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Inchiesta sanità: attese infinite e strutture a più di 100 km

Abbiamo intervistato oltre 1.100 cittadini: in 950 hanno avuto difficoltà nel prenotare una visita o un esame. Attese troppo lunghe (per oltre 660), spesso oltre le urgenze indicate sulla ricetta, strutture distanti e, più di 260 casi, agende chiuse (fenomeno illegale). Ma non solo: Cup difficili da contattare, ricette che scadono, controlli che saltano. E, alla fine, si va dal privato, si aspettano mesi o si rinuncia alle cure. Se hai avuto problemi anche tu reclama inviando i nostri modelli di lettera e ottieni il rispetto dei tempi che ti spettano per legge.

29 aprile 2024
Sveglia e sfigmomanometro

Quali sono i problemi nel cercare di prenotare una visita o un esame medico? Innanzitutto le attese troppo lunghe – per ben i due terzi delle circa mille persone intervistate – ma per tanti anche strutture troppo lontane, anche a 100 km se si vogliono rispettare i tempi prescritti dal medico; oppure appuntamenti che non sono proprio disponibili, per via delle agende di prenotazione chiuse.

È il quadro sconfortante che emerge dalla nostra indagine, in cui abbiamo chiesto a 1.100 ACmakers, la community di cittadini che collabora alle nostre ricerche, se hanno avuto difficoltà nell’ultimo anno nel prenotare una visita o un esame con il Servizio sanitario nazionale: in 950, quasi tutti in pratica, ci hanno risposto di sì e ci hanno poi raccontato il loro calvario.

La prima soluzione trovata ai problemi avuti è stata fare la visita o l’esame privatamente, pagando di tasca propria, ma ci sono stati anche tanti cittadini che hanno rinunciato a curarsi o che sono ancora in attesa, a scapito della loro salute.

La situazione del Sistema Sanitario Nazionale si conferma pessima, purtroppo, e lo vedremo anche con gli altri dati che emergono da questa indagine: se anche tu hai avuto questi problemi puoi utilizzare i modelli di reclamo che abbiamo messo a disposizione insieme agli indirizzi di Asl, Regioni ecc. a cui inviarli per ottenere la visita, l’esame o il ricovero nei tempi giusti: in questo modo diversi cittadini sono già riusciti a vedersi riconosciuti i propri diritti.

Quali sono le visite e gli esami più problematici?

Gran parte dei problemi ci sono stati con le visite specialistiche (per due terzi delle segnalazioni ricevute) più che con gli esami diagnostici. In particolare le visite più citate sono quella oculistica (circa 180 segnalazioni) e dermatologica (circa 100, per lo più riguardanti il controllo dei nei). Tra gli esami più segnalati abbiamo ecografie soprattutto dell’addome, della tiroide, della mammella e della spalla (circa 150), risonanze magnetiche e Tac (circa 100) e gastroscopia (circa 25).

L’elenco fornito dai cittadini non sorprende: visite oculistiche e dermatologiche, gastroscopie ed ecografie dell’addome sono da sempre le prestazioni che i cittadini pagano di più di tasca propria, prenotando nel privato; lo confermano anche gli ultimi dati di Agenas (Agenzia nazionale per i Servizi sanitari regionali) sull’attività intramoenia, cioè l’attività privata degli ospedali pubblici.

Quali i problemi principali?

Rispetto alla rilevazione di un anno fa con gli ACmakers, non è cambiato nulla: i problemi sono sempre tanti e sempre gli stessi. E ai nostri intervistati è successo anche che tutti questi problemi si siano sommati fra loro, trasformando la ricerca di un appuntamento in un calvario (se ti trovi in situazioni simili leggi i nostri consigli per evitare il più possibile problemi con le attesa in sanità).

 grafico problemi prenotazione

(le segnalazioni ricevute in questa indagine arrivano da persone di tutte le fasce d’età; per lo più del Nord, Lombardia, Piemonte e Veneto in particolare; residenti in centri grandi, medi e piccoli).

Le lunghe attese e le agende chiuse

Il problema delle attese eccessive riguarda la grande maggioranza delle persone (663); impossibile per tanti fare visite ed esami nei tempi suggeriti dal medico, anche quando c’è un’urgenza indicata sulla ricetta (117).

Ma colpisce che circa un quarto di queste segnalazioni (263) riguardi l’impossibilità di prenotare una visita o un esame per via delle agende chiuse: una pratica che è vietata dalla legge. Eppure, sono stati tanti i cittadini che si sono sentiti dire di provare a richiamare nelle settimane successive in attesa che gli appuntamenti fossero disponibili, per poi magari trovare posto dopo mesi.

