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Fibromialgia: come capire se la si ha e che cosa fare

Di questa malattia cronica soffre circa il 3-4% della popolazione adulta. Sebbene la ricerca abbia fatto passi avanti, non si sono ancora comprese le cause. Purtroppo non esiste nemmeno una cura o terapie sintomatiche di chiara efficacia. I consigli per gestire la fibromialgia, le indicazioni scientifiche corrette e quelle senza alcuna evidenza valida. 

08 aprile 2024
donna con felpa blu con la mano dietro al collo

La fibromialgia è una malattia cronica di cui soffre circa il 3-4% della popolazione adulta. La ricerca, nonostante i numerosi passi avanti, non ha ancora compreso quali siano le sue cause e non ha acclarato i suoi meccanismi di fondo. Tanto meno esistono una cura o terapie sintomatiche di chiara efficacia. 

Quali sono i sintomi della fibromialgia?

La fibromialgia ha tre sintomi predominanti nella gran parte dei casi: il dolore muscoloscheletrico diffuso, l’affaticamento e il sonno non ristoratore.

Questi tre sintomi si associano a numerosi altri sintomi di natura varia, che si presentano in modo diverso da persona a persona e che possono essere confusi con quelli di altre sindromi, come la sindrome del colon irritabile o la sindrome da stanchezza cronica.

Vediamoli nel dettaglio.

Il dolore diffuso a muscoli, scheletro, articolazioni

Il dolore è diffuso, cioè riferito a tutto il corpo: può partire da una zona specifica – come il collo o le spalle – ma col tempo si diffonde anche alle altre zone, sia nella parte alta che bassa del corpo.

  1. Viene descritto in vari modi: una sensazione di tensione, di contrazione, di rigidità, di compressione oppure come bruciore.
  2. Varia a seconda dei livelli di attività, di stress e della mancanza di sonno.
  3. Può essere così intenso da essere invalidante.
  4. Spesso si accompagna a parestesie - cioè a sensazioni di formicolio, di bruciore o di intorpidimento e perdita della sensibilità - a livello di braccia, gambe, testa o tronco.
L'affaticamento

L’affaticamento, la stanchezza cronica e la debolezza sono sintomi molto diffusi tra le persone che hanno la fibromialgia.

  • Sono innescati da sforzi anche modesti o blandi.
  • Sono più spiccati quando il riposo notturno è stato particolarmente poco ristoratore.
  • Spesso si accompagnano a rigidità articolare mattutina o dopo periodi di inattività.
Il sonno non ristoratore

Chi soffre di fibromialgia solitamente riferisce di non svegliarsi riposato a prescindere dalle ore di sonno. Sonno leggero, risvegli frequenti, difficoltà a riaddormentarsi sono problemi frequenti.

Altri sintomi associati alla fibromialgia

Dolore diffuso, stanchezza e disturbi del sonno si associano a molti altri sintomi, di varia natura, che variano da paziente a paziente per numero, presentazione e intensità, ma anche a seconda del momento della giornata, del periodo, del livello di stress e del riposo notturno.

  • Cefalea ed emicrania;
  • difficoltà di concentrazione, di memoria, annebbiamento mentale (a cui spesso ci si riferisce parlando di fibrofog);
  • stress, ansia e depressione;
  • dolore in particolare in alcune aree, come il torace, l’addome o il bacino;
  • dolore addominale e/o problemi gastrointestinali, come difficoltà di digestione, costipazione o diarrea (con sintomi spesso sovrapponibili a quelli della sindrome del colon irritabile);
  • dolore pelvico e/o problemi dell’apparato urinario o genitale, come vescica irritabile/iperattiva (che comporta urgenza di urinare e minzioni frequenti, con o senza incontinenza), dismenorrea (ciclo doloroso) e vulvodinia (dolore vulvare);
  • disfunzione dell’articolazione temporo-mandibolare, che comporta dolore alla masticazione ma anche altri problemi, come gli acufeni;
  • sintomi riferibili al sistema nervoso autonomo, come: bocca secca, occhio secco, vista sfuocata o annebbiata, poca o nulla tolleranza alla luce(fotofobia), calo di pressione quando ci si alza, che causa svenimenti e cadute(ipotensione ortostatica), capogiri e il “fenomeno di Raynaud”, ossia uno spasmo dei vasi sanguigni delle mani in risposta a freddo o stress emotivo, che dà dolore, intorpidimento e pallore;
  • sensibilità elevata a suoni, odori e basse temperature
  • ipersensibilità alle sostanze chimiche;
  • necessità di muovere le gambe, come accade nella sindrome delle gambe senza riposo.

