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Chi siamo

Torcha è un progetto editoriale di informazione sui social media. Il nostro obiettivo è informare i giovani sull’attualità, la politica e l’economia, con contenuti pensati e creati per essere consumati dove passano il loro tempo.

Sito Web
http://torcha.it
Settore
Contenuti audio e video online
Dimensioni dell’azienda
11-50 dipendenti
Sede principale
Milano
Tipo
Società privata non quotata
Data di fondazione
2020
Settori di competenza
editoria, social media, informazione, news media e news

Località

Dipendenti presso Torcha

Aggiornamenti

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    Le dimissioni di un dipendente costano all'azienda la metà del suo stipendio Il turnover aziendale, che misura la frequenza con cui i dipendenti lasciano un'azienda e vengono sostituiti, è un indicatore fondamentale della salute organizzativa e della soddisfazione dei lavoratori. Si dice spesso che "le persone entrano in un'azienda ma lasciano un capo", suggerendo che una cattiva gestione sia una delle principali cause di turnover. Un turnover elevato può derivare da vari fattori, tra cui insoddisfazione lavorativa, mancanza di opportunità di crescita, retribuzioni inadeguate o una cultura aziendale negativa. Per evitare un alto livello di turnover, le politiche di flessibilità e welfare sul posto di lavoro sono diventate cruciali. Queste politiche non solo migliorano il buonumore dei collaboratori, ma sono anche strategie essenziali per aumentare l'engagement, limitando così il turnover volontario e riducendo il suo impatto economico significativo. In Italia, il turnover medio è di circa 5,5 anni, una cifra che rispecchia la media europea (5,4 anni), e e varia a seconda del settore e della regione. Ad esempio, il settore pubblico vede dipendenti restare più a lungo rispetto al privato, mentre il Nord Italia registra una maggiore mobilità lavorativa rispetto al Sud. La dimissione di un lavoratore ha un costo medio per l’azienda pari a circa il 50% della RAL del dipendente che lascia. L’impatto negativo per l’azienda è quindi compreso tra €11.000 e €13.000 (su un valore di RAL media a livello nazionale). Questo calcolo include spese di assunzione, onboarding, e il tempo necessario affinché il nuovo assunto raggiunga un livello di performance soddisfacente. Sebbene calcolare il costo reale del turnover sia complesso, alcuni fattori principali sono identificabili: i costi di recruiting (annunci, colloqui, screening), le spese per l'onboarding, e i costi per la formazione. Oltre ai costi economici, un ambiente di lavoro instabile può demotivare i dipendenti e danneggiare la reputazione dell'azienda. Un turnover elevato può anche influire negativamente sul morale e sulla coesione del team, rendendo difficile mantenere un ambiente di lavoro produttivo e soddisfacente. Un'indagine di Willis Tower Watson ha rilevato che un neo-assunto su tre lascia il lavoro entro i primi due anni. Questo suggerisce che le organizzazioni dovrebbero rivedere le loro politiche, non solo selezionando i candidati più adatti, ma anche modellando il posto di lavoro per soddisfare meglio le esigenze dei dipendenti. Una leadership inadeguata è spesso un fattore chiave che spinge i lavoratori a dimettersi, soprattutto quando mancano opportunità di sviluppo professionale. Quali sono state le vostre esperienze con il turnover aziendale? 💬👇🏻 #economia #turnover #wellbeing #attualità #LinkedIn #torcha

