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Sindrome premestruale: non è una malattia

Una condizione fisiologica che è stata trasformata in una patologia per spingerci a comprare rimedi che non ci servono. Ecco tutto quello che c’è da sapere sulla sindrome premestruale.

25 maggio 2022
Sindrome premestruale

I farmaci curano le malattie. I sintomi fisici e psicologici che possono accompagnare l’arrivo del ciclo mestruale in età fertile, però, non sono una malattia. “Sindrome premestruale”, e – ancora più minacciosa - “disturbo disforico premestruale” sono definizioni che servono più che altro a far sentire malate e bisognose di un aiuto farmacologico le donne che prima o durante il ciclo provano comuni disturbi. In ultima analisi: servono a vendere farmaci.

Cause della sindrome premestruale: le due teorie

Sulle cause della sindrome premestruale - un insieme di disturbi più o meno fastidiosi che precede e accompagna il ciclo - esistono principalmente due teorie. La prima punta il dito sulla presunta maggiore sensibilità di alcune donne ai cambiamenti ormonali legati alle mestruazioni. Mentre però non ci sono spiegazioni del perché alcune dovrebbero patire questi cambiamenti e altre no, l’unica cosa certa è che i livelli degli ormoni indiziati nelle donne con sindrome premestruale o disturbo disforico premestruale non differiscono da quelli delle donne che non li presentano. La seconda teoria coinvolge i livelli di serotonina, che sarebbero squilibrati dall’azione di estrogeni e progesterone. Ed ecco che scatta il ricorso al farmaco: dato che gli antidepressivi noti come “inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina” (tra cui il più noto è il Prozac) dovrebbero appunto modificare i livelli di questo neurotrasmettitore, alcune linee guida li hanno indicati come trattamento per la sindrome premestruale, nonostante la loro dubbia utilità in questo caso e i possibili effetti indesiderati.

Sindrome premestruale: sintomi fisici e psicologici

Il ciclo mestruale è il processo con il quale una cellula uovo matura viene rilasciata dall’ovaio ed espulsa quando non è fecondata. Si distinguono tre fasi del ciclo: quella follicolare o proliferativa, l’ovulazione, nella quale l’ovulo può essere fecondato, e la fase luteale o secretoria. Proprio questa è quella in cui si possono presentare una serie di sintomi, nei 5 giorni precedenti la mestruazione e fino a 4 giorni dal suo inizio. Ecco i principali:

  • Tra i sintomi emotivi vi sono ansia, irritabilità, depressione, scoppi d’ira, confusione, difficoltà di concentrazione, insonnia o al contrario sonnolenza, desiderio di isolarsi, crisi di pianto, cambiamenti del desiderio sessuale.
  • I sintomi fisici includono cambiamenti nell’appetito, gonfiore e aumento di peso, mal di testa, gonfiore delle mani o dei piedi, dolori articolari e muscolari, affaticamento, eruzioni cutanee, sintomi gastrointestinali, dolore addominale, gonfiore del seno.

Sindrome premestruale: diagnosi e rimedi

Per diagnosticare la sindrome premestruale o il disturbo disforico premestruale, il medico sottopone le pazienti ad appositi questionari volti a evidenziare la presenza di specifici sintomi fisici e psicologici e verificarne la loro ciclicità. Spiega Carlotta Tosadori, ginecologa dell’associazione scientifica Andria, per la promozione di una assistenza appropriata in ostetricia, ginecologia e medicina perinatale: «Secondo le linee guida dell’ACOG (American College of Obstetricians and Gynecologists), occorre che due o più sintomi fisici e psicologici siano presenti nel corso di almeno due cicli mestruali e soltanto in un periodo ben preciso, da 5 giorni prima della mestruazione fino a un massimo di 4 giorni dopo il suo inizio. Occorre inoltre che questi sintomi siano percepiti come di una certa severità». È necessario anche chiarire se i sintomi non siano in realtà la spia di altre patologie sottostanti, come per esempio la depressione. «Le donne che lamentano disturbi prima e durante il ciclo, per la mia esperienza sono circa il 30%», continua Tosadori. «Spesso il ginecologo non dà molta importanza ai loro racconti e di rado approfondisce davvero il discorso». Visto che la reale causa della sindrome è sconosciuta, la cura consiste nell’alleviare i sintomi. A livello di farmaci si va dai contraccettivi orali, che sopprimono l’ovulazione, agli antidepressivi, che agiscono sui livelli di serotonina. Quest’ultima categoria di farmaci presenta possibili reazioni indesiderate molto importanti, che dovrebbero spingere a un’estrema cautela nella loro prescrizione per i sintomi della sindrome premestruale. Esistono anche interventi non farmacologici, come la terapia cognitivo-comportamentale. «E poi», ricorda Tosadori, «una serie di integratori e rimedi erboristici, come per esempio l’agnocasto, sulla cui efficacia non vi è però alcuna certezza dai dati e dalle revisioni di letteratura. Senza bisogno di prescrizioni, e con in testa l’idea che prodotti come questi non possano comunque fare male, il rischio dell’assunzione fai-da-te è reale. Ma se li si assume in eccesso, anche alcuni integratori potrebbero avere effetti indesiderati».

