Buoni pasto in busta paga

Sempre meno esercenti accettano i buoni pasto per via delle elevate commissioni. Chiediamo al Governo di permettere alle aziende di mettere quei soldi direttamente nelle buste paga dei lavoratori, senza perdere i benefici fiscali. E in attesa di questa modifica chiediamo nel frattempo una riduzione delle commissioni di incasso fatte pagare agli esercenti dalle aziende che emettono buoni pasto.

Chi li prende, lo sa: ormai sempre meno bar, ristoranti, tavole calde e supermercati accettano i buoni pasto. E dove li accettano ci sono sempre più restrizioni sul numero massimo (in genere non più di 8), i giorni della settimana in cui si possono utilizzare (ad esempio non nei weekend e a cena) e talvolta si è costretti a pagare delle piccole commissioni per poterli usare.

Nel 2022 è stato modificato il Codice degli appalti ed inserito un tetto del 5% alle commissioni di incasso applicate dalle società che emettono buoni agli esercenti quando si tratta di buoni soggetti alle gare d’appalto della Pubblica Amministrazione. Da tempo, infatti, le sigle del settore avevano chiesto di fermare le gare al massimo ribasso della Pubblica Amministrazione, causa principale della risalita delle commissioni fino al 20% e dell’erosione dei margini di guadagno degli esercenti. Meccanismo che le aziende che emettono buoni pasto usano anche con i datori di lavoro privati; per convincerli fanno loro pagare i buoni pasto meno del valore nominale e scaricano poi lo sconto sulle commissioni che fanno pagare all’incasso agli esercenti.

Se dovesse continuare la tendenza degli esercenti a non accettare più i buoni come metodo di pagamento, il rischio per i lavoratori è che si trovino in tasca "soldi" che non possono più essere spesi (o spesi con molte difficoltà). Il problema, quindi, è più complesso. Non riguarda peraltro solo i buoni pasto dei dipendenti della PA (1/3 del totale) ma anche le aziende private. Per questo motivo chiediamo al Governo che le aziende italiane possano scegliere anche la strada di mettere il corrispettivo dei buoni pasto direttamente nelle buste paga dei propri dipendenti, senza perdere i benefici fiscali di cui godono i buoni. Lo Stato, infatti, concede vantaggi fiscali alle aziende che li acquistano per i loro dipendenti (permettendo loro di scaricare l'intero importo) ma anche ai lavoratori stessi che si ritrovano in tasca "soldi" che non contribuiscono ad aumentare l'imponibile per le tasse.

Nel frattempo, in attesa di questa modifica sostanziale, chiediamo che il tetto del 5% alle commissioni di incasso applicate agli esercenti venga previsto anche per i buoni pasto dei dipendenti del settore privato che rappresentano i 2/3 del totale dei buoni pasto in circolazione. In effetti le alte commissioni di incasso disincentivano gli esercenti ad accettare i buoni pasto, colpendo così direttamente i lavoratori per i quali i buoni pasto rappresentano una disponibilità monetaria mensile importante anche per comprare beni alimentari di prima necessità.

Commissioni alle stelle per gli esercenti 

Le condizioni fiscali di favore hanno fatto fiorire il giro d'affari dei buoni pasto, che oggi è stimato in 3,2 miliardi di euro. Di recente, però, sempre più esercenti e parte della grande distribuzione vedono di cattivo occhio questo sistema di pagamento: il problema sono le elevate commissioni di incasso che bar, ristoranti e supermercati devono sborsare alle aziende che emettono i buoni (Edenred, Pellegrini, Sodexo...). Commissioni in media comprese tra il 10% e il 20% del valore del buono: per una spesa di 10 euro, ad esempio, l'esercente ne incassa in pratica solo 8. Ma l’ostacolo principale è che la scelta dei buoni pasto la fanno i datori di lavoro e non gli esercenti o i lavoratori; e i datori di lavoro vengono convinti soprattutto dagli sconti rispetto al valore nominale del buono concessi dalle società emittenti; le quali possono permettersi tutto ciò ed anche sconti fino al 20% solo perché fanno pagare commissioni del 20% agli esercenti.