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    Gli italiani lavorano in media quasi 33 anni Secondo i dati Eurostat, un giovane italiano di 15 anni può aspettarsi di trascorrere circa 32,9 anni nel mercato del lavoro, un valore inferiore alla media dell'Unione Europea di 36,9 anni. Questo pone l'Italia tra i Paesi con la durata di vita lavorativa più breve, superando solo la Romania che registra una media di 32,2 anni. Un aspetto rilevante riguarda il divario di genere nella durata della vita lavorativa. In Italia, gli uomini lavorano in media 37,2 anni, mentre le donne 28,3 anni, risultando in un gap di quasi nove anni. Questo divario è tra i più ampi in Europa, con una differenza media europea di 4,3 anni tra uomini e donne. In confronto, Paesi come la Lituania e l'Estonia presentano un gap negativo, dove le donne lavorano leggermente più degli uomini. Questo gap non è solo una questione di equità di genere, ma riflette anche le sfide strutturali e culturali che le donne italiane affrontano nel mercato del lavoro. Mentre in molti Paesi del Nord Europa le donne lavorano quasi quanto gli uomini, o addirittura di più, in Italia le barriere sono ancora significative. #attualità #vitalavorativa #gap #eurostat #LinkedIn #torcha

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    La strategia è anche scegliere cosa non fare Ogni giorno ci troviamo di fronte a una miriade di decisioni che competono per la nostra attenzione e risorse. Ma le organizzazioni di successo si distinguono non solo per le scelte che fanno, ma soprattutto per ciò che decidono di non fare. Secondo un sondaggio fatto da McKinsey, il 37% dei manager riferisce che il tempo passato in riunioni improduttive è una delle principali fonti di inefficienza organizzativa. Inoltre, il 70% degli intervistati ha ammesso che gran parte delle riunioni a cui partecipa non serve a prendere decisioni importanti o a generare nuove idee. Questi dati ci mostrano quanto sia cruciale essere selettivi. Dire "no" non è una rinuncia, ma un investimento: ogni "no" permette di concentrare tempo ed energie su progetti che veramente contano e che possono fare la differenza per il futuro dell'azienda. Non è solo una questione di efficienza, ma di strategia. Focalizzarsi su meno obiettivi ma di maggiore impatto può essere la chiave per emergere in un mercato competitivo. Ricorda, la tua leadership non è una risorsa infinita. Impara a proteggere il tuo tempo come se fosse un capitale prezioso. Ogni giorno, chiediti: "Questo progetto o questa riunione sono essenziali per i nostri obiettivi strategici?" Se la risposta è no, considera seriamente di eliminarli dalla tua agenda. Il vero talento non sta in quanti progetti gestiamo, ma in quanti decidiamo di non fare. #riflessioni #strategia #diredino #motivazionale #LinkedIn #torcha

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    Oltre il 70% dei Neet italiani ha svolto lavori in nero per mantenersi Il recente rapporto “Lost in transition” del Consiglio nazionale dei giovani (Cng) rivela che il 74,8% dei Neet italiani ha dichiarato di aver svolto lavori in nero per mantenersi. La situazione è particolarmente critica nelle grandi città, dove la percentuale di Neet che hanno lavorato in nero raggiunge l'88,9%. L'indagine evidenzia significative differenze tra i Neet residenti nelle aree urbane e quelli delle zone interne del paese. Nei centri urbani, il 65,3% dei Neet possiede almeno un diploma o una laurea, mentre nelle aree rurali questa percentuale scende al 9,6%. Questo gap educativo si traduce anche in una diversa percezione e gestione della propria condizione: i Neet delle città sono più propensi a cercare attivamente soluzioni, anche informali, per guadagnarsi da vivere. Un altro spetto emerso dall'indagine è il livello di indipendenza economica raggiunto attraverso il lavoro nero. Circa la metà dei Neet che vivono nelle città dichiara di aver ottenuto una certa autonomia economica grazie al lavoro in nero queste attività, contrariamente ai Neet delle aree interne, dove questa quota è significativamente inferiore. Nelle zone interne, infatti, solo il 53,6% dei Neet ha dichiarato di aver svolto lavori in nero, evidenziando una minore partecipazione al mercato del lavoro, anche irregolare. #attualità #neet #lavoronero #economia #LinkedIn #torcha

