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Integratori: ecco quando possono far male

Gli integratori non sempre sono innocui: potrebbero provocare reazioni avverse e interagire tra loro e con i farmaci. Devono essere assunti con cautela, soprattutto da chi è in terapia con più farmaci, come gli anziani. Purtroppo, su questi aspetti, anche per i medici che li prescrivono è difficile reperire informazioni. 

02 settembre 2022
Integratori e farmaci

Sono due le convinzioni – entrambe sbagliate – che ci spingono nelle braccia degli integratori alimentari. La prima è che l’alimentazione, per quanto sana e varia, non sia sufficiente a garantirci tutte le sostanze nutritive utili per mantenerci in salute, e che quindi sia necessario “l’aiutino”, anche solo per rafforzarci. La seconda riguarda il senso di sicurezza che ammanta questi prodotti: «Prendo l’integratore, tanto male non fa». Del resto, si tratta di vitamine, sali minerali, erbe officinali, estratti e preparati vegetali, fibre, aminoacidi e acidi grassi essenziali, cioè sostanze naturali, e in quanto tali la percezione è che non possano far altro che bene. Anzi, quanto più si è attenti al proprio benessere e si segue uno stile di vita sano, tanto più ci si sente attratti dagli integratori alimentari, certi che rappresentino una delle chiavi per conservare una buona salute e restare in forma. Così, del resto, ce li presentano le pubblicità e gli influencer sui social. Peccato che la realtà non sia così lineare. Lo dimostra uno studio del 2015, che ha evidenziato come negli Stati Uniti le reazioni avverse dovute all’assunzione di integratori generano ogni anno circa 20mila accessi al pronto soccorso.

Leggi anche il nostro speciale sull'efficacia degli integratori dimagranti.

Un fenomeno sottostimato

Sono dati impressionanti, che tuttavia restituiscono un quadro parziale del problema. Infatti, quando gli eventi indesiderati non sono così gravi da giustificare il ricorso all’aiuto medico, difficilmente chi usa gli integratori li attribuisce al loro consumo. Questo fa sì che le segnalazioni degli effetti negativi riconducibili a tali prodotti siano esigue e che il problema sia dunque sottostimato. L’invito, naturalmente, è di segnalare le reazioni sospette, tanto più che farlo è diventato molto semplice: dal 2019 esiste infatti un apposto portale, https://www.vigierbe.it/, predisposto dall’Istituto superiore di sanità e rivolto non solo al contributo di medici e farmacisti, ma anche a quello dei cittadini che hanno «avuto qualche problema dopo l’assunzione di un integratore alimentare, vitamine, probiotici, prodotti erboristici, tisane, medicinali omeopatici, preparazioni galeniche officinali o magistrali, preparati della medicina tradizionale cinese o ayurvedica», si legge sull’home page.

Norme troppo permissive

Ma allora perché gli integratori e i prodotti vegetali sono considerati sicuri persino dai medici e dai farmacisti che li consigliano? Perché per questi prodotti le informazioni scientifiche su efficacia e sicurezza sono limitate e persino i medici hanno difficoltà a reperirle, dal momento che non esiste un dossier tecnico di riferimento. Contrariamente a quanto previsto per i farmaci, infatti, gli integratori non devono presentare studi clinici per essere immessi sul mercato. D’altro canto, per legge, gli integratori non possono vantare alcuna efficacia terapeutica. Le aziende hanno campo libero nell’associare come meglio ritengono le varie sostanze ammesse, così come nel decidere i dosaggi delle stesse, tranne nei casi specifici in cui sono previsti precisi limiti. Devono inoltre rispettare le norme di buona fabbricazione e quelle sull’etichettatura, garantendo la piena corrispondenza tra la composizione e ciò che viene dichiarato in etichetta. Purtroppo, le aziende non sono obbligate a indicare quali sono i possibili effetti collaterali e le interazioni da evitare con altri integratori e con i farmaci, se non in alcuni casi specifici, normati dalla legge, per i quali è previsto che in presenza di determinati ingredienti vengano riportate avvertenze come «non usare in gravidanza» o «non usare al di sotto dei 12 anni». Sono indicazioni che non si trovano però in modo sistematico per tutti gli integratori. Del resto, le aziende non sono tenute neppure a fornirlo un foglietto illustrativo vero e proprio.

