di[5] magistri militum.

Le "pievi di confine"

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Nel VII secolo, con la conversione dei Longobardi al cattolicesimo, nei crocicchi delle strade di confine dei iudicaria (territori retti da un iudex) si trovavano le plebes ad fines ("pievi di confine"). Un documento del 715, ricco di spunti storico-giuridici, riporta particolari dettagli di una lunga controversia per le pievi di confine tra la diocesi di Siena e quella confinante di Arezzo. Il gastaldo di Siena, Warnefrido, tentava di usurpare il territorio della diocesi di Arezzo. Il successivo diploma emesso da re Liutprando confermò la precedente istruttoria svolta dal notaio Gunteram e, sulla base dell'antica tradizione, assegnò alla diocesi aretina le pievi di Sinalunga, Montepulciano e Montefollonico, nonostante la loro ubicazione entro i confini del territorio senese. Nel diritto longobardo il concetto di confine non coincideva perfettamente con quello attuale di confine geografico invece: molto più rilevante era la permanenza di un'antica tradizione[6]. Le pievi paleocristiane, oltre al servizio religioso, assunsero anche funzioni civili, registrando le nascite presso il fonte battesimale, prestando assistenza ai bisognosi, provvedendo alla manutenzione delle strade. Vicino alle pievi sorsero gli ospizi, edifici di ristoro e cura per i numerosi viandanti in pellegrinaggio verso la Tomba di San Pietro. Molte pievi furono intitolate a san Michele Arcangelo raffigurato con la lancia, assunto come protettore dai guerrieri longobardi.

Con il miglioramento dei rapporti di convivenza sociale e con la bonifica della via Francigena apportata dai Longobardi lungo il tracciato della Romea, anche le relazioni commerciali ripresero vigore. Documenti lucchesi nell'epoca di Autari attestano commerci di negotiantes itineranti presenti nella Fiera di Parigi; naviculari, che dalla Maremma esercitavano il trasporto di grano e sale, per via d'acqua, per conto del duca Wulperto. Anche l'artigianato fu in sensibile ripresa. Nel Ducato di Tuscia operò un'associazione di orefici romani e longobardi: i documenti riportano i nomi di Giusto e Pietro insieme ad Aniperto ed Osperto. La Pinacoteca di Lucca conserva ritrovamenti di manufatti a foglia d'oro. Un bassorilievo in rame dorato proveniente da Lucca è esposto nel Museo del Bargello[7]. Anche Lucca, come Pavia, disponeva della zecca che emetteva tremissi aurei con valore pari ad un terzo di solido.

L'VIII secolo

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L'ultimo dominio longobardo

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All'estremo nord del ducato (Tuscia romana) venne allestita la fortezza di Narni che, prossima al presidio longobardo di Terni, venne presto conquistata dal duca di Spoleto Faroaldo II. A presidiare la via Amerina rimasero le fortezze di Todi, Amelia ed Orte. Più a sud, i castra di Bomarzo, Sutri e Blera, nella valle del Tevere, erano a salvaguardia della via Cassia[5]. Anche queste fortezze furono conquistate da Liutprando. Nel 743 vennero restituite dal re longobardo a papa Zaccaria (Donazione di Sutri), andando ad aggiungersi al Patrimonio di San Pietro.
Nel versante orientale del ducato di Spoleto, (l'ex Regio Samnium et Sabina, poi provincia Valeria), le truppe di Mentana e Tivoli contrastarono le milizie spoletine, che con i loro numerosi gastaldati nel territorio di Rieti avevano preso il controllo della via Salaria.
Più a sud, seguendo il corso del fiume Liri, Sora, Arce e - soprattutto - Ceccano costituivano un baluardo difensivo efficace nei confronti del ducato di Benevento. Nella punta estrema della Campania, la città di Cuma ("Castrum Cumae") sulla via Domiziana, già occupata dai beneventani, venne recuperata da papa Gregorio II con un sostanzioso riscatto. Dopo aver perduto la fortezza di Capua, il papa temeva lo sbarramento della via Domiziana, unica via di accesso[8] al Patrimonium Neapolitanum (cioè ai possedimenti della Santa Sede in territorio napoletano).

Il dominio carolingio

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Dopo i Longobardi, la politica accentratrice del governo carolingio, con l'istituzione del vassallaggio privilegiò il potere dei vescovi, sperando con la regola del celibato vescovile di riuscire a limitare la frammentazione ereditaria dei feudi imperiali. La classe nobiliare franco-longobarda al potere favorì l'edificazione di numerosi monasteri di famiglia affidati al privilegio del vescovo, la cui nomina divenne prestigioso ripiego per i suoi cadetti. I vescovi, con cospicue donazioni del protettore (condizionate spesso dalla volontà del donante), incrementarono notevolmente patrimoni e limiti territoriali delle proprie diocesi. Nelle diocesi della Tuscia Langobardorum furono istituiti questi monasteri carolingi[9]:

Lo stesso argomento in dettaglio: Cinema nella Tuscia.

La Tuscia è stato spesso luogo di riprese per molti film di grandi registi del cinema italiano come Roberto Rossellini, Federico Fellini, Mario Monicelli, Pier Paolo Pasolini, Sergio Corbucci, Franco Zeffirelli e molti altri; in questi luoghi hanno preso parte molti set cinematografici fra i quali I Vitelloni, La strada, Lo scapolo, Il medico e lo stregone, Il vigile, , Uccellacci e uccellini, L'armata Brancaleone, Romeo e Giulietta, Brancaleone alle crociate, Il marchese del Grillo e diverse altre produzioni.

Hanno raggiunto notorietà nel mondo cinematografico registi e attori come: Fabio Segatori, Franco Bernini, Giuseppe Moccia, Silvio Laurenti Rosa, Aldo Nicodemi, Antonella Steni, Carlo Giustini.

  1. ^ Liverani, p. 20.
  2. ^ a b Conti 1971, p. 83.
  3. ^ Jarnut, p. 37.
  4. ^ Valacchi, p. 10.
  5. ^ a b Bertolini, pp. 370-371.
  6. ^ Conti 1982, pp. 262-264.
  7. ^ Mancini, pp. 25-26.
  8. ^ Bertolini, p. 427.
  9. ^ Kher.
  • Etruria, Tuscia, Toscana. L'identità di una regione attraverso i secoli, vol. 2, Pisa, Pacini editore, 1998.
  • Francesco Liverani, Il ducato e le antichità longobarde e saliche di Chiusi, Siena, Mucci, 1875.
  • P. F. Kher, Italia Pontificia, III, Berlin, Etruria, 1908.
  • Ottorino Bertolini, Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardi, Bologna, Cappelli, 1941.
  • Pier Maria Conti, La Tuscia e i suoi ordinamenti territoriali, Atti del V congresso internazionale di studi sull'Alto Medioevo, Lucca, 3-7 ottobre 1971, Spoleto, Centro Italiano sull'Alto Medioevo, 1973.
  • Pier Maria Conti, Il ducato di Spoleto e la storia istituzionale dei longobardi, Accademia di Spoleto, 1982.
  • Jörg Jarnut, Storia dei Longobardi, traduzione di Paola Guglielmotti, Torino, Einaudi, 1995 [1982], ISBN 88-06-13658-5.
  • Augusto Mancini, Storia di Lucca, Pacini-Fazzi, 1999, ISBN 88-7246-343-2.
  • Federico Valacchi, Siena, collana Piccola biblioteca di base. Le città d'Italia, Milano, Fenice, 2000, ISBN 88-8017-008-2.

Voci correlate

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