Offensiva Voronež-Kastornoe

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Offensiva Voronež-Kastornoe
parte del fronte orientale della seconda guerra mondiale
Il fronte orientale e le direttrici della offensiva invernale sovietica 1942-1943.
Data24 gennaio – 4 febbraio 1943
Luogoregione di Voronež, Unione Sovietica
Esitovittoria sovietica
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
circa 125.000 uomini e 70 carri armatisconosciute
Perdite
sconosciutesconosciute
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Offensiva Voronež-Kastornoe è la denominazione presente nella storiografia sovietica della quarta fase dell'offensiva generale dell'Armata Rossa durante l'inverno 1942-1943 nel settore meridionale del fronte orientale durante la seconda guerra mondiale.

Questa nuova manovra a tenaglia delle forze sovietiche venne sferrata subito dopo l'offensiva Ostrogorzk-Rossoš e fu resa estremamente difficoltosa dalle intemperie invernali; l'offensiva venne condotta dalle truppe del Fronte di Voronež del generale Filipp Golikov, in movimento da sud in collaborazione con il fianco sinistro del Fronte di Brjansk del generale Maks Reiter, proveniente da nord[1][2]. La 2ª Armata tedesca, schierata nella importante testa di ponte di Voronež e le residue truppe ungheresi rimaste in linea dopo la catastrofica sconfitta di gennaio, vennero attaccate sui fianchi, minacciate di accerchiamento e costrette ad una disastrosa ritirata nel pieno del rigido inverno russo. Le perdite tedesche furono molto elevate, la 2ª Armata sfuggi solo con estrema difficoltà alla completa distruzione e un nuovo grande varco si aprì nel fronte dell'Asse, scoprendo la direzione di Kursk, che sarebbe stata liberata durante la seguente Operazione Stella, e minacciando da sud l'importante caposaldo di Orël.

La situazione strategica

Fin dal 18 gennaio 1943, mentre era in pieno svolgimento la manovra di accerchiamento alle spalle delle forze ungheresi e del Corpo alpino italiano nel settore dell'Alto Don, i generali Aleksandr Vasilevskij, capo di Stato maggiore generale e "rappresentante dello Stavka" sul fronte, e Filipp Golikov, comandante in capo del Fronte di Voronež, avevano illustrato personalmente a Stalin le opportunità operative che si aprivano dopo il grande successo raggiunto e avevano esaminato con il dittatore la pianificazione della successiva offensiva prevista per sfruttare il crollo del fronte dell'Asse[3][4].

Il Gruppo d'armate B del generale Maximilian von Weichs, completamente privo di riserve, si trovava nell'impossibilità di contenere l'avanzata sovietica e di coprire il fianco meridionale della 2ª Armata tedesca e del 3º Corpo ungherese, l'ultimo reparto ancora intatto del contingente magiaro sul fronte orientale, schierati a difesa della testa di ponte di Voronež. Queste forze tedesco-ungheresi (il solo raggruppamento consistente rimasto al Gruppo d'Armate B), costituite da 10 divisioni tedesche e due ungheresi (circa 125.000 uomini), erano ormai pericolosamente vulnerabili sui due fianchi e, in mancanza di riserve, essendo previsto l'arrivo entro alcuni giorni solo della debole 4. Panzer-Division, la loro posizione era molto precaria in particolare sul fianco meridionale completamente privo di difese organizzate a differenza del fianco settentrionale dotato di un sistema difensivo stabile. Nonostante l'apparente ottimismo di von Weichs, il comandante della 2ª Armata (generale Hans von Salmuth) era pienamente cosciente del pericolo e già preparato a una eventuale evacuazione di Voronež ed a un lungo ripiegamento strategico[5][6].

L'Armata Rossa prosegue la sua avanzata invernale.

I generali Vasilevskij e Golikov quindi prevedevano di attaccare il raggruppamento tedesco di Voronež da sud con tre armate del fianco destro del Fronte di Voronež (40ª, 38ª e 60ª Armata) e da nord con la 13ª Armata appartenente al fianco sinistro del Fronte di Brjansk del generale Maks Reiter. Il 4º Corpo corazzato del generale A.G.Kravčenko, proveniente dall'area di Stalingrado e arrivato in ritardo per partecipare alla offensiva Ostrogorzk-Rossoš, avrebbe costituito la forza di sfondamento in profondità della 40ª Armata, puntando verso la città di Kastornoe dove avrebbe chiuso la tenaglia insieme con gli elementi mobili del Fronte di Brjansk[4].

