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Caffè decaffeinato: proprietà e i rischi per la salute

Per chi vuole evitare il consumo di caffeina, il caffè decaffeinato rappresenta un’ottima scelta. Riguardo a questa bevanda, però, sorgono spesso molti dubbi: è vero che fa male alla salute? In che modo viene prodotto? Chi soffre di pressione alta o di reflusso può consumarlo? Ecco tutte le risposte.

  • articolo di
  • Alessandra Maggioni
08 maggio 2024
  • articolo di
  • Alessandra Maggioni
Caffè decaffeinato

Quando si parla di caffè decaffeinato, una delle domande che ci si pone più di frequente è se possa far male alla salute. È soprattutto l’utilizzo delle sostanze utilizzate per l’estrazione della caffeina a suscitare dubbi sulla loro sicurezza. Si tratta di timori fondati? Come viene prodotto il caffè decaffeinato? Contiene ancora caffeina? Si può bere in gravidanza? E se si soffre di reflusso? Rispondiamo ai dubbi più comuni.

Cosa vuol dire caffè decaffeinato?

Una credenza abbastanza diffusa è che il decaffeinato sia un caffè di qualità scadente, probabilmente perché, quando si iniziò a produrre, alla decaffeinizzazione non venivano destinati caffè di elevata qualità. Attualmente invece si possono trovare facilmente caffè decaffeinati di tutto rispetto. Non è l’assenza di caffeina che rende sgradevole un decaffeinato, ma è l’utilizzo di materie prime e di processi di basso livello qualitativo.

Il processo di decaffeinizzazione, innanzitutto, viene effettuato quando i chicchi sono ancora verdi, cioè crudi, quindi prima della tostatura. Il procedimento, quindi, resta lo stesso per tutte le tipologie di caffè che si vuole ottenere (solubile, macinato per moka e per espresso, in grani).
 
Esistono diversi modi per ottenere caffè decaffeinato, che si differenziano in funzione del tipo di solvente usato per estrarre la caffeina. Il processo prevede, come prima cosa, il trattamento del caffè verde con acqua o vapore acqueo per gonfiare i chicchi, allo scopo di facilitare l’estrazione della caffeina. Dopo la rimozione della caffeina, il solvente viene allontanato e recuperato per essere poi riutilizzato. Il caffè infine viene asciugato e poi confezionato.
 

Quali sono i solventi utilizzati per l’estrazione della caffeina?

La legge autorizza 4 solventi per rimuovere la caffeina dai chicchi: 

 

  • acqua: il metodo che utilizza l’acqua consiste nell’immergere i chicchi di caffè verde in vasche piene di questo liquido. L’acqua però non estrae solo la caffeina, ma anche parte degli aromi presenti nei chicchi. Il problema si può risolvere, saturando inizialmente l’acqua con altri aromi del caffè, in modo tale da riuscire a estrarre esclusivamente la caffeina. È un metodo poco costoso ma, a causa delle difficoltà suddette, piuttosto complesso;
  • anidride carbonica: viene utilizzata anidride carbonica allo stato supercritico, cioè avente proprietà intermedie tra un liquido e un gas, che la rendono efficace nell’estrarre la caffeina in modo selettivo. Per portare l’anidride carbonica a questo stato occorrono però alte pressioni e temperature, il che rende il processo piuttosto costoso;
  • diclorometano (o cloruro di metilene): è stato uno dei primi solventi ad essere utilizzato a livello industriale. I chicchi di caffè crudo sono immersi in vasche d’acqua contenenti questo solvente, che poi viene rimosso facilmente per mezzo del vapore acqueo (evapora infatti a 40 °C). Il diclorometano riesce a rimuovere solo la caffeina, mantenendo così tutte le sostanze aromatiche del caffè di partenza;
  • acetato di etile: è una sostanza presente naturalmente in alcuni alimenti (lo troviamo anche nella frutta). Questo solvente estrae solo la caffeina, non impoverendo quindi il chicco delle sostanze aromatiche presenti. Può lasciare però nel caffè un odore di fruttato che non è caratteristico di questa bevanda e, inoltre, è altamente infiammabile. È un metodo quindi meno utilizzato rispetto agli altri.

