Filippo Amedeo

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Filippo Amedeo
Filippo Amedeo raffigurato nel suo ricordino funebre

Deputato dell'Assemblea Costituente
CollegioTorino
Sito istituzionale

Deputato del Regno d'Italia
LegislaturaXXVI, XXVII del Regno d'Italia
Gruppo
parlamentare
Partito Socialista Italiano
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoPartito Socialista Italiano

Filippo Amedeo (Torino, 2 febbraio 1891Torino, 18 giugno 1946) è stato un politico e operaio italiano, dirigente socialista e parlamentare.

Biografia

Nascita e le battaglie giovanili.

Filippo Amedeo nasce il 2 febbraio 1891 da una famiglia operaia di modestissime origini, per cui è costretto fin da giovanissimo imparare un mestiere. Diventa falegname ed ebanista e si impegna nel campo sindacale, dove si distingue per le doti organizzative e la combattività, diventando segretario della Lega torinese dei Lavoranti del legno e successivamente segretario della Federazione nazionale e membro del comitato esecutive della Camera del Lavoro. Si impegna precocemente in politica avvicinandosi alle posizioni anarco-socialiste e antimilitariste serpeggianti nell'organizzazione giovanile socialista. Nel 1909 viene segnalato come membro del gruppo herveista di Guerra sociale, incline al sindacalismo rivoluzionario di matrice soreliana.

La guerra di Libia.

Nonostante il suo pacifismo, nel 1911 è costretto a prendere parte alla guerra di Libia e nel 1915 è richiamato alle armi nella prima guerra mondiale. Tuttavia, non cessa di svolgere attività propagandistica antimilitarista e per questo è sottoposto per due volte a procedura militare e, successivamente, condannato.[1] Un soldato valoroso che non vuole essere decorato per una guerra in cui non ha creduto perché in evidente contrasto con i suoi principi antimilitaristi. Nel 1918 i suoi rapporti con i socialisti torinesi per la diffusione di materiale di propaganda sono intercettati e quindi viene processato con i suoi compagni, addossandosi responsabilità non sue per non rivelare la trama organizzativa. Nel 1920 ha un ruolo importante nell’occupazione della fabbrica per la quale lavorava dal ritorno dalla guerra, lo stabilimento meccanico Garavini; partecipa anche agli aspri conflitti tra capitale e lavoro che scoppiano con la smobilitazione e il rientro dei reduci.

Dall'incarcerazione al successo elettorale.

Il 20 novembre 1920 è arrestato e incarcerato; quello stesso giorno la madre muore a causa del dolore alla notizia dell’incarcerazione del figlio. Non passa inosservata la dignità con cui Amedeo vive il carcere, i compagni di partito indicano il suo nome per protesta nelle elezioni del 1921[2]. è votato plebiscitariamente, risultando terzo dopo due leader affermati del socialismo riformista torinese con Giulio Casalini e Giuseppe Romita; nel maggio del 1921 lascia la cella delle Carceri Nuove di Torino per salire sullo scranno di Palazzo Montecitorio come deputato del XXVI legislatura. Nella lotta politica di quegli anni si schiera con la tendenza massimalista di Giacinto Menotti Serrati, Arturo Vella e Olindo Vernocchi che al congresso del 1922 avrebbe determinato l’espulsione dei riformisti, senza abbracciare le posizioni fusioniste. Con Nenni lancia, già nel 1923, il comitato nazionale di difesa socialista, dove viene eletto segretario della federazione, carica mantenuta fino al 1926, a fianco di Romita e Barberis.

La sua militanza antifascista.

Viene rieletto con successo nel 1924 e da allora inizia la sua battaglia contro il regime, prima sui banchi del Parlamento, poi nell’emigrazione antifascista. Entra a far parte del comitato nazionale sindacale socialista, in un momento difficile, quando la tensione tra le varie componenti sindacali della sinistra è all'apice. Non riuscendo a trovare un’intesa per una comune opposizione antifascista sul terreno sociale, con oscillazioni che vanno dal legalitarismo della Confederazione del lavoro all’insurrezionalismo dei comunisti. Di fronte al delitto Matteotti le posizioni mantenute sono quelle aventiniane filo democratiche, fautrici di una protesta morale a difesa del parlamentarismo e della legalità, contrarie ad una contrapposizione al regime che comportasse l’appello al paese, e la richiesta delle dimissioni di Mussolini, con la proclamazione di un nuovo governo. Amedeo propende per una soluzione rivoluzionaria e, a fianco di Piero Gobetti, dà vita al Comitato delle opposizioni, sorto a Torino. Il 18 giugno 1924 sono richieste le dimissioni del capo del governo e l’autoconvocazione dei deputati della minoranza per nominare un altro esecutivo. La proposta non ha seguito a livello nazionale. Il 3 gennaio 1925 segna la rivincita fascista alla Camera e, nel paese, un’ulteriore restrizione delle libertà. Amedeo presiede, tra il 17 e il 25 febbraio, due riunioni del Comitato delle opposizioni, unitamente ai rappresentanti delle commissioni interne delle fabbriche, al fine di allargare l’opposizione sociale.

