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Antifrodi: come ristrutturare casa senza correre rischi

Dal 110% alle semplici ristrutturazioni al 50%, le agevolazioni messe in campo per intervenire a costi ridotti sulle proprie case possono anche essere oggetto di frodi da parte di imprese e committenti con pochi scrupoli. Fatture gonfiate, certificazioni non veritiere e requisiti non rispettati possono portare lo Stato a pretendere dal cittadino il rimborso delle spese chieste in detrazione. Vediamo insieme i possibili rischi cui si va incontro quando non vengono rispettate tutte le regole e cosa si può fare per limitarli.

  • Con il contributo esperto di
  • Tatiana Oneta
  • articolo di
  • Luca Cartapatti
21 febbraio 2022
  • Con il contributo esperto di
  • Tatiana Oneta
  • articolo di
  • Luca Cartapatti
Bonus ristrutturazioni rischi detrazione

Meglio sgomberare subito il campo da qualsiasi dubbio e partire da un presupposto importante: il contribuente finale (il condomino o il proprietario di casa) è sempre il primo responsabile della detrazione. In pratica, in caso di controllo, la prima cosa che viene verificata da parte dell’Agenzia delle entrate è che chi ha chiesto la detrazione, a prescindere dal fatto che poi l’abbia ceduta, possieda tutti i requisiti necessari e abbia adempiuto a ogni obbligo di legge. Infatti, in caso di mancato rispetto delle regole di base è in capo a lui che vengono recuperate le detrazioni non spettanti, cioè se qualcosa non torna lo Stato chiede quanto recuperato in dichiarazione o ceduto a terzi sotto forma di credito d’imposta, maggiorato delle sanzioni pari al 30% della somma non spettante chiesta in detrazione e degli interessi

Partendo da questo presupposto, diventa particolarmente importante che condomini e proprietari di casa siano informati in maniera dettagliata su cosa stanno chiedendo allo Stato e su quali siano i passaggi chiave ed eventuali controlli da poter fare prima, durante e a lavori completati. In questo articolo cerchiamo quindi di spiegare quali possono essere gli elementi critici che rischiano di far scattare sanzioni e penali a carico del contribuente, oltre che a mettere a rischio l'intera agevolazione.  

Decreto antifrodi: regole più stringenti

I bonus sulla casa, soprattutto dopo l’introduzione del superbonus del 110% e della possibilità di cedere la detrazione sotto forma di credito d’imposta, hanno incrementato in modo esponenziale i tentativi di frode ai danni dello Stato. Per questa ragione lo Stato è da poco corso ai ripari emanando il cosiddetto decreto Antifrodi, che pone regole più stringenti per accedere a queste agevolazioni. Infatti, è bene ricordarlo sempre, chi froda lo Stato non colpisce un’entità astratta ma direttamente tutti i cittadini: quanto infatti non viene incassato regolarmente viene recuperato dalle tasche degli altri per permettere il sostentamento del nostro sistema di stato sociale.
Per questo con il decreto anti frodi il Governo ha stabilito regole di controllo molto puntuali da parte di soggetti superpartes come i CAF e i tecnici abilitati che diventano responsabili in prima persona di quanto dichiarano.
Lo Stato, inoltre, ha verificato che le frodi maggiori avvengono grazie al meccanismo della cessione del credito, per questo motivo, dopo aver concesso una sola cessione del credito, paralizzando di fatto il mercato, è arrivato ad un massimo di tre cessioni per credito d’imposta, con vincoli stringenti. Infatti, a partire dal 1° maggio 2022, quando viene comunicata la cessione del credito all’Agenzia delle entrate, questa assegna un codice univoco alla somma ceduta che diventa “indivisibile”, in pratica non possono esser fatte cessioni parziali ulteriori. La somma ceduta, a questo punto può esser oggetto al massimo di due cessioni ulteriori, ma esclusivamente nei confronti di banche, intermediari finanziari o imprese di assicurazione. 
Facciamo un esempio, se un condominio usufruisce dello sconto in fattura da parte del fornitore, questi potrà cedere il credito d’imposta che ha ottenuto alla banca che, a sua volta, potrà utilizzare il credito oppure cederlo esclusivamente a un’altra banca, a un intermediario finanziario o a un’assicurazione. Il terzo ricevente però potrà esclusivamente utilizzare il credito d’imposta nei tempi legati alla detrazione che lo ha originato, se ad esempio stiamo parlando di superbonus il credito sarà utilizzabile in 4 anni.