Le enormi distanze della struttura

In 268, circa un quarto delle persone che hanno avuto problemi, ci hanno detto che l'appuntamento era disponibile solo in una struttura scomoda. I cittadini ci hanno raccontato che, per avere tempi accettabili, avrebbero dovuto andare in strutture sanitarie anche a 100 km di distanza, perché nella loro provincia il primo posto sarebbe stato solo dopo mesi e mesi.

Questo accade perché i cosiddetti “ambiti territoriali di garanzia”, in cui i Cup possono prenotare le prestazioni, possono essere vasti. Seppur lecito, per molti è un disagio molto forte, se non un ostacolo alle cure. E viene anche disatteso il rispetto di quel “principio di prossimità e raggiungibilità” che viene citato dal Piano nazionale di governo delle liste d’attesa (il documento che stabilisce come le Regioni debbano limitare il fenomeno delle lunghe attese).

Le difficoltà con il Cup

Anche le difficoltà a contattare il Cup (Centro unico di prenotazione regionale) sono denunciate frequentemente, visto che più di un quinto degli intervistati (198) dice di averle avute, tra attese molto lunghe, numeri sempre occupati e linea che cade dopo aver atteso inutilmente.

Purtroppo, sulle attese al telefono con il Cup, non sono previste particolari tutele: un sistema apprezzato, adottato da alcuni, è quello di indicare almeno il numero di utenti in attesa, in modo da poter decidere se restare in linea o richiamare.

Come si risolvono le lunghe attese? Pagando, in denaro o in salute 

Metà degli ACmakers che ci ha segnalato problemi (429 su 950) alla fine, di fronte a tutti questi problemi, si è rivolta alla sanità privata: una spesa, quella per tenersi in salute, che oltretutto sta diventando sempre più insostenibile per le famiglie italiane, come ci racconta anche il nostro ultimo Termometro Altroconsumo, l’indagine con cui ogni anno prendiamo la temperatura del benessere economico degli italiani: il numero di famiglie il cui bilancio è messo a dura prova da uscite che riguardano l’ambito sanitario è aumentato dal 43% nel 2022 al 47% nel 2023.

Grafico dove fatto esame e come

Un sistema che spinge verso il privato

Già nel 2022 avevamo pubblicato un’indagine statistica sulla prenotazione di visite e esami nella sanità pubblica: l’81% degli italiani aveva avuto difficoltà legate alla lunghezza delle liste d’attesa e, alla fine, aveva rinunciato a prenotare (5%) o, spesso (65%), si era rivolto al privato.

Che il sistema ci spinga verso il privato è un sentimento che provano davvero in tanti (come si può leggere nelle testimonianze nell'ultimo paragrafo). Nei messaggi che ci hanno lasciato i cittadini intervistati emerge un senso di ineluttabilità da questa punto di vista: se ci si vuole curare in tempi ragionevoli bisogna pagare e andare in un centro privato o chiedere una visita da privato anche in struttura pubblica (intramoenia), perché il posto così spunta anche per il giorno dopo.

Nel pubblico le regole in teoria prevedono che le ore dell’intramoenia non superino quelle dell’attività pubblica e che l’attività privata non comporti un incremento delle liste d’attesa: un equilibrio solo apparente, però, che nei fatti si traduce in tempi immediati per chi paga e attese snervanti per gli altri. Lo scorso febbraio Agenas ha pubblicato l’ultimo rapporto di monitoraggio sulle prestazioni in intramoenia (riferito al 2022): il 56% delle prestazioni viene erogato entro 10 giorni; mentre solo per un 14% si deve andare oltre i 30 giorni per le visite e i 60 per gli esami (quando questo, per il pubblico, è invece la norma). In sostanza, quando nel 2022 un cittadino si è rivolto alle strutture pubbliche per velocizzare i tempi di una visita con una prestazione privata, ci è sempre riuscito; e il personale è lo stesso: non è difficile, quindi, comprendere l’indignazione dei cittadini.

Poi, oltre alle strutture pubbliche che lavorano in intramoenia, ci sono le strutture private pure, che sono diventate ormai la norma e anche un valido competitore del Ssn, grazie a tariffe contenute e tempi ottimali, sia per le visite sia per gli esami.