La strutturazione clandestina del Partito.

Nell'estate del ‘25, dopo il fallimento dell’Aventino, Amedeo si dedica all’organizzazione clandestina del partito, in Piemonte, nelle fabbriche, dove ha i maggiori contatti. In seguito all’attentato Zaniboni e allo scioglimento forzato del Psu, converge sulle posizioni nenniane per un rafforzamento di un gruppo dirigente socialista in una prospettiva di riunificazione con i riformisti, ormai privi di riferimento organizzativo. Nel marzo del 1926 Nenni fonda con Carlo Rosselli la rivista “Quarto Stato” che segna il superamento del fallimento aventiniano e una ricomposizione dei due tronconi socialisti su basi teoriche rinnovate. Ulteriore tentativo è stato quello di fondare un Comitato di unità socialista che auspica la maggior convergenza possibile in ogni iniziativa politica e sindacale . La riunificazione socialista va vista come superamento delle vecchie divisioni ideologiche nel nome di un fattivo volontarismo nella lotta contro la dittatura.

L’esilio.

La sera stessa del 9 novembre, giorno in cui entrano in vigore le leggi sulla pubblica sicurezza, per Amedeo è disposto l’arresto. Per sfuggire all'arresto, si imbarca clandestinamente su uno piroscafo ed emigra in Francia.[3] Nel 1940 è condannato in contumacia dal Tribunale speciale per la difesa dello stato per Menomazione del prestigio nazionale all'estero (Filippo Amedeo e Giuseppe Pitet avevano pubblicato, nel luglio 1939, sulla Voce degli Italiani un'intervista dal titolo Qual è lo stato d'animo dei soldati italiani).[4]. Nel 1956 il processo è nuovamente aperto presentando le stesse accuse "[...] fuori del territorio dello Stato, aver fatto delle affermazioni false e tendenziose sulle condizioni interne dell'Italia menomandone il prestigio [...] ".[5] Si stabilisce nella regione di Marsiglia dove costruisce contatti con il Centro Socialista di Parigi da cui riceve l’incarico di organizzare il movimento politico e sindacale nel sud-est della Francia. L'incarico, nella sua riuscita, ha comportato l’estensione di questo movimento esteso da Mentone a Marsiglia, dalle Bocche del Rodano all’Isere.

Lega dei diritti.

Membro attivo della Lega dei diritti dell’uomo trasformato in un efficace strumento di assistenza e di integrazione dei numerosi emigrati italiani. Partecipa intensamente al dibattito politico in seno al Psi nell’emigrazione sui temi che hanno travagliato la patria nell’ultimo periodo. Si esprime a favore dell’unificazione con i riformisti e per un’ampia alleanza da perseguirsi con le altre forze antifasciste presenti nella Concentrazione. Si arriva in fretta al dissenso e Amedeo sposa nuovamente le posizioni di Nenni: dichiarare battaglia contro i vecchi schematismi dottrinari, inadeguati per fronteggiare il fascismo e aprire una revisione ideologica sul tema della libertà democratico-parlamentari e su quello dei rapporti con gli altri partiti socialisti europei. Questi furono i temi del documento sottoscritto da Nenni La lotta antifascista e l’unità socialista pubblicata nel ‘28.

La rottura con i massimalisti a Grenoble.

Il congresso di Grenoble del 1930 registra una forte spaccatura, pur con una prevalenza degli unitari, e una ennesima scissione con la definitiva rottura con i massimalisti, destinati ad una lunga agonia. I revisionisti celerano il congresso dominato da Nenni, a cui Amedeo continua a far sentire il suo sostegno e la sua partecipazione, accompagnato dalle forze più giovani e capaci che si battevano per una revisione ideologica ed una immediata unificazione con il sostegno dell’Internazionale socialista. Si tratta di elaborare degli obiettivi praticabili in una strategia concreta di lotta contro il fascismo, una politica di alleanze che superi i consueti steccati classisti, inserendo il Psi a pieno titolo nel consesso dei partiti socialdemocratici. Amedeo è eletto ripetutamente nella direzione del Sezione dell’Internazionale Operaia Socialista”; è conferenziere della Lidu, la Lega Italiana dei diritti dell’uomo, della Sflo, il partito socialista francese. Sul finire degli anni Venti cerca di riallacciare i rapporti con i compagni torinesi rimasti in patria fungendo da tramite con la Francia, con la direzione parigina. Fa recapitare una fitta corrispondenza clandestina per far prevenire materiale di propaganda emanato dai dirigenti dei due partiti che si sarebbero riunificati nel luglio del 1930 e diffuso in Piemonte, Lombardia, Liguria. L’opera fu smantellata da un infiltrato che ha cercato di guadagnarsi la fiducia di Amedeo portando all’arresto di sette torinesi tra cui Romita e Mario Amedeo, il fratello. Nel ‘36 combatte la guerra civile in Spagna a fianco di Nenni e De Rosa nelle Brigate Matteotti fino alla sconfitta della Repubblica.