 

Il controllo sui prezzi dei materiali e sulla spesa

Uno degli elementi sotto la lente del decreto Antifrodi è certamente il prezzo di tutto ciò che serve per i lavori di ristrutturazione (materiali, manodopera, attrezzi...). Da quando è stato introdotto il Superbonus, a causa anche del forte aumento della domanda e della minor reperibilità di materie prime, abbiamo assistito a un incremento dei prezzi di materiali e strumenti necessari allo svolgimento di tutti gli interventi di ristrutturazione. I prezzi però sono stati, in molti casi, gonfiati grazie alla prospettiva allettante del “tanto paga lo Stato”, con totale noncuranza dell’effetto che queste pratiche fraudolente hanno avuto sul mercato e sulle tasche degli italiani. Per questo motivo, sono stati introdotti diversi limiti sui prezzi dei materiali che possano essere considerati congrui e importi massimi di spesa per ogni tipo di intervento di ristrutturazione il superamento di questi tetti di spesa non permette la la detraibilità fiscale.

La congruità richiesta deve essere asseverata da un tecnico abilitato per ogni tipo di intervento che riguardi:

  • il Superbonus del 110%;
  • il sismabonus;
  • il bonus facciate;
  • l’ecobonus;
  • il bonus casa.

In pratica, al termine dei lavori o per ogni stato di avanzamento degli stessi il tecnico deve rilasciare un’asseverazione (una certificazione) che attesti i requisiti tecnici degli interventi realizzati sulla base del progetto iniziale, la congruità delle spese sostenute la congruità delle spese sostenute in riferimento ai prezzari individuati dal decreto del Ministero dello sviluppo economico e ai valori massimi di spesa ammissibile stabiliti per ogni tipologia di intervento dal decreto del Ministero della transizione ecologica.

Gli unici lavori che non devono essere asseverati sono quelli classificati come “attività di edilizia libera” (articolo 6 del TU dell’edilizia, del DM 2 marzo 2018 e della normativa regionale), come ad esempio il rifacimento del pavimento o delle grondaie, e per gli interventi di importo fino a massimo 10.000 euro complessivi, a esclusione di quelli per i quali si chiede il bonus facciate.

 

Certificazione non vera? Paga il tecnico

Il rilascio di asseverazioni o attestazioni infedeli comporta una sanzione a carico del tecnico abilitato che va da 2 mila e 15 euro per ogni documento non veritiero rilasciato. Per questo motivo questi professionisti sono obbligati a sottoscrivere una polizza assicurativa di responsabilità civile con un massimale di almeno 500 mila euro e comunque adeguato al numero di asseverazioni e attestazioni rilasciate, in questo modo possono garantire il risarcimento ai propri clienti e allo Stato in caso di eventuali danni derivanti dalla loro attività.

In casi estremi, il reato commesso dal tecnico può avere anche implicazioni penali, come ad esempio se è stato commesso con fine di lucro personale e, in questo caso il rischio per il professionista è la reclusione fino a un anno oltre a una ulteriore multa che arriva al massimo a 516 euro.

I rischi per il contribuente

Oltre ai tecnici che certificano i lavori, anche condomini e proprietari dell’immobile possono avere problemi in caso di attestazioni infedeli. Agenzia delle entrate, proprio per questo, potrebbe accertare la non spettanza della detrazione al contribuente e disporre il recupero delle somme chieste in detrazione attraverso un credito di imposta. Che cosa si può fare in questo caso? Il contribuente può rivalersi intentando un’azione civile contro il tecnico, qualora ritenga che la perdita dei benefici fiscali sia imputabile a una sua negligenza. Il giudice civile può stabilire anche un indennizzo che però non ha alcun legame con il valore della detrazione persa o dei lavori asseverati. Per il risarcimento del danno interviene l’assicurazione obbligatoria stipulata dal tecnico.

In caso di cessione del credito o di sconto in fattura le implicazioni rimangono identiche. È sempre dal contribuente che si parte per recuperare la detrazione che, non spettando, non potevano essere cedute. Tuttavia, se viene accertato il concorso nella violazione, cioè in qualche modo viene dimostrato che ci sia stato un accordo tra tecnico e committente dei lavori, il recupero delle somme può esser richiesto dall’Agenzia delle entrate in modo "solidale": in pratica, chi prima paga libera anche l’altro (cioè paga tutto uno, che poi si rivale sull’altro). Ovviamente, come abbiamo visto prima, rimane la possibilità di rivalersi sul tecnico.