Quali sono le cause della fibromialgia?

Per molto tempo si è pensato che il dolore della fibromialgia fosse dovuto ad alterazioni dei muscoli o dei tessuti fibrosi, cioè tendini e legamenti (il nome stesso lo suggerisce).

Oggi però si ritiene che la fibromialgia non sia una malattia infiammatoria né degenerativa dell’apparato muscoloscheletrico, come l’artrite reumatoide o il lupus, ma che riguardi il sistema nervoso e i circuiti nervosi del dolore. Ecco una spiegazione sintetica per capirne i maccanismi.

  • Il dolore è un segnale elettrico che si trasmette attraverso il nostro sistema nervoso, innescato di norma da uno stimolo nocivo (come una scottatura, una lesione, una contusione…), che parte dai tessuti (per esempio un dito schiacciato) e attraverso i nervi arriva al midollo spinale e poi al cervello: è qui che lo stimolo viene analizzato e interpretato come dolore, dando una risposta comportamentale (per esempio ritrarre di scatto una mano dopo una scottatura o massaggiare una contusione) ed emotiva (per esempio spaventarsi, soffrire, preoccuparsi…).
  • Midollo e cervello - che compongono il sistema nervoso centrale - di norma modulano i segnali dolorifici, “abbassando o alzando il volume” del dolore a seconda delle necessità: per esempio l’effetto di un calcio ricevuto su una caviglia è completamente diverso se avviene in condizioni di riposo o durante una partita di calcio.
  • Nella fibromialgia la “manopola” del volume è sempre girata eccessivamente verso l’alto, provocando un’aumentata sensibilità al dolore (iperalgesia) anche a fronte di stimoli innocui (allodinia). Questa condizione di ipersensibilità origina da un processo definito di “sensibilizzazione centrale”. Gli studi sulle persone con fibromialgia hanno infatti documentato in queste persone una soglia del dolore più bassa e un’esperienza del dolore più intensa.
  • La ricerca ha poi riscontrato anomalie che suggeriscono che nella fibromialgia i circuiti di controllo del dolore e la risposta del sistema nervoso e ormonale allo stress non funzionino correttamente. E come vedremo più avanti, studi recenti hanno anche valutato l’ipotesi che la sensibilizzazione centrale possa derivare da fenomeni di neuro-infiammazione a livello di alcuni gangli nervosi. 

Non si sa quali siano le cause di questa sensibilizzazione al dolore, ma si ritiene che difficilmente possa trattarsi di una sola. Più probabilmente si tratta di un insieme di fattori, di varia natura, che si intrecciano causando e alimentando i sintomi. Come da questi eventi si arrivi a soffrire di dolore cronico diffuso, affaticamento e di tutti gli altri sintomi, non è chiaro, ma l ’ipotesi è che un’esperienza dolorosa protratta associata ad una significativa componente emotiva produca la sensibilizzazione al dolore.

Si ritiene anche che conti una certa componente ereditaria: chi soffre di fibromialgia spesso riferisce una storia familiare di dolore cronico o di fibromialgia. I parenti di primo grado di persone con fibromialgia hanno infatti un rischio maggiore di soffrirne a loro volta. È possibile poi che insieme alla genetica, giochi molto l’influenza dell’ambiente famigliare.