La resistenza.

Ritornato in Francia è accolto dall’entrata in guerra per cui si trova l’anno successivo a combattere contro il fascismo alleato dei nazisti.

Funerale civile di Filippo Amedeo
Funerali civili di Filippo Amedeo.

Viene arrestato nel 1943 dalla Gestapo mentre tenta di attraversare il confine ed è rinchiuso nelle Nuove di Torino, da dove è liberato da un assalto popolare. A Torino si era ricostituito clandestinamente un Fronte nazionale d’azione unitaria insieme con i comunisti, i cattolici e gli azionisti quindi vi opera il Comitato regionale socialista. In quei giorni Amedeo partecipa ad una importante riunione per far fronte alla situazione badogliana, ma viene nuovamente arrestato, dopo essere stato nominato segretario organizzativo cittadino. È portato al carcere di Susa, ma poi liberato; su di lui pende una taglia di mezzo milione di lire costringendolo nuovamente alla clandestinità. Le sue posizioni politiche continuano ad essere coerenti con quelle dell’esilio [6]. Il suo ultimo periodo di vita è consacrato al lavoro organizzato, in occasione della campagna elettorale che lo avrebbe visto tra gli eletti della sua circoscrizione senza vedere rinascere la sua nazione su base nuove.

Muore il 18 luglio 1946 per un malore improvviso, probabilmente dato dal logorio delle esperienze vissute[7]. Visto il forte contributo dato nella lotta antifascista, nel giorno del suo funerale laico, uno dei primi ad essere celebrato nel secondo dopo guerra, si è presentato un fiume di persone a rendergli omaggio. Non solo persone vicine al partito socialista, ma anche persone riconoscenti del valore apportato in un momento tanto difficile per l'Italia.

Note

  1. ^ Filippo Amedeo Scheda sul Sito Anpi
  2. ^ Filippo Amedeo, su storia.camera.it. URL consultato il 4 marzo 2015.
  3. ^ Commissione di Torino, ordinanza del 22.11.1926 contro Filippo Amedeo: Deputato del partito socialista massimalista dichiarato decaduto nel novembre 1926, riparato in Francia e condannato in contumacia. In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, L'Italia al confino 1926-1943. Le ordinanze di assegnazione al confino emesse dalle Commissioni provinciali dal novembre 1926 al luglio 1943, Milano 1983 (ANPPIA/La Pietra), vol. I, p. 72
  4. ^ Sentenza n. 48 del 27.7.1940 contro Filippo Amedeo e Giuseppe Pitet, emigrati politici in Francia. In: Adriano Dal Pont, Simonetta Carolini, L'Italia dissidente e antifascista. Le ordinanze, le Sentenze istruttorie e le Sentenze in Camera di consiglio emesse dal Tribunale speciale fascista contro gli imputati di antifascismo dall'anno 1927 al 1943, Milano 1980 (ANPPIA/La Pietra), vol. III, p. 1057
  5. ^ http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,2/articleid,0061_01_1956_0283_0002_14408041/
  6. ^ http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,2/articleid,1120_01_1943_0187_0002_16182158/
  7. ^ Caterina Simiand, I deputati piemontesi all'Assemblea Costituente, Franco Angeli, Milano 1999;

Bibliografia

  • Domenico Zucaro, Pietro Nenni. Socialismo e democrazia nella lotta antifascista, 1927-1939: dalle carte Nenni e dagli archivi di "Giustizia e libertà" e del Partito comunista italiano;
  • Caterina Simiand, I deputati piemontesi all'Assemblea Costituente, Franco Angeli, Milano 1999;
  • G. Sapelli, Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico. 1853-1943,vol. I, Roma, Editori Riuniti, 1975;

Sul periodo prefascista la fonte principale d'informazione è l'organo della sezione spcialista torinese

  • Il grido del Popolo e, per il 1922, Il popolo Socialista diretto da Giuseppe Romita;
  • F. Fornaro, Giuseppe Romita. L'autonomia socialista e la battaglia per la Repubblica, Milano, Franco Angeli, 1973;
  • D. Zucaro, Socialismo e democrazia nella lotta antifascista. 1927-1939, Milano, Feltrinelli, 1988;
  • G.Sabbatucci,Storia del socialismo italiano, vol.IV, Gli anni del fascismo (1926-1943), Roma, Il Poligono, 1981;


Altri progetti

Collegamenti esterni