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La nuova fiscalità delle criptovalute

un anno fa - lunedì 5 dicembre 2022
Finora la fiscalità delle criptovalute è stata un po’ fumosa, ma ora il legislatore prova a definire meglio la questione. Vediamo le norme nella bozza della legge di bilancio 2023.

 

Criptovalute: la nuova fiscalità

Criptovalute: la nuova fiscalità

Gli articoli per la fiscalità delle cripto-attività (quindi anche criptovalute) nella bozza della legge di bilancio 2023 sono 5, dal 31 al 35. Le novità sono tante: dei dettagli restano da definire e qualcosa potrebbe cambiare nell’iter parlamentare. È, però, importante capire fin da subito a cosa si va incontro.

Tassazione plusvalenze: come le azioni, ma con franchigia

La tassazione delle plusvalenze legate a criptovalute è fissata al 26%, ma si paga solo se tale plusvalenza supera la franchigia di 2.000 euro nel periodo d’imposta. In pratica, se in un anno fai solo una compravendita di criptovalute e guadagni 1.000 euro, non sei tenuto a pagare le tasse. Attenzione: la franchigia di 2.000 euro tiene conto delle minusvalenze. Quindi, se fai nell’anno 30 operazioni con guadagni da 100 euro, ma sempre nel corso dell’anno ne fai una su cui perdi 10.000 euro, non dovrai pagare alcuna tassa (il bilancio è negativo per 7.000 euro). Puoi usare le minusvalenze nei 4 anni successivi alla data di realizzazione per pagare meno tasse, come avviene con le minusvalenze che hai, per esempio, con le azioni, ma sempre tenendo conto della franchigia di 2.000 euro – quindi se hai solo 1.000 di minusvalenze, non potranno essere usate in futuro.

 

La definizione delle plusvalenze con le cripto

Nella definizione della plusvalenza devi fare molta attenzione a tre cose. Primo: la plusvalenza è la differenza tra il corrispettivo percepito e il costo o valore d’acquisto. Rileva in qualunque modo sia denominata, archiviata o negoziata la criptovaluta (quindi non è che se le tieni su una chiavetta i guadagni non rilevano). Secondo: sei tenuto a documentare con elementi certi e precisi il costo d’acquisto della criptovaluta. In assenza, il costo d’acquisto sarà considerato pari a 0 e il 26% si applicherà, dunque, non sulla plusvalenza, ma su tutto l’introito percepito. Terzo: la permuta tra “cripto-attività” aventi medesime caratteristiche e funzioni non genera plusvalenze tassabili. Significa che passare da una criptovaluta all’altra non genera reddito sottoposto a tassazione. Assume, invece, rilevanza fiscale la conversione della criptovaluta in euro o altra valuta fiat – a corso legale.

 

Una sorta di affrancamento sulle cripto

Non hai i documenti che attestano il valore d’acquisto delle tue criptovalute e non vuoi pagare il 26% su tutto l’introito? Il Fisco ti offre la possibilità di “affrancare” il valore delle tue criptovalute al 31/12/2022 pagando un’aliquota del 14%. In pratica, hai bitcoin che al 31/12/2022 hanno un controvalore di 20.000 euro? Puoi pagare il 14% su questo controvalore (quindi 2.800 euro di tasse) e “fissare” come valore d’acquisto proprio i 20.000 euro, quindi il valore al 31/12/2022. Questo significa che se poi rivenderai le tue stesse criptovalute dopo qualche anno e queste saranno ulteriormente salite, pagherai solo il 26% di tasse solo sulla differenza tra valore di vendita e valore al 31/12/2022 (salvo franchigia). Senza “affrancamento” e senza certificazione del costo d’acquisto, avresti, invece, in caso di ulteriore rialzo delle criptovalute, pagato di più. La convenienza della scelta, comunque, sta a te, in quanto i fattori in gioco da considerare sono molti: dipende dal valore d’acquisto delle tue criptovalute (se irrisorio perché magari le avevi comprate tanti anni fa potrebbe convenire), dall’esistenza o meno della certificazione di tale costo e dall’andamento futuro delle criptovalute – se dovessero continuare a perdere valore nei prossimi mesi potresti aver pagato subito tasse inutilmente.