Alcuni punti da notare:

  • passati eventi traumatici, di natura fisica o psicologica, si riscontrano spesso tra le persone con fibromialgia; ad esempio, una malattia che ha richiesto un intervento chirurgico e un lungo ricovero, un lutto familiare, un trauma infantile;
  • malattie caratterizzate da dolore muscoloscheletrico, come una malattia reumatica infiammatoria, oppure una storia di dolore cronico localizzato (al collo, alle spalle o alla schiena, anche conseguenti un incidente) spesso precedono l’insorgere dei sintomi tipici della fibromialgia;
  • avere esperienza cronica di dolore interferisce con il riposo notturno, che col tempo comporta stanchezza diurna, ridotta capacità di concentrazione e di memoria: le alterazioni del sonno profondo riscontrate tra le persone con fibromialgia possono alterare la percezione del dolore;
  • dolore costante, insonnia, stanchezza cronica e problemi cognitivi possono facilmente innescare ansia per il proprio stato di salute e depressione;
  • ipocondria, iper-attenzione al dolore e un atteggiamento fortemente negativo a loro volta intensificano l’esperienza del dolore e contribuiscono ad indurre e alimentare quei cambiamenti neurobiologici che portano all’ipersensibilità al dolore.
La fibromialgia coinvolge il sistema immunitario?

Oggi non si ritiene che la fibromialgia abbia tra le sue cause dei fenomeni di autoimmunità, come invece avviene per esempio per la sclerosi multipla.

  • Non ci sono prove di danni ai tessuti provocati dal sistema immunitario, né della presenza di autoanticorpi specifici della fibromialgia.
  • La ricerca in questo ambito sta proseguendo, per capire se il riscontro di alcune anomalie - ad esempio, dei livelli delle citochine pro- e anti-infiammatorie nel sangue - sia il riflesso di un coinvolgimento effettivo del sistema immunitario in questa malattia.
  • Una delle più interessanti ipotesi al vaglio è quella neuroinfiammatoria, cioè la possibilità che l’origine della iper-sensibilizzazione del sistema nervoso al dolore vada ritrovata in fenomeni infiammatori a carico dei neuroni dei gangli nervosi. Ulteriori ricerche potranno portare maggiore chiarezza in merito.
La fibromialgia è legata a infezioni virali e batteriche?

L’ipotesi che la fibromialgia sia legata a malattie virali o batteriche è stata a lungo vagliata senza che si arrivasse finora a conclusioni chiare.

  • È nota nella letteratura medica una casistica di persone che hanno sviluppato sintomi simili a quelli della fibromialgia dopo un’infezione virale o batterica documentata, come ad esempio HIV, mononucleosi, epatite B e C, malattia di Lyme. Alcuni pazienti con documentata malattia di Lyme (trasmessa dalle zecche a distanza di settimane dalla guarigione provano stanchezza e dolori persistenti che ricordano la fibromialgia. Studi ad hoc che hanno osservato il decorso di decine di casi di malattia di Lyme per alcuni anni non hanno però documentato un’associazione rilevante.
  • Le infezioni virali sono quindi contemplate tra i possibili fattori scatenanti della fibromialgia, anche se sul loro ruolo non c’è chiarezza.
  • In questo senso, il covid potrebbe fornire nuovi elementi di valutazione. Un ampio numero di persone guarite dal covid presenta sintomi persistenti di varia natura, noti come long covid, che possono essere stanchezza dolori muscolari, disturbi cognitivi, disturbi dell'umore e del sonno. Molti di questi casi soddisfano anche i criteri diagnostici per la fibromialgia o per la sindrome da stanchezza cronica. Studi futuri chiariranno il possibile legame.

Come si fa la diagnosi di fibromialgia?

La diagnosi della fibromialgia è di tipo clinico, cioè si basa sulla presenza di alcuni sintomi, misurati dagli specialisti attraverso alcune scale di valutazione validate in appositi studi.

Non servono esami specifici, se non quelli utili ad escludere altre diagnosi (ne parliamo più avanti).

I sintomi che portano a diagnosi di fibromialgia sono:

  • dolore muscoloscheletrico diffuso riferito a più aree del corpo;
  • affaticamento di grado moderato;
  • sonno non ristoratore;
  • problemi cognitivi (difficoltà di concentrazione, nebbia mentale, problemi di memoria).