Soldi in busta paga al posto dei buoni pasto

Chiediamo al Governo e al Parlamento una modifica legislativa per far sì che il denaro arrivi direttamente in busta paga ai lavoratori mantenendo per aziende e dipendenti le agevolazioni fiscali oggi previste per i buoni pasto. Per fare questo occorre rendere esentasse le indennità di mensa in busta paga per tutti i lavoratori fino a un certo valore giornaliero: fino ad 8 euro come gli attuali buoni pasto elettronici o meglio fino a 10 euro per rendere il nuovo meccanismo più vantaggioso. Attualmente, infatti, la non imponibilità della indennità di mensa è riservata solo ad alcune categorie di lavoratori e ha il limite di 5,29 euro al giorno. Estendendo l'indennità di mensa a tutti i lavoratori i vantaggi sarebbero evidenti per tutti. 

Quali vantaggi per lavoratori e aziende

I vantaggi sarebbero evidenti per i lavoratori che potrebbero vedere crescere i soldi disponibili in busta paga (peraltro al netto di tasse e contributi) e per i datori di lavoro che avrebbero benefici:

  • fiscali per la deducibilità delle somme erogate ai fini Ires ed Irap come peraltro accade per i buoni pasto;
  • amministrativi, visto che potrebbero gestire in modo più snello e semplice il capitolo di bilancio dedicato alle spese per i pasti dei dipendenti, aggiungendo di fatto solo una voce alla busta paga;
  • sul clima aziendale, visto che aumenterà la soddisfazione dei lavoratori; il dipendente avrebbe una somma di denaro in busta paga ogni mese senza doversi porre il problema di poterla effettivamente spendere (cosa sempre più probabile con i buoni pasto).

Come realizzare la proposta 

Occorre lavorare sul TUIR (testo unico delle imposte sui redditi DPR 917/1986) per dare la possibilità ai datori di lavoro di versare in busta paga al lavoratore una indennità sostitutiva della mensa che sia esentasse per lavoratore e azienda come avviene per i buoni pasto. Per questo motivo proponiamo la modifica all’articolo Art 51 comma 2 lettera c del Testo unico delle imposte sui redditi (dpr 917/1986), estendendo di fatto a tutti la possibilità di beneficiare dell'indennità di mensa (a oggi riservata solo ad alcune categorie di lavoratori) e aumentando l'importo giornaliero complessivo (da 5,29 euro a 8 o 10 euro).

Nel frattempo riduciamo per tutti i buoni pasto le commissioni di incasso.

Sappiamo che la modifica del TUIR richiede del tempo; nel frattempo per far sì che i buoni pasto siano accettati dagli esercenti e che quindi i lavoratori e le famiglie possano usare facilmente questa entrata mensile monetaria così importante per il budget familiare, chiediamo che anche per i buoni pasto del settore privato, come accade dal 2022 per i buoni pasto del settore pubblico, ci sia un tetto del 5% alle commissioni di incasso.

Come realizzare la proposta?

Lavoreremmo sul DL 50 del 2022 convertito in legge 91/2022 e sull’articolo 26 bis chiedendo di aggiungere alla lettera c) questa frase “Per non creare distorsioni sul mercato questa regola vale anche per i buoni pasto emessi a favore di lavoratori del settore privato”.
Quindi la lettera c diventerebbe: "Lo sconto incondizionato verso gli esercenti, in misura non superiore al 5 per cento del valore nominale del buono pasto. Tale sconto incondizionato remunera altresì ogni eventuale servizio aggiuntivo offerto agli esercenti».

Per non creare distorsioni sul mercato questa regola vale anche per i buoni pasto emessi a favore di lavoratori del settore privato.