News

Taglio del cuneo fiscale approvato nel DEF. Cos'è e chi ci guadagna

Il Governo Meloni approva il suo primo DEF, documento di economia e finanza, stanziando 3 miliardi per il taglio del cuneo fiscale. A beneficiare della riduzione delle imposte saranno i redditi medio bassi fino a 35 mila euro, che quindi dovrebbero poter contare su 20 o 30 euro in più al mese in busta paga. Salta invece la riforma delle pensioni che passa al 2024, con proroga di un anno di quota 103. 

  • Con il contributo esperto di
  • Tatiana Oneta
12 aprile 2023
  • Con il contributo esperto di
  • Tatiana Oneta
Tasse Euro

Il DEF, acronimo di documento di economia e finanza, deve esser presentato ogni anno dal Governo in carica per presentare al Parlamento gli obiettivi di politica economica e le strategie che saranno adottate per perseguirli, indicando una serie di riforme con i tempi di attuazione relativi. Detto in modo semplice è una sorta di dichiarazione che impegna il Governo a raggiungere obiettivi di stabilità e sviluppo del Paese nel contesto economico che stiamo vivendo.

Un dato importante che emerge dal DEF 2023, il primo approvato dal Governo Meloni, è che l’inflazione sta rallentando rispetto ai primi mesi dell’anno anche se il quadro economico e finanziario rimane piuttosto incerto a causa della guerra in Ucraina, del rialzo dei tassi d’interesse e della generalizzata crisi del sistema bancario e finanziario internazionale. Nel Documento di economia e finanza 2023, in cui si stabilisce tra le altre cose anche la proroga della riforma delle pensioni, un posto di rilievo lo occupa occupa il taglio del cuneo fiscale, che ha un impatto diretto sulle buste paga degli italiani. Vediamo cos'è e chi potrebbe beneficiarne. 

Cos'è il cuneo fiscale  

Il cuneo fiscale è la differenza tra quanto costa un lavoratore all’azienda in termini di stipendio, contributi previdenziali e imposte rispetto a quanto il dipendente percepisce come retribuzione netta. Più è elevato il cuneo fiscale, meno hanno potere d’acquisto le famiglie e più diventa difficoltoso per le aziende assumere nuovi lavoratori. Basti pensare che in media un’azienda spende il 210% della retribuzione netta che eroga al lavoratore. In pratica uno stipendio netto di 1.500 euro all’azienda costa 3.150 euro.

Dai 20 ai 30 euro in più in busta paga

Nel DEF 2023 vengono stanziati 3 miliardi di euro per intervenire riducendo questa differenza, appunto tra ciò che paga l'azienda e ciò che il lavoratore percepisce realmente in busta paga. Secondo il Documento economico e finanziario saranno soprattutto i redditi che si situano sotto i 35 mila euro a beneficiare maggiormente del taglio del cuneo. Il Governo prevede la riduzione da 4 a 3 delle attuali aliquote Irpef, come ha già preannunciato tramite la legge delega alla riforma del fisco presentata a marzo. Nella pratica si parla di ridurre del 3% i contributi sociali dei lavoratori dipendenti, questa misura si aggiungerebbe a quella già attualmente in essere, che impatta solo sui redditi fino a 25 mila euro. Il che comporterebbe un beneficio tra i 20 e i 30 euro al mese netti in più a seconda del reddito.

Taglio delle detrazioni, ma niente flat tax

Ad affiancarsi al taglio del cuneo però torna anche l’intenzione di tagliare le detrazioni e le deduzioni attuali cercando di ridurre quelle che risultano in qualche modo duplicate o poco incisive. Del resto questa stessa misura è già presente nella delega per la riforma del fisco, in cui viene anche specificato il perimetro di intervento, che esclude dallo stralcio i bonus “nobili” legati alle spese di primaria necessità come la salute e la casa. Non ha trovato spazio nel Def la flat tax, che rimane un’ipotesi futura ma che nel concreto non è stata esplicitata tra le riforme di immeditata attuazione.

Frenare l'inflazione: gli interventi su Iva e bollette

Uno degli obiettivi è quello di frenare l’inflazione agendo sull’Iva. Infatti, nel DEF viene riproposta la volontà di azzerare progressivamente l’Iva sui beni di prima necessità, come già era stato indicato nella legge di Bilancio 2023. Nel 2024 invece l’Iva dovrebbe esser oggetto di semplificazione, il che, sebbene non abbia un impatto diretto sui contribuenti, nell’ottica di un sistema Paese in cui le norme sull’Iva si affastellano e cambiano di continuo non può che essere un bene.

Allo stesso modo, vengono confermati per il secondo semestre 2023 gli aiuti alle famiglie contro il caro bollette.

Riforma delle pensioni, slitta al 2024

La tanto necessaria riforma delle pensioni, fortemente spinta in campagna elettorale, slitta almeno al 2024. Infatti, nonostante quanto indicato nella manovra di Bilancio vara a dicembre, il 2023 non sarà l’anno della riforma delle pensioni, con l’introduzione di quota 41, cioè la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica. La situazione economica non permette di attuare, per il momento, un intervento di questo tipo, pertanto l’ipotesi più probabile è che venga prorogata per il 2024 quota 103.