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Diritti reali/Proprietà

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Diritti reali/Proprietà
Tipo di risorsa Tipo: lezione
Materia di appartenenza Materia: Diritto privato

In diritto, la proprietà (in latino proprietas da proprius) è un diritto reale che ha per contenuto la facoltà di godere e di disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi previsti dall'ordinamento giuridico (art. 832 del codice civile).

Nel linguaggio corrente, il termine "proprietà" designa anche l'oggetto del diritto di proprietà.

Origini storiche

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Il diritto di proprietà trova il suo antecedente storico in diritto romano nella figura del dominium ex iure Quiritium. Tale istituto designava in origine l'appartenenza piena ed esclusiva di una res privata ad un individuo, situazione riconosciuta e tutelata dal ius civile. Caratteristiche del dominium ex iure Quiritium erano la pienezza, la esclusività e l'elasticità. Al dominus spettava ogni facoltà di utilizzare la res in maniera illimitata, la facoltà di modificarla e perfino di distruggerla. Il suo diritto era tutelato da un'apposita azione la rei vindicatio (da res vi dicere affermare violentemente un potere sulla cosa).

Per il ius civile, il dominium ex iure Quiritium poteva essere trasferito o mediante uno degli atti formali previsti per lo scopo (mancipatio o in iure cessio) se la res da trasferire era una res mancipi, ovvero tramite semplice consegna (traditio) della cosa se si fosse trattato di res nec mancipi. Qualora il trasferimento di una res mancipi non fosse avvenuto tramite l'atto formale richiesto, si creava una situazione ambigua per cui l'alienante rimaneva dominus ex iure Quiritium, mentre l'alienatario non riceveva tutela dal ius civile pur avendo acquistato la res.

Per ovviare a questi problemi alla fine dell'età repubblicana un pretore di nome Publicio concesse a chi si fosse trovato in tale situazione un'actio in rem con cui l'alienatario avrebbe potuto reclamare la cosa acquistata da chiunque lo avesse privato del possesso. Parimenti concesse una exceptio per tutelarlo qualora il dominus (rimasto tale secondo il ius civile, ma non più proprietario nella sostanza) avesse rivendicato il bene.

Si creò dunque un sistema doppio di proprietà che vedeva da un lato il dominum ex iure Quiritium (tutelato ex iure civili), e dall'altro la proprietà tutelata dal ius honorarium e tecnicamente definita in bonis habere. Di tale situazione scrive il giurista romano Gaio nelle sue Istituzioni: «Sed postea divisionem accepit dominium, ut alius possit esse ex iure Quiritium dominus, alius in bonis habere» (Traduzione: Ma in seguito si ebbe una divisione del dominium, tale che è possibile che qualcuno sia dominus ex iure Quiritium e un altro abbia in bonis).

Divenuta ormai un orpello storico al tempo di Giustiniano, l'espressione tecnica Dominium ex iure Quiritium venne formalmente cancellata da una costituzione dell'imperatore che proclamò l'unicità del diritto di proprietà.

Disciplina della proprietà

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La disciplina principale del diritto di proprietà è dettata, nel nostro ordinamento dall'articolo 832 e successivi del codice civile e dall'articolo 42 e successivi della Costituzione. Il dettame congiunto delle due norme fissa i principi ed i limiti che regolano il diritto di Proprietà nell'ordinamento italiano.

Disciplina codicistica

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Secondo la nozione dell'art. 832, la proprietà è "il diritto di godere e disporre della cosa in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico."
Ma l'art. 832 in verità è una norma che, al costo di un notevole grado di astrazione, identifica gli elementi comuni ai vari contenuti che il diritto di proprietà può assumere in rapporto alle varie categorie di beni.