Il completamento con successo di questa manovra avrebbe ulteriormente disgregato le difese tedesche e aperto le direttrici di Kursk e Obojan (per il Fronte di Voronež) e di Orël (per il Fronte di Brjansk). Inoltre le armate del Fronte del Don del generale Konstantin Rokossovskij, resesi disponibili dopo la conclusione della battaglia di Stalingrado (che era ritenuta imminente), avrebbero potuto essere impegnate in questo settore per una audace puntata offensiva verso Brjansk o anche verso Smolensk. Per raggiungere questi obiettivi fin dal 15 gennaio 1943 era in fase di organizzazione una nuova 2ª Armata corazzata da impiegare con le forze di Rokossovskij)[7].

Stalin e Vasilevskij decisero di iniziare senza ritardi questo nuovo ciclo offensivo che avrebbe portato nuovi successi ma anche un eccessivo ampliamento delle operazioni sovietiche estese progressivamente sull'intero fronte orientale, con conseguente pericolosa dissipazione delle forze disponibili, e dolorose delusioni operative nel mese di marzo 1943.

La tenaglia sovietica

L'offensiva ebbe inizio il 24 gennaio 1943; ancor prima della conclusione della battaglia sull'Alto Don, la 40ª Armata del generale Kirill Moskalenko (appartenente al Fronte di Voronež) sferrava il suo attacco in una situazione climatica proibitiva: temperature di -20 °C, forte blizzard, nebbia fitta[8]. L'avanzata, inizialmente molto contrastata, proseguì nonostante tutte le difficoltà; il 4º Corpo corazzato del generale Kravčenko si lanciò in avanti e già il 25 gennaio raggiunse la cittadina di Goscesnoe, alle spalle dello schieramento tedesco; gli ungheresi erano già in ritirata. Nonostante l'enorme consumo di carburante a causa del terreno innevato (il 4º Corpo corazzato dovette essere rifornito fortunosamente con aviolanci da piccoli aerei da collegamento[4]) l'avanzata continuò sempre più in profondità nelle retrovie del nemico.

Il generale von Salmuth, cosciente della situazione critica e del rischio di un nuovo disastroso accerchiamento, aveva fatto subito pressione con i comandi superiori per un immediato abbandono di Voronež e per una ritirata tempestiva per evitare la catastrofe; le pressioni di von Weichs (inizialmente più ottimista) e di Salmuth riuscirono a smuovere Hitler, in un primo tempo deciso a organizzare una nuova Festung Voronež, difesa ad oltranza da tre divisioni tedesche. Il 25 gennaio, quindi, i tedeschi (dopo aver incendiato la città e accumulato distruzioni e rovine) abbandonavano la posizione di Voronež e iniziavano la ritirata generale[9].

Contemporaneamente all'avanzata della 40ª Armata, erano passate all'attacco anche la 60ª e la 38ª Armata (sempre appartenenti al Fronte di Voronež del generale Golikov) schierate al centro del fronte sovietico, e soprattutto (il 26 gennaio) la 13ª Armata, comandata dal generale Pukhov, appartenente al fianco sinistro del Fronte di Brjansk schierato a nord. Mentre la 60ª Armata del giovane generale Cernjakovskij entrava in Voronež devastata dagli incendi, la 13ª Armata sfondava le difese tedesche sul lato settentrionale del saliente e puntava risolutamente verso sud.

Di fronte alla pericolosità e alla rapidità della manovra d'accerchiamento sovietica le truppe tedesche accelerarono la ritirata, raggruppate in tre corpi d'armata, per evitare il peggio; ma già il 28 gennaio le colonne del 4º Corpo corazzato, provenienti da sud, si congiungevano con le forze del Fronte di Brjansk nella città di Kastornoe[10]. La città, accanitamente difesa dai tedeschi per aprire il passo alle divisioni in ritirata, venne conquistata definitivamente dopo una dura lotta solo il 29 gennaio, chiudendo finalmente il cerchio su due dei tre corpi d'armata tedeschi in ritirata e su una congerie di unità ungheresi disgregate[6].