Contiene ancora caffeina dopo l'estrazione?

Sì, ne contiene ancora, ma in misura molto limitata. Per legge (Decreto Ministeriale 20 maggio 1976) il caffè torrefatto non deve contenere più dello 0,10 % di caffeina sul secco, che diventa 0,30 % per il caffè solubile. Sulle confezioni di caffè decaffeinato dev’essere riportata la dicitura “caffè decaffeinato”, con la precisazione: “caffeina non superiore a 0,10 per cento” per il caffè torrefatto e “caffeina non superiore a 0,30 per cento” per il caffè solubile.

Il caffè decaffeinato fa male?

No, perché i metodi autorizzati attualmente in uso consentono di ottenere un prodotto controllato e sicuro. I solventi utilizzati, scelti a tale scopo poiché sono quelli che offrono maggiori garanzie sotto il profilo igienico-sanitario, devono possedere innanzitutto determinate caratteristiche chimico-fisiche e di purezza previste dalla legge. La normativa poi fissa anche i livelli di residui massimi di tali sostanze consentiti nel caffè decaffeinato: per il diclorometano, il caffè torrefatto non può contenerne più di 10 ppm e il caffè solubile non più di 5 ppm; per l’acetato di etile, i rispettivi valori sono di 15 ppm e 5 ppm. Se consideriamo in ogni caso che la decaffeinizzazione viene effettuata sul caffè prima che venga tostato, e che diclorometano e acetato di etile evaporano rispettivamente a 40°C e a 77°C, con il processo di tostatura (che avviene a temperature ben più alte) in pratica ogni residuo di solvente scompare.

Si può bere in gravidanza?

Sì, il caffè decaffeinato si può bere durante la gravidanza. Anzi, come sottolinea il ministero della salute,  sarebbe da preferire rispetto al caffè “classico”. In gravidanza, infatti, il metabolismo della caffeina è molto più lento e la caffeina attraversa facilmente la barriera placentare, arrivando al feto. Le linee guida per una sana alimentazione del CREA (Centro di Ricerca Alimenti e Nutrizione), in linea con le raccomandazioni dell’Efsa e della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) , consigliano di non assumere durante la gestazione più di 200 mg al giorno di caffeina, cioè in pratica di non superare i 2 caffè “classici” al giorno, e di ricorrere al decaffeinato se si ha desiderio di ulteriori caffè.  Lo stesso consiglio è per le donne in allattamento: la caffeina, infatti, passa nel latte materno e ciò può causare una maggiore irritabilità del lattante e la comparsa di disturbi del sonno. 

Fa male al cuore? 

No, anzi, il consumo di caffè decaffeinato potrebbe avere un lieve effetto protettivo nei confronti delle malattie cardiovascolari. Secondo uno studio di coorte del 2022 pubblicato sull'European Journal of Preventive Cardiology, una rivista della Società Europea di Cardiologia, infatti, il consumo di due - tre tazze di caffè al giorno di qualsiasi tipo di caffè, anche decaffeinato, rispetto a chi evita questa bevanda, è associato a una maggiore longevità e a un minor rischio di malattie cardiovascolari (malattia coronarica, insufficienza cardiaca e ictus ischemico). 

Lo studio ha incluso circa 450.000 partecipanti del Regno Unito di età compresa tra i 40 e i 69 anni, seguiti mediamente per circa 12 anni. La maggiore riduzione del rischio di mortalità è stata osservata con due o tre tazze al giorno di qualsiasi tipo di caffè, che, rispetto al non consumo, sono state associate a una probabilità di morte inferiore del 14% nel caso di caffè decaffeinato, del 27% per il caffè macinato “classico” e dell’11% per il solubile. 

Anche riguardo all’incidenza di malattie cardiovascolari, il rischio più basso è stato osservato con due o tre tazze al giorno, che, rispetto all'astinenza da caffè, sono state associate a una probabilità ridotta di sviluppare queste patologie del 6% per il caffè decaffeinato, del 20% per il macinato classico e del 9% nel caso del caffè solubile. 
Responsabili di questi effetti benefici sono, probabilmente, oltre alla caffeina, le centinaia di sostanze antiossidanti presenti nel caffè (ad esempio, gli acidi clorogenici e le melanoidine). Queste sostanze sono in grado, infatti, di contrastare gli effetti dannosi dei radicali liberi, che possono avere un ruolo nello sviluppo delle malattie cardiovascolari.