La proprietà, diritto assoluto

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Il diritto di proprietà è un diritto assoluto. E', cioè, una spettanza, una pretesa giuridica che l'ordinamento riconosce e tutela erga omnes (avverso tutti) e a favore di chi ne è titolare. Si usa anche dire che esso è un diritto soggettivo su una cosa, alludendo al potere (di appartenenza) che il proprietario ha nei confronti della cosa, oggetto del diritto. Si discute, in dottrina, se il diritto di proprietà sia o meno un rapporto giuridico patrimoniale, non senza la presenza di teorie intermedie. Gli autori che negano che la proprietà sia un rapp. giur. patr. fanno leva fondamentalmente sul carattere erga omnes e sull'assolutezza di questo diritto. L'esito di tale scelta interpretativa permette di ravvisare nella responsabilità aquiliana, extracontrattuale, l'azione prima a difesa della proprietà e, contestualmente, la relazione fra il titolare del diritto e la cosa diventa paradigma fondamentale di questo diritto assoluto. La diversa tesi affermativa poggia sulla lettera del codice che, alla definizione di contratto quale "accordo fra due o più parti teso a costituire, regolare o estinguere un rapporto giuridico", include implicitamente la proprietà fra i diversi rapporti giuridici, possibili oggetti di una negoziazione. In più si sostiene sull'idea che: 1) l'azione di rivendica sia lo strumento per eccellenza a difesa del diritto di proprietà 2) la responsabilità del possessore soccombente risulta essere identica a quella prevista per il debitore inadempiente, una responsabilità di tipo contrattuale, che necessita, cioè, di un previo rapporto giuridico: il possessore soccombente risponde, infatti, per fatto proprio ovvero non risponde per caso fortuito o per forza maggiore, così anche il debitore inadempiente.

La facoltà di godere della cosa

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È la facoltà di utilizzare la cosa (cosiddetta "disposizione materiale"). Implica il diritto di usarla, di non usarla, di decidere come usarla, di trasformarla, e, al limite, di distruggerla. Per le cose fruttifere implica il diritto di farsene propri i frutti.

La facoltà di disporre delle cose

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La cosiddetta "disposizione giuridica" della cosa. Implica la facoltà di venderla o di non venderla, di donarla, lasciarla per testamento a Tizio o a Caio, di costituire sulla cosa diritti reali minori o diritti reali di garanzia. O, secondo una diversa lettura dottrinale, il potere di disposizione si sostanzierebbe nella sola possibilità di appropriarsi o meno del valore economico del bene, relegando, così, la mera facoltà di alienare tra i poteri di godimento.

La pienezza del diritto di proprietà

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Il proprietario può fare della cosa tutto ciò che non sia espressamente vietato.
Quando sulla cosa siano istituiti diritti reali minori, la proprietà cessa di essere piena per diventare nuda proprietà. Tuttavia resta potenzialmente piena; nel momento in cui il diritto reale minore si estingue, il contenuto del diritto di proprietà si espande e riacquista, automaticamente, tutta la sua pienezza (cd. elasticità della proprietà).

L'esclusività del diritto di proprietà

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Il proprietario può escludere chiunque altro dal godimento e dalla disposizione della cosa (il diritto di proprietà rende legittima la pretesa del singolo di servirsi delle cose con esclusione degli altri). La pretesa del proprietario è protetta contro chiunque la violi (mediante norme del codice penale e con le azioni civili).

Limiti ed obblighi

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L'art. 832 introduce anche dei correttivi ai caratteri di pienezza ed esclusività del diritto di proprietà. Con essi l'ordinamento cerca il punto di equilibrio fra opposti interessi, fra quello del proprietario di godere e disporre della cosa a suo vantaggio e a suo piacimento e l'interesse della collettività ad un impiego della ricchezza che vada a vantaggio generale o quanto meno non arrechi pregiudizio alla collettività ed ai singoli.
Il volto concreto che (al di là dell'art. 832) il diritto di proprietà assume è quello che risulta dalla estensione e dalla qualità dei limiti alla proprietà e degli obblighi al proprietario che la mutevole legislazione in materia introduce.