File:Voronez 1943.jpg
Le rovine di Voronež dopo la liberazione nel gennaio 1943.

A questo punto le forze tedesche accerchiate continuarono il ripiegamento, sperando di sfuggire dalla trappola; la ritirata si svolse in condizioni climatiche terribili (alcune fonti parlano di ritirata "napoleonica"[11]); dopo aver perso gran parte del materiale, una parte delle truppe riuscì miracolosamente, dopo una dura lotta, a sfuggire dalla sacca e a rifluire verso la posizione del fiume Tim. Questa massa ormai completamente disorganizzata non aveva alcuna possibilità di mantenere questa linea difensiva e quindi la ritirata continuò sempre più sfibrante verso Kursk dove si stava radunando, proveniente dal Gruppo d'armate Centro, la 4. Panzer-Division, già molto indebolita e con appena otto panzer e dodici cacciacarri Marder[12].

Dopo la distruzione delle truppe nemiche accerchiate (4 febbraio), le armate sovietiche proseguirono senza sosta la loro avanzata verso ovest; seguendo le direttive di Stalin e dello Stavka, l'offensiva del Fronte di Brjansk e del Fronte di Voronež continuava. Il fronte di Brjansk marciò verso la città di Kolpny e cominciò ad organizzare un attacco verso Orël da sud (che sarebbe iniziato il 12 febbraio), mentre Golikov spinse energicamente le sue armate verso il Tim e Stary Oskol, preludio alla nuova grande offensiva su Kursk e Kharkov (Operazione Stella)[13].

La situazione tedesca nel settore sembrava veramente difficile, e si delineava anche una minaccia laterale per il Gruppo d'armate Centro, sempre attestato nel saliente di Ržev-Vjazma. Solo le decisioni di Hitler del 6 febbraio nell'incontro a Rastenburg con i feldmarescialli von Kluge e Manstein avrebbero permesso di stabilizzare una situazione apparentemente compromessa: sacrificando i salienti di Ržev e Demjansk, la Wehrmacht avrebbe organizzato riserve sufficienti per bloccare la minaccia su Orël, Brjansk e Smolensk e sventare le nuove grandi offensive sovietiche[14].

Conclusione

Le truppe tedesche battono in ritirata. Il morale apparentemente rimane buono.

L'Offensiva Voronež-Kastornoe, iniziata il 24 gennaio 1943, concluse la serie di successive manovre a tenaglia dell'Armata Rossa sferrate nel settore meridionale del fronte orientale il 19 novembre 1942 ( Urano); il 16 dicembre (Piccolo Saturno) e il 12 gennaio 1943 ( Ostrogorzk-Rossoš). Queste brillanti offensive condotte d'inverno con grandi masse corazzate lanciate audacemente in profondità nelle retrovie del nemico ottennero, anche se spesso con gravi perdite, grandi risultati, sconvolsero l'equilibrio generale della situazione strategica e per un momento sembrarono preludere al crollo definitivo dei tedeschi, molto sorpresi dalle nuove tattiche e dall'abilità della pianificazione e della condotta sovietica.

La quarta e ultima offensiva a tenaglia inflisse una grave disfatta alla 2ª Armata tedesca e sbaragliò completamente le ultime forze ungheresi organizzate; inoltre apri nuove direttrici strategiche per l'avanzata sovietica[15].

File:Relitti della ritirata.jpg
I relitti della disfatta dell'Asse sul fronte orientale.

In questo senso, questa nuova vittoria spinse Stalin e i suoi generali a sfruttare immediatamente il vantaggio ampliando sempre più gli obiettivi dell'offensiva invernale. Le forze del generale Rokossovskij, reduci dalla vittoria di Stalingrado, avrebbero quindi dovuto instradarsi verso la regione del Tim per inserirsi tra le armate di Reiter e Golikov e, rafforzate dalla nuova 2ª Armata corazzata del generale A.G.Rodin, puntare in profondità verso Brjansk e quindi Smolensk[4].