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    Dove sono gli italiani all'estero Secondo l’Istat, negli ultimi 15 anni la mobilità italiana è cresciuta dell’87%. Sono molti gli italiani che decidono di andare a vivere all’estero. Tra i motivi ci sono una maggiore offerta di posti di lavoro, condizioni di impiego migliori, stipendi più alti, ma anche servizi più efficienti e condizioni previdenziali più agevoli. A partire sono soprattutto i giovani, l’età media degli italiani all’estero è di 43 anni, ma varia in base al Paese di riferimento: è di 33 in Austria, ad esempio, e di 58 per chi risiede in Canada. Il cittadino italiano che si trasferisce stabilmente all’estero deve chiedere all’ufficio consolare competente per territorio l’iscrizione all’AIRE, l’anagrafe degli italiani residenti all’estero, ed è sulla base di questi dati che possiamo valutare quali sono le città e le zone limitrofe che scelgono gli italiani all’estero. Il consolato con la più alta presenza di Italiani è quello di Londra, dove nel 2022 risultavano risiedere quasi 375mila italiani. Nonostante la Brexit, il numero di italiani a Londra e in Gran Bretagna non è calato negli ultimi anni. L’Italia rimane il primo Paese per expat in Gran Bretagna, superando la Polonia. L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea ha bloccato la libera circolazione delle persone. Chi emigra deve essere in possesso di un visto, i turisti di un passaporto, ma questo non ha limitato i flussi migratori verso Londra e altre città del Paese. Gli italiani iscritti alla sede consolare di Londra sono per lo più uomini. Segue Buenos Aires, dove però ci sono più donne e l’età media è di 49 anni. La maggior parte degli expat italiani si dirige in un Paese europeo. C’è poi l’America Latina verso la quale nel 2022 gli espatri sono stati quasi 7mila. I Paesi in cui emigrano i cittadini italiani sono il Regno Unito, la Germania, la Francia, la Svizzera e la Spagna. Verso i Paesi dell’America Latina si dirigono soprattutto i cittadini italiani nati all’estero, cioè persone arrivate in Italia per acquisite la cittadinanza italiana iure sanguinis, che poi fanno rientro nel Paese di origine. #attualità #expat #migrazioni #UE #LinkedIn #torcha

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    I recruiter dedicano solo 6 secondi alla lettura di un CV 6 secondi: questo è il tempo medio riportato da Work It Daily che i recruiter dedicano a ogni curriculum. In questo brevissimo lasso di tempo, è fondamentale catturare l'attenzione e comunicare efficacemente le proprie competenze ed esperienze. Cosa fare per assicurarti che il tuo CV attiri l'attenzione dei recruiter? Ecco alcuni consigli: Titolo chiaro e specifico Inizia il tuo CV con un titolo professionale che rifletta esattamente il ruolo per cui ti stai candidando, ad esempio "Project Manager IT" o "Esperto di Social Media Marketing". Questo aiuta i recruiter a capire immediatamente il tuo settore di competenza. Profilo professionale breve e mirato Inserisci un breve profilo professionale subito dopo il titolo. Questo dovrebbe essere un paragrafo di 2-3 frasi che riassume le tue qualifiche principali, esperienze rilevanti e obiettivi di carriera, sempre allineati con il ruolo per cui ti candidi. Uso strategico delle parole chiave Identifica e inserisci le parole chiave presenti nell'annuncio di lavoro. Queste parole devono essere distribuite nel CV, soprattutto nelle sezioni relative alle esperienze lavorative e alle competenze. Competenze tecniche e soft skills Assicurati di includere quelle più rilevanti per la posizione desiderata, ad esempio competenze in software specifici o abilità come la comunicazione efficace e la gestione del tempo. Risultati quantificabili Descrivi le tue esperienze lavorative concentrandoti sui risultati raggiunti. Usa numeri e dati concreti per dimostrare il tuo impatto, ad esempio "Aumentato il traffico web del 50%" o "Gestito un budget di 100.000€ per progetti di marketing". Ordine cronologico inverso Elenca le tue esperienze lavorative partendo dalla più recente. Questo aiuta i recruiter a vedere subito le tue esperienze più attuali e rilevanti. Formattazione chiara e leggibile Mantieni il design del tuo CV semplice e professionale. Usa un font chiaro e leggibile, e suddividi il testo con titoli e sottotitoli. Personalizzazione per ogni candidatura Non inviare lo stesso CV a ogni offerta di lavoro. Personalizza il contenuto del CV per ogni candidatura, mettendo in evidenza le esperienze e le competenze più rilevanti per la specifica posizione. 💼 Ultimo consiglio: Prima di inviare il tuo CV, rileggilo con attenzione per assicurarti che non ci siano errori grammaticali o di battitura. Un CV ben curato dimostra professionalità e attenzione ai dettagli. Oltre a un CV ben curato e privo di errori, è essenziale anche gestire con attenzione la propria presenza online, soprattutto su LinkedIn. Avete altri consigli da condividere? 💬👇🏻 #economia #cv #recruiter #consigli #LinkedIn #torcha