Questi sintomi devono essere presenti da almeno tre mesi e non possono essere spiegati da altre diagnosi.

La presenza cronica di questi ulteriori sintomi aumenta le probabilità che sia posta una diagnosi di fibromialgia:

  • una storia di cefalea o di emicrania;
  • crampi o dolore addominale;
  • depressione.

Sono però molti i sintomi riferiti dalle persone con fibromialgia. Sarà quindi il quadro di insieme a determinare se si è di fronte ad un caso di fibromialgia o no.

Chi è lo specialista di riferimento per la fibromialgia?

Gli specialisti di riferimento per la diagnosi e la cura della fibromialgia sono i reumatologi, ma anche i medici specialisti esperti nel trattamento del dolore (anestesisti, algologi).

Il medico di famiglia ha il ruolo di riconoscere i segnali e indirizzare la persona verso il percorso diagnostico più appropriato.

Quali sono gli esami utili per diagnosticare la fibromialgia?

Non ci sono esami specifici per la fibromialgia. Per diagnosticare la fibromialgia si utilizzano questionari specifici e scale di misurazione dell’intensità dei sintomi.

  • Un esame fisico completo e un esame del sangue di routine sono sufficienti per escludere malattie che si presentano con sintomi simili, come l’ipotiroidismo o alcune malattie reumatiche (per esempio, l’artrite reumatoide, il lupus o la polimialgia reumatica).
  • Non sono necessari esami radiologici - come radiografie, tac o risonanze magnetiche - se non c'è il sospetto di una malattia specifica: la fibromialgia, infatti, non presenta alterazioni radiografiche caratteristiche.
  • Non sono necessari neanche esami di laboratorio specifici, in quanto non ci sono parametri, ad esempio del sangue o delle urine, che risultano alterati in modo significativo e indicativo di fibromialgia.

Riconoscere la fibromialgia non è semplice. Molti dei sintomi sono comuni ad altri problemi di salute. E la cosa si complica quando sintomi compatibili con la fibromialgia sono riferiti da chi ha una diagnosi di malattia reumatica, perché anche i pazienti con artrosi, artrite reumatoide, spondilite anchilosante, artrite psoriasica o lupus – solo per fare alcuni esempi - possono soffrire di fibromialgia.

Molti dei sintomi sono anche comuni ad altre sindromi, come quella da stanchezza cronica o del colon irritabile, la disfunzione temporo-mandibolare, la sindrome delle gambe senza riposo, il dolore pelvico cronico. Queste, come la fibromialgia, danno sindromi non riconducibili ad anomalie o alterazioni organiche e come la fibromialgia soffrono di mancato o scarso riconoscimento.

Che cosa sono i tender points o punti dolenti nella fibromialgia?

Con il nome “tender points”- in italiano “punti dolenti” - si indicano alcuni punti del corpo che all’esame fisico da parte del medico possono risultare associati ad una maggiore sensibilità alla pressione: non si rileva la presenza di un’alterazione, ma piuttosto di una più bassa soglia del dolore. Fino a qualche anno fa la presenza di questi “punti dolenti” era ritenuta necessaria per arrivare a una diagnosi di fibromialgia. Questa posizione è stata in seguito superata.

Le prime linee guida per la diagnosi della fibromialgia, risalenti agli anni novanta, identificavano nove coppie di tender points in punti specifici di nuca, collo, trapezi, costato, schiena alta e bassa, gomiti, anche e ginocchia.

Quindici anni fa i punti dolenti erano ancora considerati un criterio diagnostico effettivo: per effettuare una diagnosi di fibromialgia il medico doveva verificare che almeno una percentuale stabilita di tender points risultasse dolorosa alla pressione.

Revisioni successive dei criteri diagnostici da parte delle stesse associazioni scientifiche sono in seguito tornate indietro su questo aspetto, non ritenendolo più un criterio cardine per la diagnosi della malattia: questi punti del corpo risultano infatti essere più morbidi e sensibili alla pressione in molte persone sane, mentre in certi pazienti con fibromialgia non risultano così dolenti. Non essendo un criterio così specifico, né capace di intercettare tutti i casi, è stato ridimensionato. Le attuali linee guida non ritengono più i tender points un criterio diagnostico cardinale, in quanto la loro assenza (o meglio, il mancato riscontro) non impedisce la diagnosi.

