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Stufe a pellet: come funzionano

17 novembre 2016
stufe a pellet

Le stufe a pellet consentono ancora di risparmiare rispetto ai sistemi tradizionali. Il loro funzionamento è simile a quello delle classiche a legna, ma inquinano molto meno. Le abbiamo messe alla prova: cinque modelli del test sono stati bocciati e li abbiamo segnalati al Ministero.

Il crepitio della fiamma che si diffonde per casa è indubbiamente un piacere, ma non bisogna dimenticarsi della sicurezza nemmeno nelle versioni moderne di stufe a pellet. Alcuni modelli possono essere pericolosi e, se non installati da professionisti, i rischi possono essere anche gravi. Dati confermati da numerosi incidenti domestici e dai risultati del nostro ultimo test sulle stufe a pellet, eseguito all’interno del Progetto CasaRinnovabile.it sostenuto dalla Comunità Europea.

Alcuni modelli pericolosi nel nostro test

Abbiamo portato in laboratorio 20 stufe a pellet e le abbiamo sottoposte sia agli esami previsti dalla legge sia ad altre prove aggiuntive. Alcuni modelli hanno fallito anche nelle prove previste dalla normativa europea EN 14785 del 2006, legge che fissa i requisiti che devono avere le stufe per essere messe in commercio. In alcuni casi i serbatoi delle stufe hanno raggiunto temperature ben oltre i limiti consentiti, in altri il funzionamento della stufa ha provocato il surriscaldamento delle pareti adiacenti e del pavimento.

Una normativa da cambiare

Come è possibile che così tanti modelli, reperibili sul mercato, siano fuorilegge? Avevamo inviato una prima segnalazione sulle stufe pericolose e adesso, non avendo ricevuto una risposta formale da parte del Ministero dello Sviluppo Economico, abbiamo inviato un nuovo sollecito e restiamo in attesa di un riscontro da parte delle autorità. Speriamo, oltretutto, che la normativa europea venga aggiornata perché presenta alcune lacune. Ad esempio, alcune stufe dovrebbero avere tra le dotazioni obbligatorie la maniglia removibile o il guanto di supporto per evitare di scottarsi. Il cavo elettrico, inoltre, non supporta le alte temperature e la valvola antiscoppio non è ancora obbligatoria.

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Pellet: ma quanto mi costa?

Anche se il prezzo è in ascesa, il pellet può consentire ancora risparmi importanti sul riscaldamento. L'acquisto di stufe e caldaie apposite, infatti, gode di diversi tipi di incentivi, primo tra tutti la detrazione del 50% sotto forma di detrazione Irpef (10 rate di pari importo in 10 anni). C'è poi il conto termico, un contributo variabile in base alla zona climatica e alla potenza installata, erogato in due anni che però si rivolge solo alle sostituzioni di apparecchi già installati: stufe a legna o vecchie stufe a pellet e, per le caldaie, caldaie a biomassa o a gasolio e, solo per le aziende agricole, GPL.

Quanto costa il pellet

Il prezzo del pellet ha variazioni stagionali: generalmente è più basso nel periodo che va da maggio a luglio, ha un rincaro verso agosto e si stabilizza in inverno. In questo momento, un sacco da 15 kg costa tra i 4,80 e i 5,50 euro, decisamente più caro rispetto allo stesso periodo del 2012: i media tra i 3,60 e i 4 euro a sacco. Per dare un'indicazione temporale (indipendente dalle dimensioni del locale, potenza della stufa, temperatura interna ed esterna) con un kg di pellet si avrà circa un'ora di riscaldamento. Diciamo che, calcolando qualche ora di spegnimento della stufa, un sacco da 15 kg può durare due giorni.

Quanto mi fa risparmiare?

Paragonando una stufa a pellet ad alto rendimento e una caldaia tradizionale a metano, possiamo dire che, scegliendo il pellet, il risarmio c'è. Se si spunta un buon prezzo di pellet (un sacco d 15 kg con costo inferiore ai 5 euro), si può anche risparmiare più di 50 euro alla fine della stagione, rispetto a una caldaia a metano tradizionale, per un locale di circa 30 metri quadri. Se, invece, si acquista una stufa meno prestante o non la si tiene ben regolata, il risparmio viene vanificato. Confrontato con gasolio e Gpl, il risparmio è superiore e si attesta intorno ai 200 euro.

