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Criptovalute: addio al far west?

12 giorni fa - lunedì 24 giugno 2024

Sono oggi al varo del governo nuove norme che regolamenteranno il mondo delle criptovalute. Per la loro definitiva e completa applicazione ci vorrà un po’ di tempo, ma la strada è segnata.

Il governo per stare al passo con le normative europee ha deciso di regolamentare gli emittenti specializzati di token.

Il governo per stare al passo con le normative europee ha deciso di regolamentare gli emittenti specializzati di token.

Con un decreto in approvazione oggi il Governo vuole dire la sua anche sul mondo delle criptovalute che, per sua natura, è stato sempre pensato per sfuggire ad ogni regola, ma che, col tempo, ha visto sempre più su di sé gli occhi delle istituzioni pubbliche tanto che già da tempo ti avevamo detto delle nuove normative a livello europeo. Lo fa anche per mettersi al passo con l’Europa.

La cosa non ti deve stupire: se un tempo le criptovalute erano come il “dark web” qualcosa associato nei peggiori dei casi alla criminalità e nei migliori alla pirateria informatica, nel corso del tempo hanno avuto un successo così ampio e vasto che sono diventate un fenomeno di massa, interessando sempre più persone (e quindi le autorità statali).

Che un fenomeno sia di massa, infatti, non vuol dire privo di pericoli. Anzi: per loro natura asset assai volatili e di difficile comprensione, hanno attratto soprattutto speculatori e persone intenzionate a fare soldi in fretta, o comunque gente desiderosa di scommettere sulla blockchain come importante innovazione (per alcune considerazioni sulla loro pericolosità vedasi le affermazioni della commissaria Crenshaw della Sec, la Consob americana, che abbiamo citato qui).

Questo, insieme alla natura giuridica sfuggente delle criptovalute (e di tutto ciò che è correlato all’uso delle tecnologie sottostanti, come gli Nft), ha creato a volte una pericolosa sovrapposizione con i titoli finanziari tradizionali portando anche a importanti cause di fronte alle autorità Usa (vedasi per esempio il caso dei Toncoin).

Il decreto in via di approvazione a grandi linee

Innanzitutto, attraverso un decreto legislativo sono definite le autorità nazionali competenti a occuparsi di criptoattività (la normativa parla di token ed è, quindi, come oggetto più ampia rispetto alle sole criptovalute) che sono Consob e Banca d’Italia (articolo 3 del decreto) a cui sono attribuiti poteri di vigilanza e di indagine (articolo 4) e anche di emanare regolamenti (articolo 5).

In secondo luogo, una volta stabilito che vi sono tre tipologie di token (collegati ad attività, di moneta elettronica e legati a criptoattività diverse dalle precedenti) la legge stabilisce che l’autorizzazione all’emissione di token collegati a delle attività viene regolamentati (articolo 11) e viene stabilita una vigilanza sugli emittenti stessi (articolo 12) che richiama la vigilanza che viene fatta sui normali titoli finanziari.

Il decreto poi regolamenta chi svolge servizi legati alle criptovalute (articolo 16, 17 e 18).

Ulteriori norme (articolo 19 e 26) impongono la separazione del patrimonio degli emittenti dei Token a seconda del tipo di token emesso.

Una parte importante (quella più pubblicizzata sui vari siti di notizie) riguarda le sanzioni penali, per cui chi offre token, li emette o presta servizi ad essi legati senza rispettare la normativa vigente. Si parla di una pena che va da 6 mesi a 4 anni di reclusione e a una multa che può arrivare oltre i 10.000 euro. Accanto alle sanzioni penali c’è un corposo elenco di sanzioni amministrative che, si sa, in Italia possono anche fare più male di quelle penali, perché il processo penale è di norma lungo e pieno di tutele per chi è imputato.

L’ultima parte della normativa parla del regime transitorio, visto che il legislatore non si attende che tutti gli operatori del settore si possano adeguare in uno schiocco di dita, ma ci vorrà un po’ di tempo perché l’intero quadro normativo sia messo pienamente in funzione.

Ma, in concreto come cambiano le cose in Italia?

In concreto la normativa cerca di fare chiarezza tra diverse tipologie di criptoattività e pone dei punti di riferimento (Consob e Banca d’Italia) all’interno del settore con precisi poteri e competenze. Per certi versi chiude un buco normativo e per altri definisce delle chiare responsabilità per cui sarà più facile perseguire chi dovesse approfittarsi degli investitori.

La cosa che non cambia, e qui è il punto fondamentale, è il rischio insito in questo genere di investimenti. Il legislatore può rendere più sicuro il contesto giuridico, stringere le maglie per evitare possibili truffe, ma al netto di chi si prende gioco della buona fede degli investitori, investire in criptovalute resta un mestiere alquanto pericoloso. E questo nessun legislatore può impedirlo.

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