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Caffè solubile: cos'è, come prepararlo e i rischi per la salute

Pratico e veloce da preparare, il caffè solubile ha degli indiscutibili vantaggi. Ma quando si pensa a questo tipo di preparazione, spesso insorgono alcuni dubbi: è vero che fa male alla salute? Qual è la differenza rispetto al caffè “classico”? In che modo viene prodotto? Ecco tutte le risposte.

  • articolo di
  • Alessandra Maggioni
29 aprile 2024
  • articolo di
  • Alessandra Maggioni
Caffè solubile

Il caffè solubile è spesso considerato un prodotto di emergenza, impiegato soprattutto quando il tempo è poco e la praticità è d’obbligo. Capita dunque che in certi casi, se vogliamo concederci una pausa veloce o non abbiamo voglia di ricorrere né alla moka alla macchina per l’espresso, si preferisca questa veloce versione. Quando si parla di caffè solubile, i dubbi che insorgono su questo tipo di bevanda sono diversi: fa male? Che cosa contiene? Come viene prodotto? Quanto ne posso bere? Ecco le risposte ai dubbi più comuni.

Che cos’è il caffè solubile?

Molti si chiedono che cosa sia: il caffè solubile, per dirla in breve, altro non è che caffè che si scioglie in acqua. Secondo la legge (DPR 774/1982), il caffè solubile, che può essere denominato anche “estratto di caffè” o “estratto di caffè solubile” o “caffè istantaneo”, è il prodotto concentrato ottenuto mediante estrazione dai grani di caffè torrefatti. L'acqua è, per legge, l’unico mezzo di estrazione che può essere usato. 

Il caffè solubile in polvere, quello che in genere tutti conosciamo, per legge, deve avere un’umidità massima pari al 5 %. Non tutti sanno però che esistono anche estratti di caffè definiti “in pasta”, che hanno un' umidità compresa tra 15 e 30 %, e “liquidi”, con umidità compresa tra 45 e 85 % (questi ultimi, a differenza delle altre versioni solubili, possono contenere anche zuccheri aggiunti per un massimo del 12 %). Caffè solubili “liquidi” e “in pasta” sono destinati generalmente all’utilizzo in pasticceria e gelateria, quindi difficilmente li troviamo nei supermercati. Per legge, quindi, il comune caffè solubile non può contenere nulla che non sia già presente nel caffè di partenza.

Come viene prodotto?

Il caffè solubile deriva dalla stessa materia prima di ogni caffè macinato o in grani. La differenza con quest’ultimi è che, una volta che i chicchi di caffè verde, cioè crudi, vengono tostati, sono successivamente macinati e messi a contatto con acqua, rimanendo in infusione a una temperatura di circa 150-180 °C (nel caso del caffè “classico” invece, dopo la tostatura, in funzione degli utilizzi previsti, i chicchi vengono subito confezionati oppure prima macinati). 

Dopo la fase di infusione, il liquido che si ottiene viene investito da getti di aria calda ad alta temperatura, la quale ne fa rapidamente evaporare l’acqua contenuta (processo “spray-drying”); in questo modo il caffè si trasforma in una finissima polvere, pronto per essere confezionato. 

Il caffè solubile può essere prodotto anche mediante liofilizzazione. In questo caso, dopo la fase di infusione in acqua, l’estratto viene sempre concentrato e disidratato, ma anziché utilizzare aria calda, che disperde in parte le sostanze aromatiche, l’estratto viene congelato e in seguito frantumato finemente. Per effetto poi del calore e del vuoto, si allontana il ghiaccio trasformandolo direttamente in vapore. Si ottiene così il caffè solubile in granelli.

Qual è la differenza tra caffè e caffè solubile?

Come abbiamo visto, il caffè solubile viene prodotto utilizzando metodi di produzione più complessi. Per questo motivo, la differenza principale rispetto a un caffè “classico” riguarda il suo profilo aromatico, che è in genere è più povero. L’esperienza offerta dal caffè tradizionale è infatti normalmente più ricca: la gamma di note aromatiche che si possono percepire è più ampia (si spazia dai sentori floreali a quelli di frutta e frutta secca, di spezie, di cioccolato).