I limiti alle facoltà di godere e disporre sono posti dal codice e soprattutto dalla legislazione speciale in rapporto alle diverse categorie di beni.
Generale limite alla facoltà di godimento è quello, risalente al diritto romano, del divieto di atti di emulazione (art. 833). Il proprietario non può utilizzare la cosa per compiere atti che non abbiano altro scopo se non quello di nuocere o recare molestia agli altri.
Più vasta possibilità di applicazione ha una norma ritenuta implicita nel sistema legislativo (e di cui l'art. 833 è una specificazione), che reprime ogni forma di abuso di diritto. Queso consiste nell'esercitare il diritto per realizzare interessi diversi da quelli in vista dei quali il diritto stesso è riconosciuto dall'ordinamento. Un altro limite al diritto di proprietà si trova all'articolo 844 riguardante le immissioni. l'articolo dispone che non si possono vietare esalazioni suoni rumori calore ecc.. che non superino la normale tollerabilità del luogo in cui vengono immesse.

Gli obblighi del proprietario sono anche essi relativi alle diverse categorie di beni. Per esempio, il proprietario del suolo deve consentire l'accesso al vicino che abbia necessità di entrarvi per eseguire opere sul proprio fondo.

Disciplina costituzionale e limitazioni

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Accanto, però, a questa amplissima prima definizione del diritto di proprietà, si stagliano anche delle profonde limitazioni. Da un lato lo stesso Codice Civile, limita l'esercizio del diritto di proprietà tramite il dettame della seconda parte dell'art 832 (che abbiamo sopra ricordato); difatti la norma stabilisce che, l'ordinamento giuridico, può limitare l'ampiezza e le modalità di esercizio del diritto. Allo stesso modo l'art 42 della nostra costituzione stabilisce (al secondo comma): "La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti." La norma appena citata da un lato di accompagna al dettato codicistico riconoscendo e garantendo il diritto di proprietà, dall'altro si preoccupa di limitare grandemente la libertà di esercizio del diritto stesso. La costituzione stabilisce che è la legge a determinare i modi di acquisto e di godimento del diritto, sottraendo all'autonomia privata la facoltà di scegliere liberamente le modalità di acquisto e di godimento del diritto.

I modi di acquisto della proprietà (come si vedrà in seguito) sono, quindi, tassativamente dettati dalla legge e non delegati all'autonomia negoziale. L'autonomia delle parti potrà (solamente) estrinsecarsi nella scelta fra le modalità che la legge prevede.

La funzione sociale della proprietà

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Altro elemento introdotto dall'art. 42 costituzione è la c.d. funzione sociale del diritto di proprietà. L'art. 42, comma 2° Cost. enuncia il principio secondo cui la legge determina, della proprietà privata, "modi d'acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti".
La "funzione sociale" della proprietà è la formula con la quale tutte le carte costituzionali a partire dalla Costituzione tedesca di Weimar del 1919 hanno ricercato un nuovo equilibrio tra interessi del singolo e bisogni della collettività.

Si tenga conto che per funzione si intende un potere riconosciuto ad un soggetto per soddisfare un interesse altrui.

La contraddizione apparente nella enunciata duplice natura della proprietà si può superare considerando che la funzione sociale da "assicurare" non va riferita alla proprietà privata come diritto sulle cose ma piuttosto alle cose oggetto di proprietà privata. La norma costituzionale esprime il bisogno di una destinazione per il vantaggio di tutti delle risorse e va riletta come riferentesi alla destinazione sociale della ricchezza. La funzione sociale si presenta così come un vincolo esterno al diritto di proprietà che lascia intatta la sua natura di diritto soggettivo, riconosciuto e garantito solo nell'interesse del proprietario.

Le implicazioni che potenzialmente si possono trarre dalla funzione sociale della proprietà sono molteplici (anche se mancano significative esperienze giurisprudenziali), a cominciare dall'area del diritto del lavoro.
È grazie a questa norma che (nel comma successivo) si prevede la facoltà di espropriazione della proprietà da parte dello Stato. Lo Stato avrà quindi la facoltà di spogliare il titolare del diritto di proprietà del diritto stesso (in cambio di un equo indennizzo), per realizzare (ad esempio) un'opera che vada a vantaggio della collettività, e realizzando così quella funzione sociale del diritto di proprietà espressa chiaramente dalla nostra costituzione.