Come curare la fibromialgia: i quattro pilastri della terapia

La cura della fibromialgia si basa sull’integrazione di quattro tipi di intervento:

  • educazione/formazione del paziente
  • esercizio aerobico e riduzione del sovrappeso
  • trattamento farmacologico per combattere i sintomi
  • psicoterapia

L’obiettivo di tutti questi trattamenti, che devono essere integrati tra loro, è di ridurre l’intensità del dolore, la debilitazione cronica, i problemi di insonnia, i problemi cognitivi e la depressione.

Il ricorso ai vari trattamenti va però cucito sulla persona: non tutte le persone con fibromialgia sono uguali e differenti quadri di espressione della malattia richiedono approcci differenti.

Ciò significa che quanto previsto dalle linee guida dovrà essere adattato alla persona, all’intensità e al tipo dei suoi sintomi, al suo stato di salute generale, alla sua forma fisica e capacità di esercizio, ma anche alle sue preferenze, prevedendo obiettivi realistici e condivisi.

Qual è la cura migliore per la fibromialgia?

Tra i trattamenti esistenti, nessuno preso da solo è particolarmente efficace o superiore agli altri. L’importante è integrarli tra di loro.

  • Un fattore importante di successo è l’alleanza tra medico e paziente e la gestione attiva della malattia da parte della persona colpita: sono due fattori di successo, perché i migliori risultati si osservano tra coloro che più confidano nella propria capacità di mettere in atto i cambiamenti richiesti, anche quando possono sembrare impossibili, inutili o addirittura inaccettabili: una qualità descritta come “auto-efficacia”.
  • Tutte le forme di intervento in cui il paziente è attivo e prende in carico la propria malattia sono viste come utili, mentre tutti i trattamenti passivi, come massaggi, manipolazioni e terapie fisiche non si sono rivelati di particolare utilità (se non per un sollievo temporaneo).
  • Anche l’agopuntura, a volte proposta alle persone con fibromialgia, non è chiaro se sia efficace di per sé o se il suo effetto sia per lo più riconducibile ad un complesso e piacevole effetto placebo.
Perché per il paziente è importante capire come funziona la fibromialgia?

L’educazione del paziente riguardo alla natura della fibromialgia, alle ipotesi sulle sue origini e ai meccanismi di fondo su come nasce il dolore in un sistema nervoso sensibilizzato è particolarmente importante.

Una buona comprensione della natura di questa malattia aiuta chi ne soffre ad accettarla e ad essere più auto-efficace. Questo è importante perché chi soffre di fibromialgia spesso arriva ad avere una diagnosi chiara e un riconoscimento del proprio malessere solo dopo mesi o anni di peregrinaggio tra ambulatori. E in questo tempo può aver maturato domande, dubbi e uno sconforto, che richiedono di essere presi in carico.

Una buona conoscenza del disturbo aiuta anche ad allontanare eventuali timori sulla natura degenerativa della propria malattia e ad aderire meglio e consapevolmente alla terapia che prevede interventi (come la psicoterapia o l’uso di farmaci come gli antidepressivi) che possono apparire come inappropriati o inaccettabili.

Perché la psicoterapia funziona contro il dolore?

Si ritiene che il dolore cronico diffuso abbia origine da alcuni cambiamenti neurobiologici a livello del sistema nervoso centrale (la cosiddetta “sensibilizzazione centrale”), ma l’esperienza del dolore (che, ricordiamolo, si forma nel cervello) è fortemente influenzata dai tratti della personalità e dalle emozioni.

Fattori emotivi, cognitivi e comportamentali, come un atteggiamento pessimista e catastrofista, l’eccessiva attenzione e ansia verso il dolore, la depressione, possono amplificare la percezione dolorosa, innescando un circolo vizioso. La psicoterapia ha quindi l’obiettivo di migliorare lo stato psico-fisico concentrandosi su questi aspetti.