Pazienti senza riferimenti

Senza queste indicazioni, diventa molto difficile per il consumatore scoprire a quali rischi da interazione va incontro quando prende con continuità uno o più integratori, soprattutto se in contemporanea deve assumere più farmaci, situazione in cui si ritrovano molto spesso gli anziani. Se per esempio in Portogallo è online un sito di riferimento nel quale i cittadini possono facilmente reperire informazioni sulle reazioni avverse e sulle interazioni integratori-farmaci, in Italia purtroppo uno strumento del genere non esiste. Neppure il portale Vigierbe ha una sezione consultabile dai cittadini. Si dirà che sono dettagli contenuti già nel foglietto informativo di ciascun farmaco e che basta controllare quello. Fosse così semplice. Un esempio? Consultando il bugiardino dell’anticoagulante Coumadin (warfarin) si trova sì un elenco di erbe, cibi e bevande da evitare, ma questa lista è tutt’altro che esaustiva. «Per un elenco completo si rivolga al medico» consiglia lo stesso foglietto illustrativo. Se si passa in rassegna la letteratura scientifica si scopre che le interazioni finora accertate per il warfarin sono molte di più. Difficile che i medici sappiano a menadito quali sono.

Cosa comportano le interazioni?

Perché è importante conoscere (ed evitare) le interazioni farmaci-integratori? Il motivo è semplice: possono causare effetti nocivi anche gravi. Gli integratori, così come certi cibi e bevande, sono in grado di influenzare il modo in cui i farmaci vengono assorbiti ed eliminati dall’organismo. Soprattutto quando sono assunti per un periodo prolungato, gli integratori possono comportare una maggiore concentrazione di farmaco nel sangue, aumentando di conseguenza il rischio di tossicità. Possono poi renderlo inefficace o al contrario potenziarne l’effetto, fino a produrre reazioni avverse. Tutte queste considerazioni devono indurci a guardare agli integratori sotto un’altra luce. Non sono così innocui. Sono utili se servono appunto a “integrare” una sostanza di cui è stata accertata la reale carenza. Diversamente, se ne può fare a meno a cuor leggero.

A cosa prestare attenzione?

Vitamine, erbe ed estratti, minerali, cibi e bevande. Non essendoci un vademecum di riferimento per possibili interazioni o effetti nocivi, a cosa bisogna stare attenti?

Vitamine

Non sono innocue. Attenzione a tossicità e incroci proibiti. Non ci sono prove che i supplementi vitaminici siano utili a prevenire le malattie cardiovascolari, il cancro e le demenze. Assumere multivitaminici per preservare la propria salute è una pratica che non ha alcun fondamento scientifico. Al contrario, può comportare dei rischi.

Troppo betacarotene fa male

La combinazione tra vitamine assunte attraverso gli integratori e quelle contenute nei cibi, a lungo andare, può rivelarsi eccessiva e tossica per l’organismo, e addirittura favorire l’insorgenza di alcune malattie. Per esempio, quantità eccessive di betacarotene aumentano il rischio di cancro ai polmoni nelle persone più esposte a questo tipo di tumore, come i fumatori.

Vitamina D

Gli integratori vitaminici possono interagire con diversi farmaci e dar luogo a effetti indesiderati. Per esempio, chi è in cura con gli antiacidi (come il magaldrato, usato per il trattamento delle ulcere) può andare incontro a tossicità da alluminio, perché la vitamina D favorisce l’assorbimento di tale metallo, che è tra gli ingredienti-base di questi antiacidi. La vitamina D aumenta il rischio di trombosi nei pazienti che prendono l’anticoagulante warfarin, ed è in grado di diminuire l’efficacia della digossina, indicata per i pazienti che soffrono di insufficienza cardiaca. Inoltre, può causare ipercalcemia (alti livelli di calcio nel sangue) in chi assume diuretici tiazidici, usati per l’ipertensione e altro.

