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GameStop e le “meme stock”, ci risiamo?

un mese fa - mercoledì 15 maggio 2024
Come nel 2021, è ripartito il rally del titolo, alimentato dai social. È il caso di salire sul treno in corsa?
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Una cavalcata quasi trionfale: dalla chiusura a 17,46 dollari di venerdì 10 maggio, il titolo GameStop (Isin US36467W1099) è balzato a 30,45 dollari alla chiusura di lunedì 13 maggio e a 48,75 alla chiusura di ieri martedì 14 maggio. Insomma in soli due giorni di contrattazione, non è triplicato, ma poco ci manca. E le indicazioni di “preborsa” di oggi portano a non escludere ulteriori rialzi. Ma cosa ha scatenato questa “follia”?

Non certo l’andamento della società, che non presenta conti brillanti né un business tornato improvvisamente cool (è una catena di negozi che vende videogiochi, non proprio l’ultima moda insomma). E infatti i bilanci parlano di risultati in calo e tagli ai costi e ai posti di lavoro. Piuttosto, è il ripetersi di quello che è già accaduto nel 2021, con la corsa del titolo alimentata dal tamtam sui social network.

Per capire quello che sta succedendo, allora, facciamo un passo indietro proprio a gennaio 2021. In quel momento i grandi investitori avevano aperto molte scommesse al ribasso sul titolo, proprio perché allora come oggi i conti non erano certo brillanti: in pratica, vendono il titolo senza averlo ancora in mano, contando di acquistarlo in un secondo momento a prezzi più bassi per chiudere la scommessa. La comunità dei social si è accorta di questo volume di scommesse al ribasso, e si è mossa in direzione opposta, con una massa di acquisti che, come sta accadendo oggi, ha fatto balzare il titolo per percentuali folli. Perché lo hanno fatto? Per diversi motivi: chi perché credeva nel piano di rilancio del gruppo, chi un po’ per “affetto”, vista l’affinità del business con il mondo dei giovani digital, ma tanti anche per andare contro i “signori della finanza” che stavano scommettendo sul calo dell’azione.

E in un primo momento la “rivolta” dei social ha funzionato alla grande, con il titolo GameStop che invece di calare è balzato per percentuali folli, costringendo anche molti investitori professionali a chiudere in perdita la scommessa al ribasso. Ma poi, così rapidamente come è esploso, il caso si è altrettanto rapidamente sgonfiato, e il titolo GameStop è precipitato lasciando col cerino in mano, e forti perdite, anche molti dei partecipanti alla “comunità” dei social.

Ecco, oggi sta di fatto succedendo la stessa cosa, quasi un déjà vu: un post sui social dall’account che nel 2021 aveva scatenato il tamtam ha riportato il titolo a fare fuoco e fiamme, con i risultati di cui ti dicevamo all’inizio. È il caso di salire sul treno in corsa e scommettere su ulteriori rialzi? Te lo diciamo subito, la risposta è no, e proprio quello che è successo nel 2021 lo insegna. Muoversi contro le “regole del mercato” (ti ricordiamo che nel 2021 le Autorità erano anche intervenute per porre dei paletti e arginare il fenomeno, proprio con lo scopo di tutelare il corretto funzionamento dei mercati) è estremamente rischioso, e ci cono anche alcuni elementi (il diverso contesto economico, il livello dei tassi, il diverso contesto sociale che non ci vede più come allora “barricati” in casa a seguire i social…) portano a pensare che il rally, che già l’altra volta era durato pochi giorni, stavolta possa durare anche meno. Il “gioco” è molto simile a quello che in finanza si chiama schema Ponzi (vedi riquadro), in cui l’ultimo della fila è quello che ci rimette. Evita di essere tu quell’ultimo della fila: non scommettere su GameStop né sulle altre “meme stock”.

 

Lo schema Ponzi

Lo schema Ponzi è una truffa che prende il suo nome da Carlo Ponzi, noto truffatore (appunto) degli anni Venti. Come funziona? Il primo passo è la proposta di un investimento con la promessa di grandi guadagni in tempi brevi. Con questa promessa si raccolgono i soldi e si cercano nuovi investitori. Man mano che arrivano i nuovi investitori, coi loro soldi si pagano (in parte) quelli vecchi, in modo da dimostrare la qualità dell’investimento e il fatto che la promessa può essere mantenuta. Tutto bene finché ci sono nuovi investitori in entrata… ma prima o poi il meccanismo si inceppa, e iniziano i dolori. Quando non ci sono più nuovi investitori che portano nuovi capitali, finiscono anche i soldi per rimborsare i “vecchi” investitori, e lo schema salta lasciando tutti sul lastrico, salvo forse i primi entrati che han fatto in tempo a incassare.

 

 

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