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Come sarai da vecchio? Il lato oscuro di FaceApp

L'ultima tendenza che impazza sui social si chiama FaceApp. Carichi una tua foto sull'applicazione, aspetti qualche istante e scopri come sarai da anziano, com'era la tua faccia da bambino, oppure come saresti con un look diverso. Attenzione, perché sul trattamento dei dati e sulle foto archiviate la trasparenza latita: lo abbiamo segnalato al Garante della privacy.

  • articolo di
  • Roberto Usai
17 luglio 2019
  • articolo di
  • Roberto Usai
Attenzione a FaceApp

Complice anche il desiderio di emulare quanto fatto dalle star, negli ultimi giorni sui social spopolano le foto di utenti ritoccate per sembrare più anziani, più giovani, oppure per avere un look diverso da quello abituale. È il fenomeno di FaceApp, un'applicazione disponibile sia per i sistemi operativi Android che per iOS e che permette, attraverso l'utilizzo di filtri, di modificare le nostre foto, regalandoci un aspetto lontano dal nostro. Ma, dietro all'apparente semplicità di utilizzo, non sembra esattamente tutto così lineare.

Dal 2017 sono stati oltre 80 milioni i download 

I numeri dell'app sono tutt'altro che trascurabili. Dal 2017, anno di lancio, si contano infatti oltre 80 milioni di download sugli store e, merito anche della nuova ondata di popolarità, FaceApp continua a tornare ciclicamente in cima alle classifiche delle applicazioni più scaricate. Dietro il successo di FaceApp c'è la Wireless Lab OOO, una società con sede a San Pietroburgo e fondata da tale Goncharov. Lo sviluppatore russo ha avuto il merito di aver inventato un'app semplice e intuitiva che, al passo con i tempi accelerati dei social, consente un momento di svago agli utenti, senza necessariamente indurli a soffermarsi su cosa in realtà stiano dando in cambio di una foto ritoccata ad arte.

Condizioni di utilizzo poco trasparenti

I profili poco chiari sono diversi, a cominciare dal tema della privacy. Scorrendo le condizioni di utilizzo dell'app, una delle prime cose che salta all'occhio riguarda come sono state scritte: piuttosto fumose e poco chiare. Non risulta infatti evidente in che modo vengono trattate le immagini e i dati degli utenti o con quali altri soggetti oltre alla società russa Wireless Lab OOO vengano condivise. Per poter essere elaborate, infatti, le immagini caricate finiscono sui server della società e qui vengono archiviate per un lasso di tempo non meglio definito, sta di fatto che la licenza concessa a FaceApp consente sostanzialmente all'applicazione di fare delle foto degli utenti quello che vuole. Parliamo infatti di una licenza che è "perpetua, irrevocabile, mondiale, cedibile e gratuita". Senza contare che non si fa alcun riferimento al Gdpr in tema di privacy che, considerando che l'applicazione viene utilizzata anche su territorio europeo, dovrebbe garantire agli utilizzatori il corretto trattamento dei dati degli utenti, specie quando questi sono funzionali al monitorarne i comportamenti. 

L'utilizzo dei dati e delle foto dei minori

C'è poi il tema cruciale, che è quello dei minori. L'utilizzo di FaceApp non prevede in nessun caso un'indicazione dell'età di chi la utilizza, né quando la si scarica e neanche in fase di login. In tutti i casi, considerando quanto prevede il Gdpr in fatto di privacy, il trattamento dei dati dei minori di 14 anni in Italia è vietato. Il titolare del trattamento, cioè colui che raccoglie i dati, inoltre deve adoperarsi in maniera ragionevole per verificare che il consenso sia stato effettivamente prestato dal genitore, tenendo conto della tecnologia disponibile. Insomma, l'ultima mania sui social non è propriamente innocua come può sembrare.

Ci vuole una maggiore consapevolezza 

Come abbiamo già denunciato per l'applicazione Tik Tok e, ancora prima, con lo scandalo Cambridge Analytica è importante che gli utenti abbiano piena consapevolezza dei propri dati e dei diritti a loro connessi: per questo motivo abbiamo inviato una segnalazione al Garante della privacy per capire quali sono le responsabilità degli sviluppatori e dei singoli store. Continuiamo con la raccolta delle adesioni alla nostra class action contro Facebook, proprio per l'utilizzo spregiudicato che ha fatto dei nostri dati personali: chiediamo un risarcimento di 285 euro per ogni anno di iscrizione al social.