Ad ogni impennata di prezzi tornano le voci sulle possibilità di risparmiare con il fai da te; da qui la corsa a soluzioni "alternative" a benzina e diesel.
Olio di colza non direttamente nel motore
Sulla scia dell'entusiasmo creato da alcune voci enfatizzate dai media, si comincia a parlare di biocarburanti. Secondo queste voci l'olio di colza o di semi vari potrebbe far funzionare il motore diesel. Ma bisogna fare attenzione perchè le cose non stanno esattamente così.
L'Agenzia delle Dogane informa che l'utilizzo di oli vegetali come quello di colza in autotrazione è sottoposto a pagamento dell'accisa. Per cui, in base all'art. 21 del Decreto legislativo n. 504 del 26/10/1995, è tassato come carburante qualsiasi altro prodotto destinato a essere utilizzato, messo in vendita o utilizzato come carburante o come additivo per accrescere il volume finale dei carburanti. In base all'art. 40 del Decreto, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa dal doppio al decuplo dell'imposta evasa, non inferiore in ogni caso a 7.500 euro, chiunque destina a usi soggetti a imposta prodotti. In pratica, l'utilizzo di oli vegetali come l'olio di colza senza l'assolvimento dell'imposta è punito.
Molti pensano che olio di colza e biodiesel siano sinonimi. Invece, pur avendo la stessa origine,ovvero i semi di colza, sono due cose ben diverse. L'olio che si compra al supermercato e che si usa per friggere i cibi è ottenuto dalla spremitura dei semi della colza; da questo, tramite un processo chimico, si ottiene il biodiesel. È un vero e proprio combustibile: si può usare puro nei motori diesel solo se l'auto è predisposta dal costruttore (con piccole modifiche o accorgimenti in fase progettuale) . In pratica, l'olio di colza è sì un ingrediente del cosiddetto biodiesel (ossia del carburante diesel ottenuto da fonti vegetali), ma l'olio alimentare (compresi quelli di girasole, di arachidi, semi vari...) in commercio non ha subito i trattamenti chimici necessari, per cui produce residui che a lungo andare danneggiano il motore. Per esempio, l'olio di colza da supermercato contiene ancora glicerina, che invece nell'olio di colza per biodiesel è stato rimossa. Inoltre il biodiesel è una preparazione chimica dalle caratteristiche ben precise, definite appunto dalla norma europea EN14214, non una miscela fatta a mano e a occhio di carburante diesel prelevato dalla pompa e di olio del supermercato. E i motori diesel compatibili sono calibrati e strutturati per usare quella miscela precisa e nient'altro: usare una miscela diversa, specialmente in motori particolarmente esasperati, è un'incognita. Bisogna anche tener presente che tutte le case automobilistiche non coprono con la garanzia eventuali rotture che possano essere imputabili ai diversi usi di carburante. Ragionando in questi termini non sembra che il risparmio di 200/300 euro per 20.000 chilometri di percorrenza (risparmio che si avrebbe usando una miscela 70% colza e rimanente gasolio ) possa giustificare il rischio di rotture di parti di motori (iniettori,filtro per il gasolio) o costose manutenzioni dal meccanico (pulizie, smontaggio).
Prima di tutto occorre sottolineare che tutto questo interesse si è creato perché il consumatore è ormai esasperato dai continui ricari dei carburanti e da tutti i costi inerenti al pianeta auto. L'aver scoperto che i carburanti vegetali sono una realtà a portata di mano, potrebbe dare una scossa alla diffusione del biodiesel ufficiale, che rispetto all'olio di colza, oltre a essere in regola con la legge, dà maggiori garanzie per i motori grazie al processo chimico che priva il carburante della glicerina. I vantaggi riguarderebbero sia l'ambiente sia il portafoglio. Il biodiesel, una volta prodotto su larga scala, potrebbe avere prezzi molto competitivi e ridurre in modo significativo molte emissioni nocive: le polveri sottili, gli idrocarburi policiclici aromatici e lo zolfo, i nemici più temibili dell'aria delle nostre città. Inoltre, a differenza del petrolio, l'Italia è già uno dei maggiori produttori di biodiesel in Europa: potrebbe soddisfare in proprio buona parte delle sue necessità di biodiesel. Un obiettivo auspicato dalla stessa Unione europea, che nella direttiva 30/2003 fissava per il 2010 la sostituzione del 5,75% del carburante immesso al consumo con biocarburanti. Attualmente la capacità produttiva di biodiesel in Italia è superiore a 2 milioni di tonnellate (anno 2010) e alle pompe dei distributori di carburanti il biodiesel si trova miscelato al 5-7% nel gasolio tradizionale. Questo viene così usato in alternativa ad additivi più costosi, per migliorarne il potere lubrificante. C'è infine da sottolineare che un altro aspetto positivo del clamore suscitato dall'olio di colza è l'interesse che si è creato su carburanti alternativi, cioè metano e Gpl: già presenti sul mercato, non hanno nulla da invidiare (se non l'inspiegabile scarsa diffusione sulla rete) a diesel e benzina. Il metano, ricordiamo, è il più economo in assoluto.