La terapia cognitivo-comportamentale è il tipo di psicoterapia più studiato e raccomandato in caso di fibromialgia. Serve a scardinare pensieri, concezioni e comportamenti disadattativi correlati alla malattia e al dolore, migliorando l’auto-efficacia. Aiuta anche a imparare a gestire lo stress, gli sforzi e l’affaticamento con strategie di “pacing”, volte a creare un rapporto efficace tra terapista e paziente.

Perché l’esercizio fisico per chi ha la fibromialgia è importante?

Acquisire una buona forma fisica può aiutare a migliorare il dolore, l’affaticamento e il sonno.

  • L’attività fisica dovrebbe essere consigliata a tutte le persone con fibromialgia, ma adattandola sempre su base individuale, tenendo conto della salute generale del singolo, della sua tolleranza, delle sue malattie croniche e delle sue preferenze.
  • Le linee guida più recenti consigliano l’esercizio aerobico – ovvero tutte le attività fisiche che aumentano il ritmo del respiro - con un allenamento che preveda almeno 3 sessioni a settimana di 20-30 minuti, da iniziare gradualmente. Nelle prime fasi, infatti, ci sarà un aumento del dolore e dell’affaticamento, soprattutto tra i meno attivi. Col tempo però l’esercizio dovrebbe apportare i suoi benefici proprio sui sintomi cardine della malattia.
  • Le attività consigliate sono quelle a basso impatto: ad esempio, una passeggiata a passo svelto, andare in bicicletta, ballare, nuotare, fare ginnastica, anche in acqua. Anche yoga e Tai-chi sono consigliabili.
  • Esistono anche programmi specifici pensati proprio per persone che soffrono di dolore cronico (definiti Attività Motoria Adattata o ADA).
Quali farmaci si usano per la fibromialgia?

Nel trattamento della fibromialgia si utilizzano farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale, modulando l’attività di alcuni neurotrasmettitori, ovvero i messaggeri chimici che trasmettono le informazioni da un neurone all’altro: sono usati per il loro effetto nel ridurre il dolore e la stanchezza e migliorare sonno e umore.

  • Le indicazioni primarie dei farmaci utilizzati nella fibromialgia possono suscitare incomprensioni e fraintendimenti: si tratta infatti di farmaci antidepressivi, antiepilettici e miorilassanti. Ma di questi farmaci si sfrutta l’azione neuro-modulatoria per ridurre il dolore cosiddetto “centrale”, cioè che nasce all’interno del sistema nervoso, motivo per cui sono raccomandati dalle linee guida internazionali.
  • Non hanno invece un ruolo terapeutico i farmaci antinfiammatori e cortisonici, perché l’infiammazione non è il meccanismo alla base del dolore nella fibromialgia.
  • Nel caso dei farmaci oppiacei, invece, si ritiene che non siano particolarmente efficaci e non sono raccomandati.
  • Il tramadolo, nonostante sia un debole oppiaceo, in virtù della sua azione farmacologica sfaccettata viene contemplato per i periodi in cui il dolore è temporaneamente più forte.
  • Lo stesso vale per il paracetamolo, utilizzato per il suo effetto antidolorifico.
  • Le benzodiazepine sono usate per contrastare l’ansia e per l’insonnia.

Purtroppo questi farmaci hanno tutti un’efficacia modesta sulla sintomatologia principale (dolore e stanchezza) e possono avere effetti indesiderati significativi (come mal di testa, nausea, capogiro, secchezza orale, costipazione, aumento di peso…), che spesso portano addirittura alla sospensione della terapia.

È quindi necessario che lo specialista scelga la terapia adattandola il più possibile alla persona, ai suoi sintomi principali e alla sua risposta e tolleranza al trattamento. Il trattamento è di norma prolungato, ma se non si osservano miglioramenti dopo alcuni mesi, va necessariamente rivisto.

Perché la fibromialgia si cura con gli antidepressivi?