Il privato, però, non può essere certo la soluzione per risolvere il problema delle liste d’attesa: intanto perché implica una spesa da parte dei cittadini che si dovrebbe poter evitare; la salute è un diritto costituzionale e tutti noi contribuiamo con le nostre tasse per il Servizio sanitario nazionale. In secondo luogo perché - quando le cure diventano più onerose - le persone comunque dovranno “rientrare” nel percorso pubblico (per eventuali ricoveri, operazioni, ecc.), dovendo necessariamente ripetere molti, se non tutti, gli accertamenti già fatti al di fuori.

Le altre “soluzioni”

Rivolgersi al privato non è l’unica “soluzione” agli innumerevoli problemi con visite ed esami. Un decimo delle persone interpellate (89) alla fine, esasperato, non ha approfondito il suo problema e ha rinunciato a curarsi. Gli altri hanno atteso pazientemente, anche mesi e mesi; oppure hanno accettato di andare nella prima struttura disponibile, anche se molto scomoda (eventualità possibile, visto che il Cup propone il primo appuntamento disponibile su tutto il suo territorio di pertinenza, che può essere piuttosto ampio). Molti sono ancora in attesa di fare la visita/esame e non sorprende, dato che i tempi d’attesa a volte possono superare anche l’anno.

Come va con i ricoveri?

Dei 1.100 intervistati, in circa 300 hanno detto di essere stati inseriti in lista d’attesa per un ricovero negli ultimi due anni. Poco più della metà dei cittadini (circa 150) è stata ricoverata nei tempi previsti (anche i ricoveri programmati hanno classi di priorità infatti: di 30, 60, 180 e 360 giorni); circa 100 persone invece non sono state così fortunate e circa 50 sono ancora in attesa di sapere quando verranno chiamate.

Alcuni ACmakers ci hanno raccontato anche quali sono stati i motivi portati dalle strutture per giustificare questi ritardi: mancano i medici, mancano letti, manca l’agenda dei prossimi mesi, qualcuno è stato anche tolto ingiustificatamente dalla lista d’attesa. In tutte le testimonianze traspare comunque l’impotenza dell’attesa senza informazioni: è difficile essere ricontattati anche quando promesso, avere prospettive chiare rispetto al ricovero, spesso non si viene più ricontattati e si rimane in sospeso (e, invece, c’è anche il diritto ad avere informazioni chiare sui tempi del proprio ricovero; le puoi ottenere attraverso i moduli messi a disposizione con la nostra iniziativa sulle attese in sanità). 

Il racconto dei pazienti

Abbiamo chiesto alle persone di condividere con noi le loro esperienze anche nel merito. Sono state tante le testimonianze raccolte: ci parlano di attese che, violando quanto previsto dalle normative e dal Piano nazionale di governo delle liste d’attesa, tardano diagnosi, controlli, rinnovi di piani terapeutici e – così –  mettono a rischio l’inizio o la continuità di terapie fondamentali per la salute; spingendo i cittadini verso il privato o la rinuncia alle cure.

Ne raccontiamo solo alcune delle tante (se vi trovate in situazioni simili vi ricordiamo i nostri consigli su quali sono i vostri diritti, come evitare problemi e come eventualmente protestare).

Le attese di mesi e mesi

“Con sospetto menisco rotto ai primi di novembre 2023 la risonanza è prenotata per luglio 2024

“Avevo necessità di svolgere con urgenza una risonanza magnetica all'encefalo e la prima disponibilità era oltre i sei mesi”.

“Ho provato a prenotare una visita dermatologica specifica (mappatura dei nei) a febbraio 2023 ed ho avuto appuntamento a dicembre 2023”.

Le attese che mettono a rischio l’accesso a diagnosi e cure

“Ho avuto problemi alla spalla destra a causa di "capsule adesiva". La diagnosi è stata fatta con molto ritardo poiché, per fare la risonanza magnetica, ho dovuto aspettare sei mesi. Intanto il mio problema si è aggravato e la conseguente fisioterapia è stato un percorso lungo e doloroso. Ho rischiato di fare un intervento chirurgico alla spalla a causa di questi ritardi!”

“Il tempo d’attesa lungo ha rischiato di farmi saltare i tempi giusti per rinnovare il piano terapeutico per i farmaci per la psoriasi”

Le attese che non rispettano le classi di priorità sulla ricetta

“Ricetta con prescrizione di TAC entro 10 giorni, ho prenotato il primo posto disponibile a più di 2 mesi di distanza”

“Nonostante sulla ricetta fosse indicata una tempistica di massimo 30 giorni non sono riuscita a trovare alcuna disponibilità inferiore ai 4 mesi di attesa

“Per una visita oculistica sono dovuta andare in Pronto soccorso perché con impegnativa urgente non c'era posto”

Quando le agende sono chiuse

“Dopo vari tentativi sono riuscito a prenotare la visita specialistica presso l'urologo con sei mesi di ritardo perché tutte le volte che telefonavo al Cup mi dicevano che le agende erano chiuse”.