Questa offensiva era prevista già per il 15 febbraio, data assolutamente irrealistica viste le difficoltà logistiche e che venne quindi spostata al 25 febbraio). Questa eccessiva euforia avrebbe provocato una inattesa e brusca delusione per i sovietici: le opportune misure stabilite da Hitler e dai generali tedeschi avrebbero frustrato la intempestiva e arrischiata offensiva di Rokossovskij (nonostante alcuni successi iniziali), avrebbero bloccato la via di Orël e soprattutto avrebbero inflitto una grave sconfitta al raggruppamento sovietico meridionale apparentemente vittorioso dopo la liberazione di Kharkov (16 febbraio) e la spericolata avanzata verso il Dniepr (Terza battaglia di Kharkov).

Note

  1. ^ John Erickson, The road to Berlin, p. 34.
  2. ^ AA.VV., L'URSS nella seconda guerra mondiale, vo. 3, p. 685.
  3. ^ J. Erickson, The road to Berlin, pp. 33-34.
  4. ^ a b c d J.Erickson 'The road to Berlin', Cassel 1983.
  5. ^ AA.VV., Germany and the second world war, vol. VI: The global war, pp. 1178-1179.
  6. ^ a b AA.VV. 'Germany and the second world war, volume VI', Oxford press 1991.
  7. ^ J.Erickson 'The road to Berlin', Cassel 1983; G.Boffa 'Storia dell'Unione Sovietica', parte II, Mondadori 1979.
  8. ^ Y.Buffetaut 'Objectif Kharkov!', Histoire & collections 1997; J.Erickson 'The road to Berlin', Cassel 1983.
  9. ^ AA.VV. 'Germany and the second world war, volume VI', Oxford press 1991; R.Cartier 'La seconda guerra mondiale', Mondadori 1996.
  10. ^ AA.VV. 'L'URSS nella seconda guerra mondiale', volume III, C.E.I., 1978; J.Erickson 'The road to Berlin', Cassel 1983. Il 4º Corpo corazzato avrebbe ottenuto, per il valore dimostrato a Stalingrado e a Vononež, il titolo onorifico di 5º Corpo corazzato della Guardia Stalingradskij.
  11. ^ R.Cartier 'La seconda guerra mondiale', Mondadori 1996.
  12. ^ R.Michulec '4. Panzer-Division on the Eastern Front', Concord 1999.
  13. ^ AA.VV. 'L'URSS nella seconda guerra mondiale', volume III, C.E.I., 1978.
  14. ^ E.Bauer 'Storia controversa della seconda guerra mondiale', volume 5, DeAgostini 1971.
  15. ^ AA.VV. 'Germany and the second world war, volume VI', Oxford press 1991; A.Werth 'La Russia in guerra', Mondadori 1968; G.Boffa 'Storia dell'Unione Sovietica', parte II, Mondadori 1979.

Bibliografia

  • (EN) AA.VV., Germany and the second world war, vol. VI: the global war, Oxford university press, 2001, ISBN 0-19-822888-0.
  • AA.VV., L'URSS nella seconda guerra mondiale, vol. II, C.E.I., 1978, ISBN non esistente.
  • Eddy Bauer, Storia controversa della seconda guerra mondiale, vol. IV, Novara, De Agostini, 1971, ISBN non esistente.
  • Giuseppe Boffa, Storia dell'Unione Sovietica, vol. III, Roma, l'Unità, 1990, ISBN non esistente.
  • Paul Carell, Terra bruciata, Milano, Rizzoli, 2000, ISBN 88-17-25903-9.
  • Raymond Cartier, La seconda guerra mondiale, Milano, Mondadori, 1996, ISBN non esistente.
  • (EN) John Erickson, The road to Berlin, Londra, Cassell, 2002, ISBN 0-304-36540-8.
  • David Glantz David/Jonathan House, La Grande guerra patriottica dell'Armata Rossa, Gorizia, LEG, 2010, ISBN 978-88-6102-063-4.
  • (EN) David Glantz, From the Don to the Dnepr, Londra, Frank Cass, 1991, ISBN 0-7146-4064-6.
  • David Irving, La guerra di Hitler, Roma, Settimo Sigillo, 2001, ISBN non esistente.
  • Richard Overy, Russia in guerra, Milano, il Saggiatore, 2000, ISBN 88-428-0890-3.
  • Alexander Werth, La Russia in guerra, Milano, Mondadori, 1966, ISBN non esistente.
  • (EN) Earl F. Ziemke, Stalingrad to Berlin: the german defeat in the east, University press of the Pacific, 2003, ISBN 1-4102-0414-6.

Voci correlate