Sulla scia dell'entusiasmo creato da alcune voci enfatizzate dai media, si comincia a parlare di biocarburanti. Secondo queste voci l'olio di colza o di semi vari potrebbe far funzionare il motore diesel. Ma bisogna fare attenzione perchè le cose non stanno esattamente così.
L'Agenzia delle Dogane informa che l'utilizzo di oli vegetali come quello di colza in autotrazione è sottoposto a pagamento dell'accisa. Per cui, in base all'art. 21 del Decreto legislativo n. 504 del 26/10/1995, è tassato come carburante qualsiasi altro prodotto destinato a essere utilizzato, messo in vendita o utilizzato come carburante o come additivo per accrescere il volume finale dei carburanti. In base all'art. 40 del Decreto, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa dal doppio al decuplo dell'imposta evasa, non inferiore in ogni caso a 7.500 euro, chiunque destina a usi soggetti a imposta prodotti. In pratica, l'utilizzo di oli vegetali come l'olio di colza senza l'assolvimento dell'imposta è punito.
Molti pensano che olio di colza e biodiesel siano sinonimi. Invece, pur avendo la stessa origine,ovvero i semi di colza, sono due cose ben diverse. L'olio che si compra al supermercato e che si usa per friggere i cibi è ottenuto dalla spremitura dei semi della colza; da questo, tramite un processo chimico, si ottiene il biodiesel. È un vero e proprio combustibile: si può usare puro nei motori diesel solo se l'auto è predisposta dal costruttore (con piccole modifiche o accorgimenti in fase progettuale) . In pratica, l'olio di colza è sì un ingrediente del cosiddetto biodiesel (ossia del carburante diesel ottenuto da fonti vegetali), ma l'olio alimentare (compresi quelli di girasole, di arachidi, semi vari...) in commercio non ha subito i trattamenti chimici necessari, per cui produce residui che a lungo andare danneggiano il motore. Per esempio, l'olio di colza da supermercato contiene ancora glicerina, che invece nell'olio di colza per biodiesel è stato rimossa. Inoltre il biodiesel è una preparazione chimica dalle caratteristiche ben precise, definite appunto dalla norma europea EN14214, non una miscela fatta a mano e a occhio di carburante diesel prelevato dalla pompa e di olio del supermercato. E i motori diesel compatibili sono calibrati e strutturati per usare quella miscela precisa e nient'altro: usare una miscela diversa, specialmente in motori particolarmente esasperati, è un'incognita. Bisogna anche tener presente che tutte le case automobilistiche non coprono con la garanzia eventuali rotture che possano essere imputabili ai diversi usi di carburante. Ragionando in questi termini non sembra che il risparmio di 200/300 euro per 20.000 chilometri di percorrenza (risparmio che si avrebbe usando una miscela 70% colza e rimanente gasolio ) possa giustificare il rischio di rotture di parti di motori (iniettori,filtro per il gasolio) o costose manutenzioni dal meccanico (pulizie, smontaggio).
Prima di tutto occorre sottolineare che tutto questo interesse si è creato perché il consumatore è ormai esasperato dai continui ricari dei carburanti e da tutti i costi inerenti al pianeta auto. L'aver scoperto che i carburanti vegetali sono una realtà a portata di mano, potrebbe dare una scossa alla diffusione del biodiesel ufficiale, che rispetto all'olio di colza, oltre a essere in regola con la legge, dà maggiori garanzie per i motori grazie al processo chimico che priva il carburante della glicerina. I vantaggi riguarderebbero sia l'ambiente sia il portafoglio. Il biodiesel, una volta prodotto su larga scala, potrebbe avere prezzi molto competitivi e ridurre in modo significativo molte emissioni nocive: le polveri sottili, gli idrocarburi policiclici aromatici e lo zolfo, i nemici più temibili dell'aria delle nostre città. Inoltre, a differenza del petrolio, l'Italia è già uno dei maggiori produttori di biodiesel in Europa: potrebbe soddisfare in proprio buona parte delle sue necessità di biodiesel. Un obiettivo auspicato dalla stessa Unione europea, che nella direttiva 30/2003 fissava per il 2010 la sostituzione del 5,75% del carburante immesso al consumo con biocarburanti. Attualmente la capacità produttiva di biodiesel in Italia è superiore a 2 milioni di tonnellate (anno 2010) e alle pompe dei distributori di carburanti il biodiesel si trova miscelato al 5-7% nel gasolio tradizionale. Questo viene così usato in alternativa ad additivi più costosi, per migliorarne il potere lubrificante. C'è infine da sottolineare che un altro aspetto positivo del clamore suscitato dall'olio di colza è l'interesse che si è creato su carburanti alternativi, cioè metano e Gpl: già presenti sul mercato, non hanno nulla da invidiare (se non l'inspiegabile scarsa diffusione sulla rete) a diesel e benzina. Il metano, ricordiamo, è il più economo in assoluto.
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