 

La tassazione degli altri proventi e la patrimoniale

Ci sono altre due novità importanti. Primo: gli eventuali proventi derivanti dalla detenzione di criptovalute – si pensi al cosiddetto fenomeno dello staking, ovvero l’ottenimento di interessi solo per tenere depositate e “bloccate” per qualche tempo le proprie criptovalute – sono tassati al 26% come redditi diversi e non come redditi di capitale – questo lascia intendere che, quindi, possano essere compensati da minusvalenze pregresse. Secondo: come su tutti gli altri strumenti finanziari viene introdotto il pagamento di un’imposta di bollo sul valore delle criptovalute detenute alla fine dell’anno. L’aliquota, come accade sugli altri strumenti finanziari in deposito titoli, è pari allo 0,2% annuo e si applica anche se non viene effettuata comunicazione in merito alla consistenza della criptovaluta. Qui il dubbio resta su cosa considerare come controvalore per l’applicazione della tassa – le criptovalute non hanno né un valore ufficiale di mercato (non esistono cambi ufficiali, ma variano da una piattaforma a un’altra), né un valore nominale, quindi è possibile che valga il costo d’acquisto. 

Il monitoraggio fiscale: la sanatoria

Al di là della patrimoniale, in ogni caso, a fine anno, devi sempre dichiarare al Fisco quante criptovalute hai, anche se si tratta solo di una manciata di euro e le tieni solo su una chiavetta fisica. Lo devi fare compilando il quadro RW del modello Redditi – va fatto anche se non presenti la dichiarazione dei redditi. Questo non cambia rispetto al passato. Ti sorprende? Ebbene hai la possibilità di sanare le mancate dichiarazioni passate. Se hai criptovalute che non hai mai dichiarato e su queste non hai ottenuto redditi aggiuntivi, puoi dichiarare il loro valore e pagare una sanzione pari allo 0,5% del controvalore non dichiarato anno per anno (considera che sui mancati obblighi dichiarativi la sanzione può arrivare anche al 30%). Se, invece, hai percepito redditi (interessi, plusvalenze…) sulle criptovalute e non hai dichiarato nulla puoi sanare la posizione pagando una sanzione aggiuntiva (allo 0,5% su citato) del 3,5% sul valore delle criptovalute non dichiarate. Per sanare la posizione dovrai presentare tu una dichiarazione che sarà approvata con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate. 

 

L’impatto normativo previsto dal Governo è molto rilevante e va a incidere pesantemente sul Testo Unico delle imposte sui redditi. Fino ad oggi, invece, mancava una definizione legislativa di questo tipo e ci si è affidati solo a dei pareri nel tempo espressi dall’Agenzia delle Entrate. Proprio i pareri fin qui espressi dall’Agenzia delle Entrate, che tendevano a equiparare le criptovalute alle valute estere, sono stati di fatto rigettati da questo nuovo impianto normativo. Prima, infatti, dovevi pagare tasse sulle plusvalenze ottenute su criptovalute solo se nel corso dell’anno avevi tenuto criptovalute (e valute estere) per una cifra superiore a 51.645,69 euro per più di 7 giorni lavorativi consecutivi nel corso dell’anno. Una bella franchigia che ora sparisce e, come diciamo a fianco, è ridotta a 2.000 euro (ma relativa al valore delle plusvalenze e non al valore delle criptovalute detenute).

Non sottovalutare la previsione della dimostrazione dei valori d’acquisto con elementi certi e precisi: difficilmente le piattaforme di criptovalute rilasciano certificazioni “ufficiali”.

L’imposta del 14% derivante dall’affrancamento può essere rateizzata in tre rate annuali a partire dal 30 giugno 2023 (prima rata o importo totale). Le due rate successive, però, sono maggiorate da interessi del 3%.

Anche quella del bollo è una deviazione dall’impostazione precedente che non prevedeva il pagamento di alcuna tassa sul possesso della criptovaluta – assimilando di fatto ai contanti. Ed è una tra le norme più contestate, visto che non prevede esenzioni.

L’impianto normativo prevede un aiuto dichiarativo: gli intermediari italiani, compresi quelli che operano solo in criptovalute, potranno dal 2023 offrire il regime amministrato, gestendo, quindi, per te non solo le incombenze relative al pagamento delle imposte sulle plusvalenze, ma anche quelle di tipo dichiarativo (in tal caso, dunque, non dovrai presentare il modulo RW). Non potranno sanare il passato.

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