Installazione e manutenzione

Il costo di un impianto

I modelli base, quelli cioè che immettono il calore direttamente nel locale attraverso una ventola, partono dai 700 euro. Arrivano a 4.000-5.000 euro, invece, le stufe che possono essere allacciate a sistemi per produrre acqua calda o all’esistente sistema di riscaldamento (cioè in sostituzione delle tradizionali caldaie a metano). In quest’ultimo caso, però, la quantità di pellet da utilizzare sarà molto elevata: è bene quindi avere un posto asciutto dove posizionare un serbatoio che rifornisca prontamente la stufa (altrimenti bisogna caricarla in continuazione).

Le stufe possono essere installate in qualsiasi stanza?

La normativa vieta l’installazione in ambienti in cui sono presenti apparecchi a gas di tipo non stagno e nelle cucine dotate di ventilatori o aspiratori che possano mettere in depressione il locale.

Serve una presa d’aria con l’esterno?

Come tutti gli apparecchi a combustione, anche queste stufe hanno bisogno di aria. La quantità necessaria è generalmente bassa: occorre farla valutare in base alla potenza dell’apparecchio. Un collegamento diretto con l’esterno (come per le caldaie) non è sempre necessario, anche se è preferibile.

Le stufe a pellet sono ecologiche?
I produttori battono spesso sulla presunta ecologicità delle stufe a pellet. In effetti sono più rispettose dell’ambiente rispetto ad altri tipi di riscaldamento. A patto però che il legno usato sia ricavato da boschi gestiti in modo sostenibile (e non distrutti indiscriminatamente) e che non arrivi da grande distanza (perché il trasporto per nave o su camion provoca l’emissione di grandi quantità di sostanze inquinanti).
Che il legno sia un combustibile verde dipende dal fatto che emette una quantità di anidride carbonica pari a quella che ha assorbito nel corso della sua vita: se viene sostituito da altri alberi il bilancio dell’anidride carbonica è quindi pari a zero (tanta ne viene emessa e tanta ne viene assorbita). Attenzione, però: questa situazione è teorica. In concreto, le condizioni di combustione sono tali per cui si provoca comunque una produzione di gas inquinanti, come monossido di carbonio e ossidi di azoto e di zolfo. Se poi il pellet contiene qualche impurità, l’impatto ambientale è superiore. L’eventuale presenza di tracce di metalli pesanti o residui di colla, oltre a essere dannosa per la salute e per l’ambiente, può compromettere il buon funzionamento della stufa.
Normativa di riferimento

Stufe e caldaie devono essere certificate?

La certificazione delle caldaie a legna non è obbligatoria. È invece obbligatoria quella di stufe e caminetti (EN 13229, EN 13240) e quella delle canne fumarie (EN 1443). Se l’apparecchio non è certificato, comunque, non c’è alcuna garanzia della sua qualità e del rispetto delle norme di sicurezza.

Quali sono le norme di riferimento?

La Uni En 14785 per la certificazione degli apparecchi rispetto a prestazioni (rendimento, efficienza, emissioni) e sicurezza. La Uni 10683 per l’installazione (deve sempre farla un tecnico abilitato).

La stufa a legna si può sempre usare?

A livello nazionale le uniche limitazioni riguardano le normative di sicurezza e il rendimento energetico. Nessun blocco invece per quanto riguarda il possibile inquinamento. Diverso il discorso a livello regionale dove i regolamenti da rispettare sono diversi.
Prendiamo ad esempio la regione Lombardia. Qui ci sono due tipi di limitazione. La prima è finalizzata al risparmio energetico: è possibile accendere il riscaldamento solo nel periodo che va dal 15 ottobre al 15 aprile, per un massimo di 14 ore giornaliere. La seconda è finalizzata al risanamento della qualità dell’aria: nei comuni fino a 300 metri dal livello del mare, se sono presenti altri sistemi di riscaldamento, è vietato l’uso di legna da ardere nei mesi invernali per il riscaldare casa.

Pellet: come riconoscerne la qualità
Il pellet si ottiene comprimendo attraverso un processo meccanico la segatura del legno. Quello che si ottiene sono dei piccoli cilindri dal diametro di 6-8 mm. Grazie alla produzione di questo composto gli scarti del legno, che in passato venivano utilizzati solo in parte o buttati, oggi sono riutilizzati al 100%. Una confezione (15 kg circa) di pellet ha un costo che varia tra i 3 e i 5 euro. Il pellet va conservato in un locale al chiuso e ben riparato dall’umidità. Se ne assorbe troppa la resa della stufa diminuisce e peggiora la qualità della combustione.