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    Sempre più persone stanno scoprendo i benefici dei periodi sabbatici che vanno oltre le classiche ferie. Ma cos'è esattamente un periodo sabbatico e perché è diventato così popolare? Un periodo sabbatico è una pausa prolungata dal lavoro che può durare da pochi mesi a un anno intero. A differenza delle ferie tradizionali, un sabbatico è pensato per permettere un vero e proprio reset, lontano dallo stress e dalla routine quotidiana. Anche in Italia, sempre più lavoratori scelgono di prendersi un periodo sabbatico. Questo trend è in crescita soprattutto tra coloro che cercano di evitare il burnout e desiderano esplorare nuovi orizzonti, sia professionalmente che personalmente. Dopo la pandemia, molti hanno rivalutato le proprie priorità e scelto di dedicare tempo a viaggi, studio o semplicemente al riposo. Sempre più aziende stanno riconoscendo i benefici dei sabbatici e offrono questa possibilità ai loro dipendenti come strumento per combattere lo stress e migliorare la soddisfazione lavorativa. Avete mai pensato di fermarvi per un anno? Se sì, fateci sapere perché vorreste prendervi un anno sabbatico partecipando al nostro sondaggio 👇🏻💬 #attualità #annosabbatico #pausa #sondaggio #LinkedIn #torcha

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    Italia al 21° posto tra i 34 Paesi OCSE per retribuzione media annua Secondo il recente report JP Salary Outlook dell'OCSE, l'Italia si posiziona quasi nella top 20 dei paesi con i salari medi annui più alti. Con una media di 44.893 euro a parità di potere d’acquisto (PPA), il nostro paese ha registrato una crescita dell'1,8% rispetto all'anno precedente. Tra i 34 paesi OCSE analizzati, l'Islanda occupa il primo posto con uno stipendio medio annuo di 79.473 euro. Seguono Lussemburgo e Stati Uniti, con 78.310 e 77.463 euro rispettivamente. All'estremo opposto della classifica si trovano Grecia e Messico, con stipendi medi intorno ai 16.600 euro. Nonostante l'Italia si trovi al 21° posto tra i 34 Paesi dell'OCSE, la sua retribuzione media annua rimane significativamente più bassa rispetto alla media OCSE di 53.416 euro. La differenza di 8.523 euro evidenzia una posizione meno favorevole rispetto a nazioni come Germania, Regno Unito e Francia. Tuttavia, i salari italiani sono superiori a quelli di paesi come Israele, Spagna e Giappone. Nel 2023, la retribuzione annua lorda (RAL) in Italia è aumentata dell'1,8% rispetto al 2022, con un incremento complessivo del 7,5% negli ultimi otto anni. Tuttavia, persistono problemi cronici come la crescita lenta delle retribuzioni nelle grandi aziende e la differenza salariale tra uomini e donne, che si attesta al 7,3%. In Italia, il divario salariale tra Nord e Sud rimane significativo, con una differenza media di circa 3.700 euro. Le regioni con le retribuzioni più alte includono Trentino-Alto Adige, Lombardia, Lazio, Liguria e Piemonte, mentre la Basilicata registra i salari più bassi. #economia #ocse #italia #attualità #LinkedIn #torcha