Vitamine E e K

La vitamina E può intensificare gli effetti degli anticoagulanti, degli agenti antipiastrinici e dei farmaci antinfiammatori, aumentando il rischio di sanguinamento. Può inoltre potenziare l’azione dell’insulina, aumentano il rischio di crisi ipoglicemiche, ma anche ridurre l’efficacia di farmaci anticolesterolo (simvastatina). Per quanto riguarda la vitamina K, è nota l’interazione con l’anticoagulante warfarin: può ridurre l’efficacia del farmaco.

Prodotti vegetali

Erbe ed estratti? “Naturale” non significa “sicuro”. L’uso di estratti o di preparati di origine vegetale, definiti in gergo tecnico “botanicals”, è diventato sempre più popolare, oltre che in un’ottica preventiva, anche per curare disturbi e malattie. “Naturale” però non è sinonimo di “sicuro”, come molti erroneamente credono. Tra i numerosi prodotti vegetali che possono provocare interazioni ne citiamo due: iperico e ginkgo.

L’erba di san Giovanni

L’erba di san Giovanni (o iperico) è una pianta medicinale molto usata per trattare le depressioni lievi o moderate. Purtroppo, è in grado di interagire con molti farmaci: può ridurre l’efficacia di quelli anticoagulanti, antivirali, immunosoppressori, antiepilettici, anticolesterolo e persino contraccettivi. Nel caso della digossina, usata per i disturbi cardiaci, l’erba di san Giovanni può ridurne l’assorbimento. Se l’iperico è assunto non in alternativa ma in aggiunta a farmaci antidepressivi o oppioidi c’è il rischio che i livelli di serotonina si innalzino troppo e che il paziente vada incontro a confusione mentale, tachicardia, brividi, cefalea, tremori e altro.

Ginkgo biloba

La gingko biloba è usata per problemi di memoria e concentrazione, ma anche per altre condizioni, come la cattiva circolazione sanguigna, la depressione, l’ansia, le vertigini e gli acufeni. Purtroppo, però, se usata in combinazione con farmaci antiaggreganti o anticoagulanti, può aumentare il rischio di sanguinamento: la Ginkgo infatti contrasta l’aggregazione delle piastrine. Altre interazioni note sono con gli antidepressivi (trazodone), gli ansiolitici (alprazolam), l’omeprazolo e alcuni farmaci usati per i disturbi cardiaci e l’ipertensione (nifedipina).

Segnalare le reazioni sospette

È molto importante che i cittadini e i medici segnalino gli effetti indesiderati dei prodotti vegetali come di tutti gli integratori. Possono farlo nell’apposito portale https://www.vigierbe.it/dell’Istituto superiore di sanità.

Minerali

Rischi se l’uso è prolungato. Solo in una minoranza di casi gli integratori di minerali quali magnesio, potassio, calcio e fosforo vengono assunti per sopperire a una carenza accertata. Il più delle volte sono consigliati per migliorare le prestazioni sportive o per reintegrare le perdite quotidiane. Come accade per le vitamine, con le quali spesso si trovano in commercio in combinazione, anche gli integratori a base di minerali sono (erroneamente) utilizzati con la convinzione che non possano far male.

