Storia del colonialismo in Asia: differenze tra le versioni

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==Colonialismo in Cina==
==Colonialismo in Cina==
All’inizio del XX secolo la Cina si trova in una situazione di semi-colonia<ref>Così la definisce Wolfgang Reinhard in “Storia del colonialismo” p. 220</ref>. Conserva una formale autonomia, senza divenire esplicitamente colonia, perché le potenze dominanti sono più di una, le quali da una parte sono rivali fra loro, ma d’altro canto hanno interessi comuni nel mantenere aperto il mercato interno.
''Sfere di influenza'':

Ogni paese deteneva zone di maggiore influenza:
* Germania: baia di [[Kiautschou]] (baia di [[Kiautschou|Jiaozhou]], [[Shandong]], valle dello [[Huang He]] (''Hwang-Ho'').
* Germania: baia di [[Kiautschou]] (baia di [[Kiautschou|Jiaozhou]], [[Shandong]], valle dello [[Huang He]] (''Hwang-Ho'').
* Russia: penisola del [[Liaodong]], diritti sulla ferrovia in [[Manciuria]].
* Russia: penisola del [[Liaodong]], diritti sulla ferrovia in [[Manciuria]].
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* Francia: baia di [[Canton]], tre province nel sud del paese.
* Francia: baia di [[Canton]], tre province nel sud del paese.
* Italia, [[Austria-Ungheria]] e Belgio: città di [[Tientsin]].
* Italia, [[Austria-Ungheria]] e Belgio: città di [[Tientsin]].

Il colonialismo in Cina inizia con la [[Guerre dell'oppio|guerra dell’oppio]] (1839-1842): grazie al facile successo militare, la Gran Bretagna costringe l’impero cinese a aprire i suoi mercati all’oppio e alle merci occidentali.
Il sistema era basato sui “[[Treaty ports|treaty ports]]” (inizialmente cinque, poi saliti a varie decine) porti aperti al traffico internazionale sulla base di “trattati ineguali”, e sui territori concessi in affitto a potenze straniere.

L’imperatrice [[Cixi]] e la nobiltà erano contrari alla modernizzazione e occidentalizzazione del paese, ma non erano in grado di opposi. La situazione generò la rivolta “xenofoba” dei [[Rivolta dei Boxer|boxer]] (1899-1901); sconfitta da una coalizione internazionale, la Cina si trovò ancora più sottomessa. La vera e propria occupazione militare si ebbe solo nel periodo tra le due guerre, ad opera dell'[[Impero giapponese|imperialismo giapponese]].


==Asia centrale e occidentale: il grande gioco ==
==Asia centrale e occidentale: il grande gioco ==

Versione delle 15:57, 3 mar 2017

Ampie aree dell'Asia, come dell'Africa e di altre parti del mondo, furono soggette all'imperialismo di diverse nazioni europee, dell'Impero giapponese e della Cina.

Le ragioni di tale fenomeno sono molteplici: innanzitutto, la Rivoluzione Industriale non si era ancora diffusa in queste regioni, rendendo così le popolazioni locali militarmente impotenti di fronte all'avanzata degli europei; inoltre, l'organizzazione militare di molti stati asiatici era debole rispetto a quella delle potenze europee; i governi locali erano perlopiù dispotici e poco rappresentativi; la sopravvivenza di odi interetnici e intertribali e il diffuso analfabetismo rendevano impossibile creare società locali coese che fossero servite da un buon sistema amministrativo; infine, la presenza di molte materie prime e di manodopera a basso costo rendevano queste terre particolarmente appetibili.

Spartizione dell'Asia per opera degli europei

I Britannici in India

La caduta dei Moghul in India e lo sviluppo della Compagnia Britannica delle Indie Orientali

Con l'affermasi dell'Impero Moghul arrivarono i primi colonizzatori europei: portoghesi, francesi e olandesi si limitarono a costruire vasi commerciali lungo la costa, sostituendo i mercanti musulmani nei commerci di spezie. Gli inglesi si spinsero anche verso l'interno, mirando alle grandi ricchezze del Paese. Strumento della penetrazione britannica fu la Compagnia delle Indie Orientali, che nel XVII secolo ebbe il compito di controllare i piccoli regni e sultanati formalmente autonomi che erano nati dalla dissoluzione dell'Impero Moghul. Nel 1858 la Compagnia venne sciolta e l'India, che fino a quel momento era rimasta politicamente indipendente, divenne una colonia britannica affidata al controllo di un governatore inglese.

La nascita del nazionalismo indiano

Lo stesso argomento in dettaglio: Nazionalismo indiano.

Colonialismo in Cina

All’inizio del XX secolo la Cina si trova in una situazione di semi-colonia[1]. Conserva una formale autonomia, senza divenire esplicitamente colonia, perché le potenze dominanti sono più di una, le quali da una parte sono rivali fra loro, ma d’altro canto hanno interessi comuni nel mantenere aperto il mercato interno.

Ogni paese deteneva zone di maggiore influenza:

Il colonialismo in Cina inizia con la guerra dell’oppio (1839-1842): grazie al facile successo militare, la Gran Bretagna costringe l’impero cinese a aprire i suoi mercati all’oppio e alle merci occidentali. Il sistema era basato sui “treaty ports” (inizialmente cinque, poi saliti a varie decine) porti aperti al traffico internazionale sulla base di “trattati ineguali”, e sui territori concessi in affitto a potenze straniere.

L’imperatrice Cixi e la nobiltà erano contrari alla modernizzazione e occidentalizzazione del paese, ma non erano in grado di opposi. La situazione generò la rivolta “xenofoba” dei boxer (1899-1901); sconfitta da una coalizione internazionale, la Cina si trovò ancora più sottomessa. La vera e propria occupazione militare si ebbe solo nel periodo tra le due guerre, ad opera dell'imperialismo giapponese.

Asia centrale e occidentale: il grande gioco

Lo stesso argomento in dettaglio: Grande gioco.

Impero coloniale tedesco

Lo stesso argomento in dettaglio: Impero coloniale tedesco.

Impero portoghese

Lo stesso argomento in dettaglio: Impero portoghese.

I Portoghesi ebbero un ruolo marginale in Asia, in particolare a Macao e nel Timor portoghese

Giappone

Lo stesso argomento in dettaglio: Impero giapponese.

Il Giappone che anche dopo la seconda rivoluzione industriale non perse il suo spirito patriottico e tradizionale avviò una politica di espansione territoriale che lo portò a conquistare l'isola di Taiwan e a lottare per il controllo della corea e inseguito per parte della Cina

  1. ^ Così la definisce Wolfgang Reinhard in “Storia del colonialismo” p. 220