Dal fisiologico al patologico

Intendiamoci, i sintomi spesso ci sono, e possono essere fastidiosi: dal gonfiore addominale all’irritabilità, dalla tristezza al mal di testa, molte donne all’arrivo del ciclo provano disagio. Si tratta però di una condizione fisiologica, non di una malattia. Come si è arrivati dall’una all’altra, al punto di prescrivere farmaci? È un classico caso di disease mongering, espressione inglese che significa “vendere malattie”, una pratica sempre più diffusa con cui le case farmaceutiche mirano a trasformare un aspetto naturale della nostra vita in un problema di salute. Così persone sane si trasformano in pazienti e potenziali consumatori del farmaco giusto per curare il loro “disturbo”.

Come alleviare i disturbi della sindrome premestruale

Essendo una condizione fisiologica, ci sono molti modi per alleviare i disturbi che precedono l’arrivo del ciclo. Ecco quali.

Stile di vita

«È importante ricordarsi quali sono i determinanti della salute proposti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità», suggerisce la ginecologa Carlotta Tosadori. «Prima di tutto cercare di condurre uno stile di vita sano. Ma è difficile trovare studi sull’efficacia di un simile approccio, più facile che i lavori di ricerca siano sull’efficacia di un farmaco».

Esercizio fisico

«Ci si dovrebbero ritagliare almeno 30 minuti per tre-quattro volte a settimana per fare movimento», spiega Tosadori. «Può essere una passeggiata veloce, un giro in bicicletta o magari una nuotata. L’esercizio incrementa il rilascio di endorfine, che migliorano l’umore».

Relax

Si potrebbero sperimentare anche «tecniche di rilassamento, come lo yoga, la respirazione e, per chi è capace, la meditazione». Bisognerebbe cercare di ridurre lo stress, che acuisce il disturbo fisico e psicologico: «Ritagliarsi momenti piacevoli nel corso della giornata».

Sonno e dieta

Infine, può avere un ruolo una buona igiene del sonno (orari regolari, almeno 7-8 ore di riposo per notte) e la dieta. «Contro gonfiore addominale e ritenzione idrica, meglio evitare cibi ad alto contento di sale. Preferire la frutta e la verdura alla carne, ridurre i carboidrati semplici in favore di quelli complessi, che innalzano il livello di serotonina. Infine, ridurre l’alcol, che ha un ruolo nelle cefalee e può abbassare il tono dell’umore, la caffeina, ed eliminare il fumo».

Un nuovo uso del Prozac

Come si rende più numerosa la platea di pazienti? Per esempio aggiornando le definizioni di disturbi esistenti, allargando i criteri diagnostici per ampliare i confini delle malattie. O mettendo insieme una serie di sintomi sotto un unico nome. O ancora, abbassando i valori definiti normali per un dato parametro, per aumentare il numero di persone che, superandolo, possono essere definite malate. O trasformando un fattore di rischio per una determinata malattia in una malattia a sé. Più la platea di potenziali pazienti è ampia, più è ghiotta l’opportunità di trovare un modo per vendere un farmaco. Per le donne in età fertile la platea è sterminata, e ciò spiega come la casa farmaceutica americana Eli Lilly abbia puntato proprio su di loro per continuare a far rendere il suo farmaco antidepressivo Prozac, con brevetto in scadenza a fine anni ’90. Serviva una nuova indicazione d’uso per rimpolpare le vendite della fluoxetina, un inibitore della ricaptazione di serotonina principio attivo del Prozac, ed estendere di qualche anno il brevetto; così negli Usa nacque Sarafem, un farmaco con principio attivo e dosaggio identici al Prozac, ma con diverso confezionamento e una campagna pubblicitaria ad hoc. Secondo alcune fonti, la casa farmaceutica avrebbe sfruttato il fatto che il disturbo disforico premestruale aveva fatto il suo ingresso nel manuale diagnostico americano delle malattie mentali e avrebbe spinto per il suo riconoscimento definitivo come malattia da curare con psicofarmaci. Altri antidepressivi come Paxil e Zoloft furono autorizzati in Usa per questo disturbo, mentre nessun antidepressivo è stato autorizzato con questa indicazione in Europa. «I medici a volte ascoltano poco», ribadisce Tosadori, «e ci sono molti fattori confondenti. Una donna spesso ascolta quello che le suggerisce l’amica o la sorella o la pubblicità in tv. La medicina», conclude la ginecologa, «dovrebbe aiutare le persone a prendere le decisioni giuste. In questo anche noi abbiamo delle responsabilità».

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