Caratteristiche del diritto di proprietà

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Sono caratteristiche del diritto di proprietà:

  • Realità: la proprietà rientra tra i diritti reali, caratterizzati dalla assolutezza, dalla immediatezza del rapporto sulle cose, e dalla inerenza.
  • Pienezza: il diritto di proprietà consente al titolare di un bene di servirsi della cosa e di disporre del suo diritto trasferendolo ad altri o creando diritti altrui sulla cosa.
  • Elasticità: il diritto di proprietà in talune circostanze può essere compresso, ma caratteristica di tale diritto è che al cessare della causa che ha compresso il diritto, esso si riespande automaticamente.
  • Imprescrittibilità: il diritto di proprietà non si estingue per non uso. Va tuttavia segnalato che nell'inerzia del titolare altri potranno acquistare la proprietà sul bene, ricorrendone le condizioni, attraverso l'istituto dell'usucapione.
  • Perpetuità: una proprietà ad tempus non ha senso. Quindi il diritto di proprietà non si estingue con il passare del tempo.

Tipologie

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Le tre principali tipologie di proprietà identificate dal nostro codice civile sono:

Quando più persone condividono il diritto di proprietà su uno stesso bene, si parla di comunione o comproprietà.

Proprietà e gestione

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La proprietà di un soggetto pubblico o privato può essere separata dalla sua gestione.

Nelle società private questa separazione segna tipicamente il passaggio da una conduzione famigliare e cenralizzata dell'azienda ad una società diversificata per cliente, prodotto, e area geografica in cui opera. La crescita dimensionale così come i processi di internazionalizzazione comportano una maggiore complessità aziendale e di coordinamento.

Una gestione distinta dalla proprietà consente di affidare la società a persone che hanno capacità e competenze per la nuova realtà aziendale, anche all'interno della stessa conduzione famigliare. La separazione è anche di interesse per i proprietari che non desiderano impegnarsi nella conduzione dell'impresa, pur beneficiando dei suoi profitti.

La separazione della proprietà o della gestione fra soggetti privati, è un problema che si pone anche quando società di uno stesso gruppo integrate verticalmente (es. il proprietario di una rete di trasporti, telecomunicazioni, etc. ed uno degli operatori di rete) detengono consistenti quote di un mercato. La limitazione degli sbocchi di mercato e della concorrenza recano danno alla pubblica utilità (o all'"interesse economico generale" nella disciplina europea), e la legislazione prevede tre tipi di separazione (di proprietà e/o gestione):

1) Separazione organizzativa (funzionale o divisionale): vengono create due funzioni aziendali indipendenti con responsabili distinti e disciplina del conflitto di interesse di un responsabile nella funzioni che non sono di sua appartenenza;

2) Separazione societaria: vengono create due società con bilanci e contabilità interne separate, duplicazione di strutture a tutti i livelli dell'organigramma fino al Consiglio di Amministrazione; il pacchetto di controllo e la proprietà restano agli stessi soggetti.

3) Separazione patrimoniale: le due società devono avere una differente composizione azionaria, un diverso azionista di riferimento, limitazioni alle quot che una società può avere in entrambe, e vincoli per le partecipazioni incrociate fra le due società, in società collegate o controllate da entrambe.

Bibliografia

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  • Pasquale Fava, Paolo Giuliano, Francesco Sorano, La tutela della proprietà e degli altri diritti reali, Ed Maggioli, 2006
  • Bianca, La proprietà, Milano, Giuffré, 2004
  • A.G. Diana, La proprietà immobiliare, Giuffrè, Milano, 2004
  • Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2004
  • Pugliatti, La proprietà nel nuovo diritto, Milano, 1964
  • Vittorio Scialoja, Teoria della proprietà nel diritto romano, Roma, 1933