“Ho dovuto telefonare più volte per fissare l'esame del campo visivo. Inizialmente l'agenda era chiusa, poi una volta aperta si prospettavano tempi superiori agli otto mesi”.

“Prescrizione: visita diabetologica. Da ottobre 2023 a dicembre 2023 agende chiuse nella mia provincia (salvo che non mi volessi spostare di oltre 150 km); da gennaio 2024 a oggi, agende non ancora disponibili. Secondo le stime del Cup a fine marzo 2024 dovrei poter prenotare per novembre 2024”.

I controlli impossibili da programmare

“Avendo avuto una diagnosi di asma bronchiale dallo specialista operante presso una certa struttura, avrei voluto essere presa in carico per la visita di controllo presso lo stesso specialista o stessa struttura, anziché dovermi recare da Seriate a Treviglio (a circa 30 km)”

“Dovendo prenotare una visita specialistica di controllo con lo stesso specialista ho dovuto attendere tanto tempo per la prenotazione essendo l'agenda dello specialista chiusa. Ho dovuto fare più e più chiamate per controllare l'apertura dell'agenda e riuscire a prenotare una visita”.

“Il 31 maggio del 2023 ho effettuato l'ultima visita di controllo, e in quella sede mi è stata prescritta la visita successiva, da effettuare a 9-12 mesi di distanza. Mi sono recato una prima volta al Cup, ma mi si è risposto che le agende per l'anno 2024 erano ancora chiuse. Sono stato al Cup altre 4 volte, per sentirmi dire che - causa carenze di organico - il reparto di Endocrinologia dell'Ospedale S.Paolo di Civitavecchia non poteva accettare prenotazioni, e infine che non c'era alcun posto disponibile nel periodo aprile/giugno 2024, né a Civitavecchia né in altre strutture gestite dalla ASL RM 4”.

Telefonate su telefonate a più strutture per un appuntamento 

“Tramite il sito della Regione Lombardia avrei dovuto prenotare in strutture al di fuori della mia provincia e aspettando qualche mese. Ho dovuto armarmi di pazienza e chiamare al telefono le strutture private convenzionate più vicine al mio domicilio”

“Avevo una risonanza magnetica da effettuare entro 60 giorni, ovvero entro fine marzo circa: primo appuntamento disponibile a luglio, in una struttura a un'ora abbondante da casa. Ho chiamato moltissime strutture convenzionate, alcune con agende chiuse, altre con tempi di attesa superiori ai 60 giorni. Dopo due ore abbondanti passate al telefono, ho trovato per metà marzo a una distanza di 40 minuti da casa”.

Primo appuntamento a centinaia di chilometri

“Per la visita oculistica mi propongono una Asl distante 200 km dalla mia abitazione o a nove mesi dalla prenotazione”

“La migliore soluzione possibile ha richiesto otto mesi di attesa e il recarsi presso una struttura convenzionata a 100 km di distanza

“Nella regione Marche l’opzione disponibile era nella provincia opposta, circa 120 km, mi è convenuto andare in Romagna a 30 km”

Impegnative che scadono nell’attesa

“La prima impegnativa è scaduta nel cercare l'appuntamento per un follow up oncologico che in sei mesi non sono riuscita a ottenere. E ora è un mese che cerco l'appuntamento con la seconda impegnativa”

“Il medico di base aveva prescritto una visita dermatologica contrassegnandola come urgente. In nessun ospedale era disponibile. Mi hanno consigliato di far cambiare la priorità per poter prenotare, poiché la prima disponibilità era a giugno 2024”

“Con impegnativa senza urgenza, agende chiuse. Il medico me l'ha messa a 30 giorni e allora ho trovato dopo 60 giorni” 

La sceltà forzata del privato

“Non c'erano disponibilità con il servizio sanitario in tutta la regione Piemonte. Il centro privato convenzionato mi ha proposto una prestazione in tempi brevissimi con una formula di "privato agevolato" a 63 euro. Ho dovuto accettare perché avevo molto male e non potevo aspettare: il fisiatra per prescrivermi le onde d'urto voleva quella ecografia”.

