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Rime e ritmi/Piemonte

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Piemonte

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In una villa Ad Annie
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PIEMONTE


Su le dentate scintillanti vette
salta il camoscio, tuona la valanga
da’ ghiacci immani rotolando per le
             4selve croscianti:

ma da i silenzi de l’effuso azzurro
esce nel sole l’aquila, e distende
in tarde ruote digradanti il nero
              8volo solenne.

Salve, Piemonte! A te con melodia
mesta da lungi risonante, come
gli epici canti del tuo popol bravo,
              12scendono i fiumi.

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Scendono pieni, rapidi, gagliardi,
come i tuoi cento battaglioni, e a valle
cercan le deste a ragionar di gloria
                 16ville e cittadi:

la vecchia Aosta di cesaree mura
ammantellata, che nel varco alpino
èleva sopra i barbari manieri
                 20l’arco d’Augusto:

Ivrea la bella che le rosse torri
specchia sognando a la cerulea Dora
nel largo seno, fósca intorno è l’ombra
                 24di re Arduino:

Biella tra ’l monte e il verdeggiar de’ piani
lieta guardante l’ubere convalle,
ch’armi ed aratri e a l’opera fumanti
                 28camini ostenta:

Cuneo possente e pazïente, e al vago
declivio il dolce Mondoví ridente,
e l’esultante di castella e vigne
                 32suol d’Aleramo;

e da Superga nel festante coro
de le grandi Alpi la regal Torino
incoronata di vittoria, ed Asti
                 36repubblicana.

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Fiera di strage gotica e de l’ira
di Federico, dal sonante fiume
ella, o Piemonte, ti donava il carme
                 40nuovo d’Alfieri.

Venne quel grande, come il grande augello
ond’ebbe nome; e a l’umile paese
sopra volando, fulvo, irrequïeto,
                 44— Italia, Italia —

egli gridava a’ dissueti orecchi,
a i pigri cuori, a gli animi giacenti:
— Italia, Italia — rispondeano l’urne
                 48d’Arquà e Ravenna:

e sotto il volo scricchiolaron l’ossa
sé ricercanti lungo il cimitero
de la fatal penisola a vestirsi
                 52d’ira e di ferro.

— Italia, Italia! — E il popolo de’ morti
surse cantando a chiedere la guerra;
e un re a la morte nel pallor del viso
                 56sacro e nel cuore

trasse la spada. Oh anno de’ portenti,
oh primavera de la patria, oh giorni,
ultimi giorni del fiorente maggio,
                 60oh trionfante

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suon de la prima italica vittoria
che mi percosse il cuor fanciullo! Ond’io,
vate d’Italia a la stagion piú bella,
                 64in grige chiome

oggi ti canto, o re de’ miei verd’anni,
re per tant’anni bestemmiato e pianto,
che via passasti con la spada in pugno
                 68ed il cilicio

al cristian petto, italo Amleto. Sotto
il ferro e il fuoco del Piemonte, sotto
di Cuneo ’l nerbo e l’impeto d’Aosta
                 72sparve il nemico.

Languido il tuon de l’ultimo cannone
dietro la fuga austriaca moría:
il re a cavallo discendeva contra
                 76il sol cadente:

a gli accorrenti cavalieri in mezzo,
di fumo e polve e di vittoria allegri,
trasse, ed, un foglio dispiegato, disse
                 80resa Peschiera.

Oh qual da i petti, memori de gli avi,
alte ondeggiando le sabaude insegne,
surse fremente un solo grido: Viva
                 84il re d’Italia!

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Arse di gloria, rossa nel tramonto,
l’ampia distesa del lombardo piano;
palpitò il lago di Virgilio, come
                 88velo di sposa

che s’apre al bacio del promesso amore:
pallido, dritto su l’arcione, immoto,
gli occhi fissava il re: vedeva l’ombra
                 92del Trocadero.

E lo aspettava la brumal Novara
e a’ tristi errori mèta ultima Oporto.
Oh sola e cheta in mezzo de’ castagni
                 96villa del Douro,1

che in faccia il grande Atlantico sonante
a i lati ha il fiume fresco di camelie,
e albergò ne la indifferente calma
                 100tanto dolore!

Sfaceasi; e nel crepuscolo de i sensi
tra le due vite al re davanti corse
una miranda visïon: di Nizza
                 104il marinaro

biondo che dal Gianicolo spronava
contro l’oltraggio gallico2: d’intorno
splendeagli, fiamma di piropo al sole,
                 108l’italo sangue.

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Su gli occhi spenti scese al re una stilla,
lenta errò l’ombra d’un sorriso. Allora
venne da l’alto un vol di spirti, e cinse
                                  112del re la morte.

Innanzi a tutti, o nobile Piemonte,
quei che a Sfacteria dorme e in Alessandria
diè a l’aure primo il tricolor, Santorre
                                  116di Santarosa
.

E tutti insieme a Dio scortaron l’alma
di Carlo Alberto. — Eccoti il re, Signore,
che ne disperse, il re che ne percosse.
                                  120Ora, o Signore,

anch’egli è morto, come noi morimmo,
Dio, per l’Italia. Rendine la patria.
A i morti, a i vivi, pe ’l fumante sangue
                                  124da tutt’ i campi,

per il dolore che le regge agguaglia
a le capanne, per la gloria, Dio,
che fu ne gli anni, pe’ l martirio, Dio,
                                  128che è ne l’ora,

a quella polve eroica fremente,
a questa luce angelica esultante,
rendi la patria, Dio; rendi l’Italia
                                  132a gl’italiani.


Ceresole reale, 27 luglio 1890.



Note

  1. [p. 1055 modifica]La prima edizione leggeva Villa di Quinta. Mi fu detto che Quinta in Portogallo è appellazione comune d’ogni villa. Veramente Carlo Alberto “abitava la villa d’Entre Quintas„ (L. Cibrario, Ricordi d’una missione in Portogallo, capo iii).
  2. [p. 1055 modifica]Di questi versi fu detto con goffa barbarie “essere una riabilitazione di Carlo Alberto a base di Garibaldi„. No: io leggevo nei giornali del 1849 che il re pigliava molto interesse ai fatti della difesa di Roma.