Anche la consistenza è diversa: il caffè tradizionale è caratterizzato da una certa cremosità che è più difficile riscontrare nel caffè solubile.
La scelta tra le due tipologie, in ogni caso, è determinata dalle proprie esigenze e preferenze. Se quello che desideriamo è soprattutto una soluzione più comoda e veloce, certamente il caffè solubile rappresenta l’opzione ideale.

Che differenza c’è tra caffè solubile e caffè istantaneo?

Non c'è nessuna differenza, sono semplicemente due modi per chiamare lo stesso prodotto. Secondo la legge, infatti, il caffè solubile può essere commercializzato anche con la denominazione di “caffè istantaneo”.

Come si prepara il caffè solubile?

Il consiglio riportato sulle confezioni dei prodotti è generalmente di versare un cucchiaino di caffè in una tazzina oppure due cucchiaini in una tazza, versando acqua calda quasi bollente, mescolando e zuccherando a piacere.

Quanta acqua occorre? Dipende dal prodotto. Alcuni produttori, infatti, non consigliano una precisa quantità di acqua, ma indicano di aggiungerne a piacere. Altri suggeriscono 100 ml di acqua per uno o due cucchiaini di caffè. Altri ancora raccomandano 50 o 70 ml di acqua per due cucchiaini di caffè solubile. Il consiglio che diamo è di seguire le indicazioni in etichetta e poi di provare a variare le dosi a piacere, in funzione del proprio gusto personale.

Riguardo alla temperatura dell’acqua utilizzata, per la preparazione di un buon caffè solubile non è necessario portare l’acqua a ebollizione: dev’essere calda ma non per forza bollente. Si consiglia infatti solitamente di portarla a 80 °C, temperatura considerata ottimale per questo tipo di preparazione. Al posto dell’acqua, se lo gradiamo, possiamo utilizzare del latte caldo, sempre non necessariamente bollente. Per rendere più gradevole il nostro caffè, si possono aggiungere anche spezie, come cannella, vaniglia o cacao.

Contiene caffeina? Quanta?

Sì, il caffè solubile contiene caffeina. Secondo quanto riportato da alcuni produttori, una tazza preparata utilizzando 2-3 g di caffè solubile (circa un cucchiaino) ne apporta dai 50 ai 100 mg, mediamente come un caffè espresso .

Una precisazione però va fatta. La presenza di caffeina nel caffè che beviamo dipende da molti fattori:

  • varietà del caffè (in genere il tenore di caffeina è pari al 2-3 % nella specie robusta, mentre nell’arabica si mantiene attorno a valori di 1-2 %) e quindi composizione della miscela;
  • tipo di tostatura (più alta è la temperatura di tostatura, più caffeina si perde);
  • tipo di macinatura (la bevanda che deriva da un caffè macinato finemente contiene più caffeina rispetto a un caffè di partenza macinato in modo grossolano, perché l’acqua passerà con più difficoltà attraverso il caffè e ci sarà più tempo per estrarre la caffeina);
  • modalità di preparazione della bevanda (per esempio, il caffè espresso “lungo”, al contrario di ciò che comunemente si crede, contiene concentrazioni maggiori di caffeina rispetto all’espresso normale o “ristretto”: la maggior quantità di acqua, infatti, fa sì che la caffeina estratta sia più elevata).

Scopri quanta caffeina consumi con il nostro calcolatore.

Quanto caffè solubile si può bere al giorno?

Secondo l’Efsa, per le persone adulte e sane, il consumo di dosi singole di caffeina fino a 200 mg (circa 3 mg per kilogrammo di peso corporeo), pari a 2-3 tazze di caffè solubile bevuti di seguito, non creano preoccupazioni in termini di sicurezza. Ma nel corso di una giornata, alla fine, quanti caffè si possono bere? 
Sempre secondo le raccomandazioni dell’Efsa, l’assunzione di caffeina fino a 400 mg al giorno consumata nel corso della giornata non pone problemi di sicurezza per gli adulti in buona salute. Si può dire quindi che bere 4-5 caffè di tipo solubile nel corso della giornata non comporta problemi. Molto però dipende dalla personale reazione che si ha alla caffeina: la risposta individuale varia non solo in base al peso corporeo, ma anche in base alla velocità con cui il proprio metabolismo riesce a smaltirla. Esistono infatti alcune persone che, per predisposizione genetica, sono metabolizzatori lenti (avranno effetti più duraturi e accentuati), mentre altri, sempre per ragioni congenite, sono caratterizzati da un metabolismo rapido della caffeina (avranno effetti meno marcati e duraturi). I fumatori, ad esempio, smaltiscono più velocemente la caffeina, perché il fumo induce la sintesi degli enzimi epatici che la metabolizzano. 