Si può bere se si ha la pressione alta?

Sì, il caffè decaffeinato non causa innalzamenti della pressione, per cui si può assumere anche se si soffre di ipertensione. Secondo le linee guida per la gestione dell’ipertensione arteriosa della Società Europea di Ipertensione, dati recenti sembrano indicare che il consumo moderato e regolare di caffè in generale (quindi non solo decaffeinato) non influisca negativamente né sulla pressione sanguigna né sul sistema cardiovascolare.

Si può bere il caffè decaffeinato se si soffre di reflusso o di gastrite?

Ai pazienti che soffrono di reflusso viene spesso consigliato di eliminare il caffè per ridurne i sintomi tipici, come bruciore di stomaco o rigurgito. In effetti, in alcune persone il caffè causa acidità di stomaco: la caffeina, infatti, stimola la secrezione gastrica. Chi soffre di gastrite o reflusso gastro-esofageo farebbe meglio quindi a evitare questa bevanda. Meglio allora il caffè decaffeinato per chi soffre di questi disturbi? In realtà non è chiaro se l’effetto di stimolazione della secrezione acida gastrica da parte del caffè venga perso, almeno in parte, con il trattamento di decaffeinizzazione.

Uno studio pubblicato nel 2020 su Clinical Gastroenterology and Hepatology, una delle riviste della Associazione americana di gastroenterologia, che ha coinvolto circa 48.000 donne partecipanti al Nurses’ Health Study che non presentavano sintomi di reflusso, ha valutato l’impatto di caffè e altre bevande sui sintomi tipici di questo disturbo, rivelando che l'assunzione di caffè, sia tradizionale che decaffeinato, era associata a un aumento del rischio dei sintomi. Non sembra quindi essere la caffeina la responsabile del reflusso gastro-esofageo, che è probabilmente attribuito ad altri componenti del caffè non ancora conosciuti.

Le linee guida per la diagnosi e la gestione della malattia da reflusso gastro-esofageo, pubblicate dal Collegio americano di gastroenterologia nel 2022, indicano che non vi sono prove chiare che scegliere caffè e bevande decaffeinate possano migliorare i sintomi associati a questo disturbo. Non possono quindi essere raccomandate a livello generale. Anche la Società americana di endoscopia gastrointestinale, nei suoi consigli sulla dieta per il reflusso, include sia il caffè classico che quello decaffeinato  tra gli alimenti riconosciuti in grado di scatenarne i sintomi.

Chi soffre di sindrome del colon irritabile può bere caffè decaffeinato?

La sindrome dell’intestino irritabile (IBS) è un disturbo gastrointestinale cronico, caratterizzato da un dolore o un fastidio addominale ricorrente associato a diarrea e/o stitichezza, in assenza di una malattia organica. La caffeina può indurre o peggiorare i sintomi di questa sindrome: è stato dimostrato, infatti, che questa sostanza, negli adulti sani, è in grado di aumentare l'attività motoria del colon; è stato riportato, inoltre, che il caffè in generale può provocare un effetto lassativo nelle persone predisposte. Per questi motivi, tra i consigli forniti da diverse società scientifiche nel caso si soffra di colon irritabile, vi è quella di ridurre il consumo di caffè.
Per esempio, l’Associazione britannica di dietetica (BDA), nelle sue raccomandazioni sulla dieta per questo tipo di disturbo consiglia di limitare a 3 tazze al giorno l'assunzione di bevande contenenti caffeina come tè e caffè e, per una corretta assunzione di liquidi, consiglia di bere acqua o altre bevande non contenenti caffeina (ad esempio tisane). Gli stessi consigli sono dati anche dalle linee guida dell’Istituto nazionale per l’eccellenza nella prestazione delle cure e dei servizi sanitari del Regno Unito (NICE)  sulla diagnosi e gestione della sindrome del colon irritabile negli adulti e da quelle dell’Associazione americana di gastroenterologia (AGA).
 