Gli antidepressivi sono una delle classi di farmaci usati in caso di fibromialgia.

Si usano perché sono in grado di modulare la secrezione da parte dei neuroni di determinati neurotrasmettitori, che sono implicati, oltre che nella depressione, anche nella trasmissione della sensazione dolorosa. Vediamo nello specifico alcuni farmaci raccomandati dalle linee guida internazionali.

  • L’amitriptilina è un cosiddetto antidepressivo triciclico, ma a dispetto di questo nome (che identifica una intera classe di farmaci) l’amitriptilina è stata studiata e viene correntemente usata nel trattamento del dolore neuropatico, come quello che origina da un danno ai nervi. La sua azione è ritenuta utile anche per ridurre il dolore di tipo “centrale” o “nociplastico” della fibromialgia.
  • La ciclobenzaprina - che per struttura chimica è correlata agli antidepressivi triciclici - è usata per la sua attività miorilassante, cioè per ridurre lo stato di contrattura dei muscoli.
  • Gli antidepressivi della classe SSRI (che sta per “inibitori della ricaptazione selettiva della serotonina”) come la sertralina o la paroxetina, così come quelli della classe SNRI (“inibitori della ricaptazione della serotonina e noradrenalina”) come la duloxetina, vengono utilizzati in chi non tollera o risponde all’amitriptilina, quindi con lo stesso scopo di contrastare il dolore, ma anche nei pazienti in cui la stanchezza è particolarmente pronunciata, oppure se è necessario trattare anche la depressione.
La cannabis terapeutica è utile nella fibromialgia?

Formulazioni da assumere per bocca (sotto forma di estratti oleosi o di bustine per decotto) o da inalare, a base di cannabinoidi e terpeni derivati dalla cannabis ad uso terapeutico, sono spesso prescritte ai pazienti fibromialgici per il loro potenziale effetto analgesico e rilassante.

Si ritiene infatti che le varie sostanze contenute nella cannabis (di cui le più note sono i cannabinoidi, come i noti thc e cbd) agiscano sulla trasmissione del segnale correlato al dolore e sull’attività del sistema nervoso a vari livelli, con potenziali effetti positivi su dolore, contrattura muscolare e riposo notturno.

Va però detto che, se da un punto di vista teorico i cannabinoidi hanno una potenziale utilità, le prove di efficacia sono molto limitate e nel loro insieme non molto positive.

  • L’effetto dei cannabinoidi sul dolore cronico di tipo “nociplastico” (cioè che origina dal sistema nervoso stesso, come avviene nella fibromialgia e in altre malattie, anche oncologiche) e sulla qualità del sonno dei pazienti arruolati negli studi sono di poco o per nulla superiori a quelli di un placebo, a fronte però di effetti indesiderati la cui entità e impatto non sono stati ancora pienamente valutati.
  • Dati specifici sull’uso dei cannabinoidi nella fibromialgia sono ancora più scarsi e limitati (per numero di pazienti coinvolti nello studio, lunghezza dei trattamenti, formulazioni impiegate e metodologia degli studi). L’uso quindi si basa su dati preliminari, che mostrano un’utilità molto modesta.

Oli e bustine per decotto a base di cannabis a uso medico possono essere prescritte da qualsiasi medico mediante prescrizione non ripetibile da rinnovarsi ogni 30 giorni. Queste preparazioni non sono di origine industriale, ma sono allestite in farmacia da farmacisti preparatori sulla base della prescrizione del medico, che indicherà in modo preciso la terapia (composizione e percentuale di Thc, forma farmaceutica, posologia e modalità d’assunzione, motivi della prescrizione).

La cannabis ad uso medico non ha indicazioni terapeutiche formalmente autorizzate, ma degli impieghi ritenuti appropriati per via dell’uso consolidato, di esclusiva valenza “sintomatica” e di supporto ai trattamenti standard. Tra i vari impieghi terapeutici contemplati dal Decreto 9 novembre 2015 si trova l’analgesia nel dolore cronico (con particolare riferimento al dolore neurogeno) quando il trattamento con farmaci antidolorifici o antinfiammatori (Fans, corticosteroidi e oppioidi) si è rivelato inefficace. In questa descrizione rientra quindi anche una condizione come la fibromialgia.

