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Piemonte

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Le Alpi e la Valle del Po dal satellite

Citazioni sul Piemonte.

  • Il Piemonte e in ispecie la sua capitale è dopo la Sicilia il paese più scarso di spiriti italici, avvezzo per antico a vita appartata e ristretta e domo da abitudini feudali e servili. Più anima e generosità e nervo si trova in alcune provincie; onde se l'Alfieri astigiano parve un miracolo, torinese sarebbe un mostro. (Vincenzo Gioberti)
  • Il Piemonte è la sepoltura dei francesi. (Proverbio italiano)
  • Il Piemonte può dirsi la patria del violino. Vi sarebbe argomento a tessere un libro artistico d'alto interesse, e assai curioso. Pare impossibile non sia venuto ancora in mente ad alcuno. Viotti, il più grande tra i violinisti piemontesi, insegnò ai Francesi a suonare il violino, e può dirsi il capo della scuola moderna. (Francesco Regli)
  • In Sardegna non vi son serpenti, né in Piemonte bestemmie. (Proverbio italiano)
  • [Nei piemontesi] L'amore della verità domina la maniera che o svanisce o si mostra timida e impacciata. (Camillo Boito)
  • Ma se si predica al Piemonte di sperar bene senza l'Italia, è come se un astronomo esortasse la luna a star di buona voglia, ancorché la terra, che è il centro della sua orbita, andasse in fascio. (Vincenzo Gioberti)
  • Nel Piemonte della mia gioventù, la cultura era basata sull'accettazione del proprio ruolo e sull'ubbidienza. E io crebbi in quell'ambiente: ognuno al suo posto a fare il proprio dovere. (Vittorio Ghidella)
  • «Perché, signora [Mélanie Waldor], abbandonare il mio Paese? Per venire in Francia a cercare una reputazione nelle lettere? Per correre dietro a un po' di rinomanza, un po' di gloria, senza poter mai raggiungere lo scopo che si propone la mia ambizione? Quale bene potrei fare all'umanità fuori del mio Paese? Quale influenza potrei esercitare a favore dei miei fratelli sventurati? ... Sono deciso, non sepererò mai la mia sorte da quella dei piemontesi. Fortunata o sfortunata, la Patria avrà tutta la mia vita, non sarò mai ad essa infedele.»[1] (Camillo Benso, conte di Cavour)
  • Piccolo stato situato ai piedi delle Alpi. (Napoleone III di Francia)
  • Salve, Piemonte! A te con melodia | mesta, da lungi risonante, come | gli epici canti del tuo popol bravo, | scendono i fiumi. || Scendono pieni, rapidi, gagliardi, | come i tuoi cento battaglioni, e a valle | cercan le deste a ragionar di gloria | ville e cittadi. (Giosuè Carducci).
  • [Napoleone Bonaparte] A questo proposito si chiedeva quali avrebbero potuti essere i sentimenti del Piemonte nei suoi confronti. Egli nutriva una simpatia particolare, disse, per quella provincia. Il signore di San Marzano, che riteneva gli fosse rimasto fedele fino all'ultimo, lo aveva assicurato, al momento dei nostri disastri, che quella regione si sarebbe dimostrata una delle migliori province. «Infatti, continuò l'Imperatore, i Piemontesi non gradivano per niente essere un piccolo Stato: il loro re era un autentico signore feudale che bisognava corteggiare o temere. Aveva maggiori poteri, più autorità di me che, imperatore dei Francesi, ero solo un supremo magistrato, il quale faceva applicare le leggi e che non poteva esimersene!»[2] (Emmanuel de Las Cases)
  • Sebbene siam posti noi ai confini d'Italia, non v'ha forse nazione a dir così, più italiana della Piemontese da ormai mille anni, per dominio non interrotto di principi, per antichità di famiglie, per armi proprie; onde dovremmo essere zelantissimi di conservare l'originale nostro carattere incorrotto, escludendo l'uso delle lingue straniere, che il modo di pensare e le opinioni straniere porta seco infallantemente. (Gian Francesco Galeani Napione)
  • Signor Presidente [Luigi Einaudi], Lei che tanto bene conosce la storia del Piemonte, ricorderà la fiera risposta data da Vittorio Amedeo II agli emissari di Luigi XIV [Assedio di Torino del 1706] i quali gli spiegavano come le condizioni del suo esercito gli togliessero ogni possibilità di resistere alle potenti armate d'oltralpe: «Batterò col piede la terra, e n'usciran soldati d'ogni banda». Ebbene, l'8 settembre, e in seguito, a Cuneo e intorno a Cuneo avvenne proprio così: i soldati, cioè i partigiani, uscivano da ogni parte, perché qualcuno aveva battuto col piede la terra; ma non era stato un sovrano, re o principe che fosse, bensì una forza più alta e maestosa, quella che si chiama la coscienza civile, la vocazione nazionale, il senso dei valori supremi, quella essenziale virtù insomma, che, magari sotterranea ed invisibile per lungo volgere di anni, erompe nei momenti decisivi, e spinge un popolo a non mancare nell'ora del dovere storico. (Dante Livio Bianco)

Note

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  1. Discorso fatto in Parigi nel 1838 alla nuova amante, Mélanie Waldor, che lo sollecitava a trasferirsi nella capitale francese. Poco dopo rientrava in Torino.
  2. Emmanuel de Las Cases, Memoriale di Sant'Elena, Milano, Rizzoli, 2004, pp. 988. ISBN 8817107905.

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