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    Il tasso di occupazione dei laureati è 11 punti percentuali più alto di quello dei diplomati I nuovi dati Istat sui livelli di istruzione e sui benefici di avere una laurea o un diploma nel mercato del lavoro indicano che investire nello studio potrebbe essere vantaggioso. Il tasso di occupazione dei laureati di età compresa tra i 25 e i 64 anni nel 2023 è stato dell'84,3%, superando di 11 punti percentuali quello dei diplomati, che è del 73,3%. Per i giovani under 35 che hanno completato gli studi da uno a tre anni, il divario è ancora più marcato: 75,4% per i laureati rispetto al 59,7% dei diplomati. lnoltre, l'accesso all'istruzione superiore è più facile per chi proviene da famiglie con un alto livello di istruzione. Quasi un quarto dei giovani i cui genitori hanno un basso livello di istruzione abbandona precocemente gli studi, e solo poco più del 10% raggiunge il titolo terziario. Al contrario, se almeno un genitore è laureato, solo il 2% dei figli abbandona gli studi e circa il 70% consegue una laurea. Questo evidenzia l'importanza del contesto familiare nel determinare le opportunità educative dei giovani. Confrontando i dati italiani con quelli degli altri Paesi dell'Unione Europea, emerge una notevole distanza sia nei livelli di istruzione sia nei tassi di occupazione. L'Italia è ultima nell'UE per l'occupabilità dei giovani diplomati e penultima per i laureati. Solo il 30,6% dei giovani italiani tra i 25 e i 34 anni possiede un titolo terziario, contro un obiettivo europeo del 45%. La differenza rispetto a Paesi come la Francia e la Spagna è di oltre 21 punti percentuali. Questo gap si riflette anche nei tassi di occupazione: il tasso di occupazione dei laureati italiani tra i 30 e i 34 anni è dell'84%, inferiore di 5,2 punti rispetto alla media UE dell'89,2%. Infine, il divario Nord-Sud è ancora evidente. La popolazione tra 25 e 64 anni residente nel Mezzogiorno è meno istruita rispetto a quella del Centro-Nord: il 39,6% ha un titolo secondario superiore e il 18,1% ha un titolo terziario. Nel Nord e nel Centro le percentuali sono superiori al 45% e al 22%. Anche i tassi di occupazione riflettono queste differenze: nel Mezzogiorno il tasso di occupazione dei laureati è del 76,4%, contro l'88,3% del Nord. #economia #occupazione #educazione #attualità #LinkedIn #torcha

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    Le città italiane dove il costo della vita è aumentato di più L’Istat ha reso noti i dati territoriali dell’inflazione di giugno. Il tasso di inflazione su base annua è al +0,8%, ma ci sono alcune città “particolarmente costose”. L’Unione Nazionale Consumatori ha realizzato uno studio che ha stabilito la top 10 delle città in cui il costo della vita, nel corso del 2024, è aumentato di più. In testa c’è Siena, che, con l’inflazione più alta, +2,6%, registra anche la maggior spesa aggiuntiva su base annua, ovvero 663 euro. Medaglia d’argento per Pisa, dove l’incremento di spesa è di 408 euro a famiglia. Medaglia di bronzo per Benevento ha una spesa supplementare pari a 406 euro annui per una famiglia media. Ma ci sono anche città virtuose? Ci sono 3 città che sono in deflazione. Al primo posto Biella dove la deflazione pari a -0,4% si traduce nel maggiore risparmio, pari per una famiglia media a 93 euro su base annua. Medaglia d’argento per Campobasso (-0,4%, -83 euro), seguita da Caserta (-0,2%, -43 euro). Se invece si considerano le regioni, quelle più costose in ordine sono il Veneto, la Toscana e il Friulia Venezia Giulia, mentre quelle in deflazione sono il Molise, la Valle d’Aosta e l’Abruzzo. #attualità #costodellavita #istat #inflazione #LinkedIn #torcha

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