Attenzione agli integratori di calcio

Tra gli integratori di minerali più usati troviamo quelli di calcio, consigliati soprattutto alle donne per prevenire l’osteoporosi. Il calcio è un minerale essenziale, ma a dosi eccessive potrebbe contribuire allo sviluppo dell’aterosclerosi. Sono poi documentate interazioni in concomitanza con l’assunzione di alcuni farmaci, in particolare con i bifosfonati (farmaci per l’osteoporosi), la penicillamina (antireumatico) e antibiotici quali i chinoloni e le tetracicline. Per questi ultimi, la riduzione dell’assorbimento può portare addirittura al fallimento terapeutico, contribuendo a un potenziale sviluppo della resistenza antimicrobica. Inoltre, l’uso prolungato e a dosi elevate di integratori di calcio può portare all’ipercalcemia, e in caso di terapia concomitante con farmaci per il cuore (digossina) possono verificarsi aritmie fatali.

Cibi e bevande

Le interazioni farmaci-alimenti. Succo di pompelmo, caffè, cioccolato, alcol, liquirizia sono solo alcuni esempi di cibi e bevande che possono alterare l’efficacia dei farmaci e persino causare effetti avversi gravi. Le interazioni sono note e in genere vengono riportate nei foglietti illustrativi dei medicinali, insieme alle modalità di assunzione del farmaco: se a stomaco pieno (durante o dopo un pasto) o se stomaco vuoto (un’ora prima o due ore dopo i pasti).

Pompelmo: interazioni con 85 farmaci

Non solo l’alcol, che − come è noto − può interagire con innumerevoli medicinali, da quelli psichiatrici agli anticoagulanti, passando per gli antibiotici. Anche il succo di pompelmo può entrare in contrasto con moltissimi farmaci, tra cui immunosoppressori (ciclosporina), ansiolitici (buspirone e triazolam), farmaci per l’ipertensione e gli antistaminici. Nelle linee guida si contano interazioni tra il succo di pompelmo e oltre ottanta farmaci, nella metà dei quali gli effetti avversi sono potenzialmente gravi.

Cioccolato e liquirizia

Se il cioccolato può diminuire l’efficacia di alcuni sedativi (zolpidem) e potenziare quella di certi stimolanti (metilfenidato), la liquirizia può entrare in contrasto con i diuretici o con i farmaci per la pressione arteriosa, ma anche con la digossina (farmaco per il cuore), incrementandone la tossicità.

Quattro regole da tenere a mente

Buon senso e attenzione valgono sempre e, nel caso degli integratori, è bene tenere sempre a mente quattro regole:

  1. Il cibo vale più di un integratore. Chi mangia in modo equilibrato non ha bisogno di alcun integratore. Chi non lo fa deve impegnarsi a migliorare la propria dieta, e non pensare di risolvere il problema ricorrendo alle pastiglie. Anche perché gli studi dimostrano che gli effetti benefici offerti da un alimento non si possono ottenere con un integratore.
  2. Non informarti sull’educazione alimentare dei più piccoli Online. E’ facile imbattersi in consigli, tutt’altro che disinteressati, secondo cui ai bambini è bene dare supplementi, per aiutarli nella crescita e per sopperire alle mancanze di una dieta non equilibrata. Sono messaggi assurdi e totalmente sbagliati: ai bimbi va infatti insegnato ad alimentarsi correttamente, non certo a masticare integratori che, tra l’altro, sono spesso ricchi di zucchero, edulcoranti e coloranti.
  3. Controlla sempre le interazioni con i farmaci. Mancano le avvertenze È necessario controllare sempre sul foglietto illustrativo dei farmaci quali sono le interazioni (purtroppo non esaustive) con alimenti, bevande e integratori, in modo da minimizzare i rischi. Non è possibile fare lo stesso con gli integratori, perché le attuali norme non obbligano i produttori a indicare né le interazioni né gli effetti collaterali, ma solo la dose raccomandata da non superare. Un buco legislativo da colmare al più presto.
  4. Dalla parte dei consumatori. I dati dicono che chi prende integratori il più delle volte lo fa su consiglio di un medico o di un farmacista. Non sempre questo avviene a fronte di una carenza accertata, come invece dovrebbe essere. Il fatto che la conoscenza dei rischi legati all’assunzione incontrollata di integratori sfugga anche a molti professionisti della sanità rende più difficile far arrivare il messaggio ai cittadini.

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