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A cosa serve il Pap test, quando farlo e come leggere i risultati

Il Pap test serve ad analizzare le cellule che rivestono il collo dell’utero: la sua utilità è dovuta al fatto che identifica non soltanto eventuali cellule tumorali prima che diano sintomi (diagnosi precoce o prevenzione secondaria), ma anche cellule in stadio pretumorale, che possono essere rimosse prima ancora di diventare un tumore vero e proprio (prevenzione primaria).

07 aprile 2023
medico che fa esame di laboratorio

Per anni in Italia il Pap test è stato effettuato come unico test di screening, ogni due anni o anche più spesso, e consigliato a partire dal momento in cui la donna iniziava ad avere rapporti sessuali. Questo atteggiamento è stato modificato quando si è capito che molte lesioni iniziali nelle donne giovani regrediscono spontaneamente, proprio perché l’organismo nella maggior parte dei casi elimina l’Hpv. Se però queste lesioni, di fatto innocue, venivano identificate dal Pap test, potevano portare a interventi, come la cauterizzazione o “bruciatura”, che oltre a essere spiacevoli non sono privi di effetti collaterali. Si tratta di esempi tipici di sovradiagnosi e sovratrattamento: praticare interventi che non diminuiscono il rischio di tumore (perché la lesione sarebbe comunque regredita spontaneamente), ma possono creare danni. Da tempo quindi l’indicazione è di eseguire il Pap test solo dopo i 25 anni e con cadenza triennale e in questa forma lo screening è offerto gratuitamente in tutte le Regioni.

Si può notare però che il Pap test in Italia è utilizzato anche al di fuori degli screening organizzati, di solito dal ginecologo privato della donna. In questi casi può esserci ancora la proposta del Pap test da effettuare ogni anno, per abitudine e comodità, sia del medico sia della donna, che si sente in maniera non giustificata “più protetta e seguita”. È importante sapere che l’esecuzione più frequente del Pap test non offre benefici, ma al contrario aumenta il rischio di sovradiagnosi e sovratrattamento.

Quando bisogna iniziare a fare l’Hpv test?

Dopo i 30-35 anni, è consigliabile eseguire l’Hpv test come screening primario, affiancato da un Pap test per chiarire i risultati. Questo significa che si eseguono entrambi i test contemporaneamente, oppure uno dopo l’altro, e poi si procede a seconda dei risultati del test Hpv: in caso di negatività di entrambi i test, ovvero se non c’è il virus nel tratto genitale, si può allungare l’intervallo dello screening, arrivando a cinque anni. Se infatti non ci sono né infezione da Hpv né lesioni al Pap test, il rischio che si sviluppi un tumore alla cervice è praticamente inesistente nei cinque anni successivi; in Olanda l’intervallo è stato addirittura portato a sette anni. Si tratta di un importante risparmio di risorse per il Servizio sanitario e per la vita della donna. Se invece l’Hpv test è positivo, si consiglia di ripetere l’esame un anno dopo, se il Pap test non identifica problemi. Se al contrario anche il Pap test mostra qualche anomalia, si consiglia un’indagine più approfondita, ovvero la colposcopia: un esame ravvicinato del collo dell’utero eseguito con uno strumento apposito. Iniziare a fare l’Hpv test più precocemente è inutile e potenzialmente dannoso, perché porterebbe a trovare molti casi di infezione da Hpv, diffusi nelle donne giovani, che nella maggior parte dei casi sono destinati a risolversi spontaneamente senza creare problemi.

Quando si può smettere di fare Pap test

Dopo i 64-65 anni non c’è più indicazione al Pap test di screening, perché per le donne senza sintomi e che hanno fatto regolarmente il Pap test negli anni precedenti il rischio di incorrere in un tumore alla cervice uterina diventa trascurabile. Lo screening può invece restare utile in chi non lo ha mai fatto o comunque se ci sono sintomi sospetti, come una perdita di sangue in menopausa.

È importante che il medico spieghi bene alla donna il motivo per cui lo screening non è più utile, perché non si senta semplicemente “messa da parte” in quanto troppo vecchia e magari continui a farlo a sue spese privatamente, sottoponendosi a una procedura inutile. Il Pap test è indolore (al massimo si può provare un leggero fastidio) e si effettua con le stesse modalità di una visita ginecologica: dopo aver applicato lo speculum, uno strumento che permette di visualizzare il collo dell’utero, l’operatore sanitario preleva con una spatolina le cellule che si staccano spontaneamente.

Il Pap test fornisce i risultati più attendibili quando:

  • le mestruazioni sono terminate da almeno tre giorni;
  • non ci sono perdite di sangue;
  • non ci sono stati rapporti sessuali (neanche con preservativo) nei due giorni precedenti; non sono stati utilizzati ovuli, lavande o creme vaginali nei tre giorni precedenti; non ci sono perdite vaginali abbondanti. Nessun problema invece per fare il bagno in mare, vasca o in piscina.

Si può fare il Pap test in gravidanza?

Sì, ed è raccomandato soprattutto per le donne che non lo hanno mai effettuato prima, anche se può presentare più facilmente falsi positivi per le modificazioni ormonali della gravidanza. La maggior parte delle lesioni eventualmente riscontrate sono agli stadi iniziali e possono essere monitorate nel tempo e trattate dopo il parto, ma è comunque possibile eseguire anche alcuni trattamenti durante la gravidanza. La positività al test Hpv non è un motivo per effettuare il taglio cesareo e non controindica l’allattamento.

Gli screening si devono fare anche se non si hanno più rapporti sessuali?

Sì, se la donna ha avuto rapporti sessuali in passato, anche se al momento non li ha più, per la possibile evoluzione del tumore della cervice negli anni. Se non si hanno mai avuti rapporti sessuali, il rischio di tumore è quasi inesistente.

Capire i risultati del Pap test

Le sigle riportate nelle risposte dei Pap test sono molte, complesse e articolate. La presenza di alterazioni cellulari non significa di per sé che si è di fronte a un tumore, ma che bisogna approfondire.

  • Nei limiti della norma: l’esame è negativo, le cellule sono normali e non c’è l’esigenza di raramente alcun trattamento.
  • Alterazioni cellulari benigne: presenza di cellule alterate ma non di origine tumorale.
  • Atipie cellulari (in ordine da meno a più a rischio: ASC-US, LG-SIL o LSIL o SIL di basso grado, ASC-H, HGSIL o H-SIL o SIL di alto grado): l’esame mostra la presenza di cellule alterate, la cui evoluzione potrebbe essere la spia di uno stadio tumorale precoce del collo dell’utero. Fino a un certo grado possono regredire spontaneamente.
  • Carcinoma squamoso o adenocarcinoma: forme tumorali, più o meno gravi a seconda del grado.
  • Per la conferma o l’esclusione di un tumore è comunque sempre necessaria una biopsia (istologia).

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