Come capire se una fattura è gonfiata

Purtroppo il singolo condomino o il proprietario di immobile, se non è un esperto del settore edilizio, ha ben pochi strumenti per controllare se un preventivo è gonfiato. L'unico metodo sarebbe verificare in prima persona se i prezzi applicati dal professionista sono in linea con quelli indicati dal ministero dello Sviluppo economico nel suo prezziario e quindi scoprire se quello che certifica il tecnico è veritiero o no. Poiché però, come detto, un controllo in prima persona risulterebbe eccessivamente difficoltoso vista la complessità tecnica dei prezziari ministeriali, la cosa migliore da fare è scegliere in partenza un tecnico certificatore terzo, non legato all'impresa che ha fatto il preventivo o al general contractor (ovvero quelle aziende che offrono tutto il servizio, dai lavori agli incartamenti). In questo caso si paga certamente qualcosa di più rispetto al fatto di affidarsi a una sola impresa che faccia tutto, ma si abbassano le probabilità che il tecnico sia disposto a certificare come veritieri prezzi in realtà gonfiati. 

Se proprio si vuole poi trovare a tutti i costi un parametro che faccia suonare un campanello di allarme, si può dire che costi per lavori di riqualificazione il cui ammontare totale risulta essere molto vicino al tetto massimo di detraibilità (o che addirittura lo supera), meritano certamente maggiore attenzione e forse l'intervento di un occhio esperto super partes che aiuti a vederci chiaro. Come vedremo più avanti in questo articolo, infatti, Enea (uno degli organismi preposti a fare i controlli) tende a controllare più spesso richieste che presentano spese elevate o vicine ai massimali di detraibilità.  

Visto di conformità: tutti i casi in cui serve

Un altro documento che aiuta certamente a evitare rischi di vedersi richiedere indietro la detrazione per una qualche irregolarità è il Visto di Conformità. Si tratta di un documento che viene erogato da chi trasmette le dichiarazioni telematicamente: dottori commercialisti, centri CAF autorizzati, consulenti del lavoro e così via. Questo documento contiene tutte le informazioni che riguardano da vicino i soggetti coinvolti, i lavori svolti e la congruità degli stessi e dovrebbe garantire un maggior controllo sull’accesso ai bonus edilizi.

L’obbligo di apporre il visto di conformità riguarda tutti gli interventi edilizi a eccezione di quelli classificati come “attività di edilizia libera” (articolo 6 del TU dell’edilizia, del DM 2 marzo 2018 e della normativa regionale) e per gli interventi di importo fino a massimo 10.000 euro complessivi, a esclusione di quelli per i quali si chiede il bonus facciate che necessitano sempre del visto.

Il visto di conformità è necessario quando si opta per la cessione del credito o lo sconto in fattura e quando si decide di tenere la detrazione per indicarla nella dichiarazione dei redditi presentandola tramite un intermediario abilitato (CAF o professionista). Infatti, se si decide di conservare la detrazione e presentare la dichiarazione dei redditi precompilata online sul sito dell’Agenzia delle entrate o di affidarsi al sostituto d’imposta non è richiesta l’apposizione del visto di conformità.

I controlli di Enea 

Per quanto riguarda i requisiti tecnici, Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) si occupa di controllare che gli interventi che sono stati realizzati rispettino tutti i requisiti prescritti dalla legge per permettere l’accesso alla detrazione.

In particolare, Enea svolge controlli a campione sulla regolarità delle asseverazioni e l’accertamento della sussistenza delle condizioni per la fruizione delle detrazioni fiscali, verificando il 5% delle istanze presentate ogni anno sul suo sito per ottenere i bonus. Nella scelta dei lavori da controllare, Enea tiene conto di quelli che soddisfano uno o più dei seguenti criteri:

  • istanze relative agli interventi che hanno diritto a una maggiore aliquota, (Superbonus);
  • istanze che presentano la spesa più elevata;
  • istanze che presentano criticità in relazione ai requisiti di accesso alla detrazione fiscale e ai massimali dei costi unitari.