Il caffè decaffeinato quindi si può bere senza problemi? Nelle linee guida non vengono in realtà dati suggerimenti specifici in merito a questo tipo di caffè.
Dato che però dopo il processo di decaffeinizzazione il contenuto di caffeina che residua è minimo (non deve superare per legge lo 0,10 % per il caffè torrefatto), possiamo supporre che il decaffeinato possa essere meglio tollerato in caso di questo disturbo. In realtà anche questo tipo di caffè potrebbe dare disturbi in caso di colon irritabile, perché sembra che anche il caffè decaffeinato possa stimolare l'attività motoria del colon, anche se in maniera meno potente rispetto al caffè contenente caffeina. Questo probabilmente a causa di altri componenti diversi dalla caffeina non ancora ben definiti (un’ipotesi è che i responsabili di alcuni effetti gastrointestinali possano essere gli acidi clorogenici, polifenoli presenti naturalmente nel chicco di caffè). Il consiglio che diamo è di valutare sempre se l’assunzione della bevanda è correlata al manifestarsi dei sintomi (diarrea, stitichezza): se dopo aver bevuto caffè decaffeinato si hanno disturbi, è da considerare la possibilità di ridurne o eliminarne l'assunzione.
 

Quali sono benefici e controindicazioni del caffè decaffeinato?

In alcuni casi e per alcune persone, il caffè tradizionale può dare qualche problema: in alcuni, per esempio, il caffè può causare acidità di stomaco oppure, nelle persone che ne soffrono in modo ricorrente, può dare mal di testa. Chi soffre di insonnia, poi, dovrebbe evitare di assumere caffè nel tardo pomeriggio o la sera. Per chi, quindi vuole evitare gli effetti del consumo di caffeina, per i più svariati motivi, il caffè decaffeinato rappresenta un’ottima soluzione. Anche il decaffeinato, come il caffè classico, può apportare benefici alla salute. Come per il caffè tradizionale, chi ne assume 3-4 tazzine al giorno sembra avere un rischio di sviluppare diabete più basso di circa un terzo rispetto a chi non ne consuma. Il consumo di caffè decaffeinato, inoltre, rispetto a chi evita questa bevanda, è associato anche a una maggiore longevità e a un minor rischio di malattie cardiovascolari.

Responsabili di questi effetti benefici sono probabilmente, oltre alla caffeina, le sostanze antiossidanti di cui il caffè è ricco: ne contiene infatti centinaia, tra cui gli acidi clorogenici, che appartengono alla famiglia dei fenoli, e le melanoidine, sostanze che si sviluppano grazie alla tostatura. Gli antiossidanti sono in grado di contrastare gli effetti dannosi dei radicali liberi e quindi si pensa che possano contribuire a ridurre il rischio di sviluppare numerose patologie in cui i radicali liberi hanno un ruolo, come ad esempio le malattie cardiovascolari, ma anche l’Alzheimer o i tumori.

Come abbiamo visto, il caffè decaffeinato non fa male alla salute come in molti temono, anzi, sono diversi i benefici che ci può dare. I metodi autorizzati attualmente in uso per rimuovere la caffeina consentono di ottenere un prodotto controllato e sicuro.

Per quanto riguarda le controindicazioni, se si soffre di reflusso gastro-esofageo occorre prestare un minimo di attenzione, perché non è chiaro se il decaffeinato possa migliorare o meno i sintomi di questo disturbo. Se quindi la sua assunzione ne evoca i sintomi, il suo consumo andrà eliminato o ridotto.
Il decaffeinato, come visto, potrebbe dare disturbi anche in caso di colon irritabile, perché potrebbe stimolare l'attività motoria del colon, anche se in maniera meno potente rispetto al caffè classico, probabilmente a causa di altri componenti diversi dalla caffeina non ancora ben definiti (per esempio gli acidi clorogenici, polifenoli presenti naturalmente nel caffè). Anche in questo caso, se l’assunzione della bevanda è correlata al manifestarsi dei sintomi (diarrea, stitichezza), va considerata la possibilità di ridurne o evitarne il consumo.