Come conservarlo al meglio?

I consigli per conservare al meglio il caffè solubile sono gli stessi validi per il caffè in generale: se la confezione non è ancora stata aperta, per mantenere inalterati gli aromi è opportuno conservare il prodotto in un luogo fresco e asciutto, al riparo dall'umidità e dalla luce solare. 
Dopo l’apertura della confezione, che in genere è costituita da un barattolo richiudibile, il consiglio è di richiudere sempre bene dopo l’utilizzo, per evitare che il prodotto assorba umidità e si agglomeri, conservandolo ancora al riparo da ambienti umidi, calore e luce. Possiamo, per esempio, conservare la confezione ben chiusa di caffè solubile in una credenza oppure su una mensola. 

Quanto dura il caffè solubile?

Il caffè solubile, se conservato in un barattolo ben chiuso, in ambiente fresco e lontano da fonti di calore e luce, può durare anche qualche anno.

Può fare male? 

No, possiamo stare tranquilli: il caffè solubile non è dannoso per la nostra salute. Teniamo solo presente che, contenendo anch’esso caffeina, in alcuni casi e per alcune persone, come il caffè tradizionale può dare qualche problema.

Fa più male del caffè? No. Alcuni ipotizzano che possa essere nocivo per il suo contenuto, più elevato rispetto al classico caffè torrefatto, di acrilammide, una sostanza cancerogena che si forma naturalmente durante la cottura e le lavorazioni industriali a temperature sopra i 120 °C, in alimenti contenenti zuccheri e l’amminoacido asparagina (parliamo di patate, cereali, caffè, pane, biscotti e fette biscottate). 
In realtà non vi sono motivi per ritenere dannoso il caffè solubile. L’EFSA ha definito per l’acrilammide una dose giornaliera di 0,17 mg per kg di peso corporeo (che significa 12 mg per un uomo di 70 kg), superando la quale questa sostanza potrebbe causare una lieve incidenza di tumori. Considerando però solo l’acrilammide contenuta nel caffè solubile, per un uomo adulto di corporatura media il rischio di tumori aumenterebbe se di caffè solubile ne bevesse centinaia di tazze al giorno.
Non vi sono infatti prove che il consumo di caffè possa aumentare il rischio di sviluppare il cancro. Anzi, si è visto che può avere un ruolo protettivo nei confronti di questa patologia.

Caffè solubile decaffeinato: come viene prodotto? Ci sono rischi?

Dato che il processo di decaffeinizzazione viene effettuato quando i chicchi sono ancora verdi, quindi prima della tostatura, il procedimento resta lo stesso per tutte le tipologie di caffè che si vuole ottenere (solubile, macinato per moka e per espresso, in grani).
Il processo di produzione del caffè decaffeinato prevede una prima fase in cui i chicchi sono immersi in acqua calda, in modo da facilitare l'estrazione della caffeina. Viene poi aggiunto un solvente che agisce estraendo la caffeina dal chicco. Il solvente viene poi allontanato e i chicchi sono asciugati e sottoposti a tostatura. 
Alla fine del processo il contenuto di caffeina per legge (decreti ministeriali 20 maggio 1976 e 87/91) non deve superare, per il caffè torrefatto, lo 0,10 %, mentre il caffè solubile non deve contenere più dello 0,30 % di caffeina sul secco.

Quali sono i solventi utilizzati? Quelli ammessi dalla legge sono 4: diclorometano, acetato di etile, anidride carbonica e acqua. È proprio l’utilizzo di queste sostanze, soprattutto delle prime due, a suscitare dubbi sulla loro sicurezza.

Il caffè decaffeinato può far male alla salute? Anche in questo caso possiamo stare tranquilli: queste sostanze sono autorizzate dalla legge e sono state scelte a tale scopo poiché sono quelle che offrono maggiori garanzie sotto il profilo igienico-sanitario. Devono rispettare le caratteristiche chimico-fisiche e di purezza previste dalla normativa, che fissa anche i livelli di residui massimi di tali sostanze consentiti nel caffè decaffeinato. Più precisamente, i residui di diclorometano e di acetato di etile non devono superare nel decaffeinato le 5 parti per milione.

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