Come avvengono i controlli di Enea

In caso di controllo documentale Enea comunica l’avvio del procedimento di controllo tramite raccomandata A/R o PEC al beneficiario della detrazione (all’amministratore per i lavori in condominio) che, entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, dovrà trasmettere via PEC all’indirizzo Enea@cert.Enea.it, in formato PDF, tutta la documentazione tecnica necessaria per la fruizione della detrazione fiscale e quella attestante il pagamento delle somme.

Per i controlli da svolgersi con sopralluogo, Enea almeno 15 giorni prima, comunica tramite raccomandata A/R o PEC, il luogo, data, ora e nominativo dell’incaricato del controllo. A fronte di motivata richiesta, il sopralluogo potrà essere rinviato, per 1 sola volta, fermo restando che andrà comunque effettuato entro 60 giorni dalla comunicazione di Enea.

Il sopralluogo deve avvenire in presenza del beneficiario, dell’amministratore di condominio o del tecnico che ha firmato la relazione di fine lavori e, durante la visita, i tecnici Enea possono richiedere ed acquisire atti, documenti, schemi tecnici e ogni altra informazione ritenuta utile oltre a effettuare rilievi fotografici.

Al termine del controllo, viene redatto un verbale con l’indicazione delle operazioni effettuate, della documentazione esaminata, delle informazioni acquisite e delle dichiarazioni rese dai presenti, rilasciandone una copia.

L’esito del controllo viene comunicato dall’Enea entro 90 giorni e: se vengono riscontrate irregolarità, parte subito la segnalazione del beneficiario della detrazione all’Agenzia delle entrate e al ministero dello Sviluppo economico per la revoca dell'agevolazione, con importo maggiorato di interessi e sanzioni.

Tuttavia, se viene accertato il concorso di uno o più fornitori nelle violazioni, si rileva la responsabilità in solido di questi ultimi. Infine, se vengono ravvisati gli estremi di condotte penalmente rilevanti, il fascicolo viene inoltrato alle autorità giudiziarie competenti.

I controlli dell’Agenzia delle entrate

I controlli dell’Agenzia delle entrate sono di due tipi: preventivo e a posteriori.

Il controllo fatto a posteriori è quello che permette all’Agenzia delle entrate di verificare entro il quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi contenente il bonus utilizzato che documenti e procedure prescritti dalla legge siano corretti. Nei casi di accertamento di non spettanza della detrazione, anche qualora sia stata ceduta, il Fisco recupera il valore della stessa maggiorata di interessi e sanzione pari al 30% della detrazione non spettante.

I controlli preventivi, invece, avvengono solo in caso di cessione del credito o sconto in fattura. Infatti, l’Agenzia delle entrate, entro cinque giorni lavorativi dall’invio della comunicazione della cessione del credito, se rileva profili di rischio, può sospendere per un massimo di 30 giorni gli effetti della cessione del credito ed effettuare i relativi controlli.

Quali sono i profili a rischio controllo

I profili di rischio sono individuati utilizzando criteri riferiti a:

  • coerenza e regolarità dei dati indicati nelle comunicazioni e nelle opzioni con i dati presenti nell’Anagrafe tributaria o comunque in possesso dell’Amministrazione finanziaria;
  • dati relativi ai crediti ceduti e ai soggetti che intervengono nella cessione, sulla base delle informazioni presenti nell’Anagrafe tributaria o comunque in possesso dell’Amministrazione finanziaria;
  • analoghe cessioni effettuate in precedenza dai soggetti indicati nelle comunicazioni di cessione.

Se dal controllo risultano confermati i rischi, viene notificato a chi ha effettuato la comunicazione della cessione che questa non si considera valida.

Se, invece, i rischi non risultano confermati, o si superano i 30 giorni di sospensione, la comunicazione di cessione del credito prosegue il suo iter naturale.

Se viene accertata la non spettanza, anche parziale, della detrazione da parte del contribuente, il recupero del relativo importo sarà maggiorato di interessi e sanzione pari al 30% della detrazione non spettante. Se durante i controlli dell’Agenzia delle entrate o di Enea viene accertato che il contribuente non aveva diritto alla detrazione, chi ha ottenuto il credito d’imposta in buona fede non perde il diritto di utilizzarlo. Significa che se anche il proprietario dell’immobile non aveva diritto alla detrazione, l’impresa che in buona fede ha rilevato il credito di imposta può comunque usufruirne.

Leggi anche il nostro speciale sul bonus tende.