Manca una certificazione obbligatoria

A livello nazionale non vige l’obbligo di certificare la qualità del pellet. Nonostante questo, però, molti produttori stanno aderendo volontariamente a certificazioni internazionali come la Pellet Gold o ENplus. È vietato, invece, vendere pellet contenuti in imballaggi anonimi, cioè privi del nome del produttore e di qualunque informazione sulla composizione oppure venduti sfusi.

Come riconoscere un pellet di qualità?

Due i parametri importanti da prendere in considerazione: il contenuto di ceneri (un pellet che ne contiene molte produce più polveri nella combustione e costringe a pulire più frequentemente la stufa) e la quantità di segatura nel sacchetto (tanta segatura indica che il pellet tende a sfaldarsi e darà problemi di pulizia).
Il pellet viene distinto in tre categorie:

  • Classe A1: corrisponde alla qualità più elevata, caratterizzata da un contenuto di ceneri massimo pari allo 0,7%,
  • Classe A2: caratterizzata da un contenuto di ceneri pari all'1,5%,
  • Classe B: per utilizzo non domestico, caratterizzata da un contenuto di ceneri massimo del 3,5%.

La materia prima, in realtà, non è determinante per riconoscerne la qualità, fatto salvo che il pellet deve essere fatto con legno vergine che ha subito unicamente trattamenti di tipo meccanico (non da scarti di falegnameria verniciati o incollati). Visivamente, invece, è importante prendere in mano in sacchetto e vedere quanti residui di pellet sbriciolato ci sono. Deve essere compatto: molti residui, infatti, indicano pellet di qualità inferiore.

Etichetta e potere calorifico
Alcune informazioni utili - come residuo di ceneri, potere calorifico e contenuto idrico - possono essere reperite in etichetta. Si possono trovare anche le indicazioni sui metalli pesanti tra cui arsenico, cadmio e piombo. Per quel che riguarda il potere calorifico, invece, occorre relazionarlo con il contenuto di acqua. Possiamo trovare sulle etichette valori come 5,3 kWh/kg. In realtà, il potere calorifico reale del pellet è attorno ai 4,7-4,8 kWh/kg. Cifre più alte possono essere considerate false: il potere calorifico non può essere calcolato allo stato anidro ma va misurato per quello specifico pellet con il suo contenuto idrico, mediamente del 6-8%.
Sicurezza
Come la maggior parte delle apparecchiature, anche le stufe possono risultare pericolose se, per qualsiasi motivo, funzionano male. Le principali cause di incendio sono: la realizzazione “non a regola d’arte” dell’impianto e l’assenza di manutenzione delle canna fumaria. È quindi necessario rispettare tutti gli obblighi normativi previsti nella costruzione dell’impianto rivolgendosi a un professionista abilitato. È inoltre necessario pulire regolarmente la canna fumaria: in caso contrario la fuliggine depositata all’interno può prendere fuoco innescando l’incendio.
Aspiracenere

Gli aspiracenere, sono dei normali e  semplici aspirapolvere. Molto simili, se non addirittura uguali, ai vecchi bidoni aspiratutto, sia nella forma che nelle funzionalità base.

Il loro impiego è pressoché esclusivo per la pulizia di residui da combustione di stufe, camini e bruciatori in genere e sono comunque indicati per pulizie non troppo approfondite di materiali sotto forma di polvere molto leggera e volatile, quindi dalla dimensione quasi sempre fine.

Proprio per questo motivo e visto il costo generalmente non proibitivo (in media dai 20 ai massimo 50 euro, spesso in vendita abbinata con le stufe a pellet), può essere un utile aiuto nella pulizia di questi apparati al posto del normale aspirapolvere. Non perché quest’ultimo non sia efficace, tutt’altro, ma per preservarlo dalla polvere di cenere poiché, essendo molto fine, potrebbe intasare e sporcare i filtri e impegnare notevolmente il motore dell’aspirapolvere, con la possibilità che la cenere venga riemessa nell’ambiente per via della sua dimensione anche microscopica.

Tieni presente, inoltre, che le parti del bidone più esposte al calore dovrebbero essere costruite in metallo, per cui esso risulta potenzialmente meno pericoloso durante l'aspirazione di elementi caldi. che comunque va assolutamente evitata aspirando la cenere solo quando completamente fredda, a prescindere dal mezzo aspirante utilizzato.

Dovrebbe essere comunque dotato di alcuni accorgimenti costruttivi dedicati nel momento in cui si dovessero aspirare polveri potenzialmente pericolose per il rischio di incendio, in ogni caso è importante leggere con attenzione il libretto di uso e manutenzione.