La rimborsabilità della cannabis ad uso medico è però subordinata alle indicazioni date dalle Regioni e province autonome, che possono decidere quali medici e strutture possono prescriverla in regime di rimborso e con quali modalità e limitazioni.

Che dieta seguire in caso di fibromialgia?

Non esiste un intervento nutrizionale specifico per chi ha la fibromialgia, né una dieta da seguire in particolare. È importante seguire le raccomandazioni per una dieta sana e bilanciata che valgono per tutti: largo spazio ai prodotti di origine vegetale, riduzione delle carni lavorate e in generale della carne in favore del pesce, privilegiare cereali integrali e non dimenticare i legumi.

  • Non esistono liste di cibi da mangiare o da eliminare dalla dieta: si tratta di rendere la propria dieta equilibrata.
  • Questo vale anche per lattosio e glutine, se non in presenza di una diagnosi di allergia o intolleranza. Non c’è una ricorrenza maggiore di allergie o intolleranze alimentari nei pazienti fibromialgici rispetto alla media. Una dieta priva di glutine o di lattosio in assenza di una necessità documentata comporta solo un ulteriore e ingiustificato onere economico.
  • Sovrappeso e obesità hanno un impatto negativo sui sintomi e sulla qualità della vita di chi soffre di fibromialgia. Per questo motivo viene raccomandato ai pazienti di perdere il peso in eccesso: se si tratta di perdere qualche chilo, ridurre gli alimenti ad alto apporto calorico (dolci, grassi, piatti ricchi, alcolici) e praticare più attività fisica in genere può bastare; se il peso da perdere è però considerevole, è meglio rivolgersi a un professionista specializzato, medico o nutrizionista per ricevere indicazioni appropriate.
Quali integratori sono utili contro la fibromialgia

Ai pazienti con fibromialgia vengono consigliate varie integrazioni alimentari. Ecco alcune tra le principali.

  • Magnesio, acetil-l-carnitina, creatina e coenzima Q 10 sono sostanze coinvolte nei processi metabolici della cellula per la produzione di energia, quindi teoricamente e potenzialmente utili per contrastare stanchezza e affaticamento fisico e mentale.
  • La melatonina è spesso consigliata per risolvere i problemi di riposo notturno, che come abbiamo visto riguardano gran parte dei pazienti.
  • Vitamina D (ormai onnipresente…) e C sono consigliate per un buon funzionamento del sistema immunitario.
  • L’acido alfa-lipoico per il suo potenziale antiossidante.
  • Il Pea (palmitoiletanolammide), un acido grasso, è proposto per le supposte azioni antinfiammatorie e antidolorifiche.

Ma sono tante le sostanze e le associazioni proposte negli integratori, soprattutto sul web, ai pazienti con fibromialgia. Purtroppo in tutti i casi mancano solide prove di efficacia.
Questo è un problema, non solo etico: pazienti che sono alla ricerca di una soluzione ad un problema – soprattutto se cronico - sono più portati a provare strategie che possono apparire promettenti anche se poco dimostrate. E questo accade più facilmente se a proporli sono figure professionali stimate. Ma la spesa per gli integratori è tutte sulle spalle del paziente, difronte a benefìci molto aleatori.

Detto ciò, è importante ricordare che nessuno degli integratori in commercio – che, lo ricordiamo, sono in tutto e per tutto alimenti e per legge non potrebbero nemmeno vantare effetti terapeutici, anche se spesso lo fanno aggirando le norme con frasi allusive e ambigue – è stato sperimentato per valutarne utilità terapeutica per la fibromialgia nonché sicurezza.
Quelli in commercio a volte non sono neanche dosati in modo da poter produrre un qualche effetto biologico (qualora questi effetti siano stati osservati almeno in vitro). I presunti effetti sono quasi sempre indimostrati: lo abbiamo rilevato ormai in molte occasioni e per molte condizioni di salute.