“Avendo avuto un serio problema di tipo neurologico il medico curante richiedeva con urgenza una visita neurologica con elevata priorità visto che i tempi erano molto lunghi sono andato a pagamento in regime intramoenia, così ho effettuato la visita in soli tre giorni!!!! La cosa che fa più rabbia e che ho fatto la visita nello stesso luogo e con lo stesso specialista quando in regime di Ssn l'avrei fatta dopo otto mesi!! La differenza di tale trattamento sta nel costo: intramoenia a 150 euro”

“Al Cup prima mi dicevano di non avere disponibilità e di non poter quindi rispettare l’urgenza della ricetta (…) per poi scoprire che in intramoenia c’era disponibilità a pagamento anche per il giorno seguente nella struttura a me più comoda”.

“Dovevo effettuare una tac al collo a causa di un incidente. Avevo una prescrizione entro massimo 10 giorni, ma non è stato possibile trovare un appuntamento. A pagamento avrei potuto farla il giorno dopo pagando circa 400 euro

E’ da ottobre 2023 che continuo a telefonare, per vedere se ci sono date disponibili per una visita cardiologica. Mi hanno proposto di farla a pagamento: 127 euro solo la visita, 180 se con cardiogramma”.

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Federico Cavallo
Responsabile Relazioni Esterne Altroconsumo
La crisi in cui versa il Servizio Sanitario Nazionale è sotto gli occhi di tutti da tempo poiché è stato, nel corso degli anni, gravemente sottofinanziato da tutte le forze politiche e cause più recenti ne hanno accelerato il collasso, in primis la pandemia di Covid 19. Ciò che resta purtroppo costante è l’inadeguatezza delle risposte che la politica ha messo di volta in volta in campo e, al di là dei dibattiti, spesso di sapore elettorale, su fondi stanziati ad hoc e sull’effettivo aumento o meno degli investimenti in sanità, la realtà si legge nei numeri. Un dato valga per tutti: secondo l’ultimo rapporto Bes dell’Istat, nel 2023 sono circa 4,5 milioni i cittadini che hanno dovuto rinunciare a visite mediche o accertamenti diagnostici per problemi economici, di liste di attesa o difficoltà di accesso. Si tratta del 7,6% della popolazione: in aumento rispetto al 7% del 2022 e al 6,3% del 2019. E ciò che è ancora più preoccupante è il fatto che il trend di spesa per la sanità - in percentuale sul Pil - è previsto calare nei prossimi anni, un segnale evidente di come la situazione non potrà certo migliorare, ma semmai peggiorare ulteriormente. Noi, come Altroconsumo, continueremo a fare la nostra parte monitorando attentamente la situazione, agendo in sinergia con altre realtà impegnate a promuovere i principi di un Servizio Sanitario pubblico, equo e universalistico, come la Fondazione Gimbe, e mettendo a disposizione dei cittadini informazioni e strumenti utili a far valere i propri diritti, così come previsti dalla Costituzione e dalle leggi italiane.
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Nino Cartabellotta
Presidente Fondazione GIMBE
Il grave “stato di salute” del Servizio Sanitario Nazionale impone una profonda riflessione: l’impatto dell’indebolimento della sanità pubblica sulla salute individuale e collettiva deve considerare anche il livello socio-economico della popolazione. L’aumento del numero di famiglie che vivono sotto la soglia della povertà assoluta, se da un lato “argina” la spesa out-of-pocket – quella che si paga di tasca propria – dall’altro aumenterà la rinuncia alle cure, peggiorando la salute e sino a ridurre l’aspettativa di vita proprio di quegli “indigenti” che l’art. 32 indica come persone a cui fornire cure gratuite. Indubbiamente, i tempi di attesa costituiscono una delle principali criticità del SSN con cui cittadini e pazienti si scontrano quotidianamente subendo gravi disagi, come ad esempio la necessità di ricorrere alle strutture private o la migrazione sanitaria, sino alla rinuncia alle cure. Si tratta di un problema che da sempre affligge il nostro SSN, ma che negli ultimi anni si è aggravato per l’enorme quantità di prestazioni non erogate durante la pandemia COVID-19. Tuttavia, le misure per l’abbattimento delle liste di attesa previste nell’ultima Manovra sono state guidate da una logica “prestazionistica”, senza alcun provvedimento mirato a monitorare e ridurre l’inappropriatezza delle prestazioni. Inoltre, il potenziamento dell’offerta è stato “scaricato” di fatto sul tempo, sempre più esiguo, dei professionisti sanitari. Infine, l’aggiornamento del nuovo Piano Nazionale Governo Liste di Attesa, scaduto nel 2021, è ancora in progress.